MILANO - Inter-Monza è anche la sfida tra Beppe Marotta e Adriano Galliani. Pochi li conoscono come Ariedo Braida, che per decenni è stato al fianco di Galliani in uno dei connubi più vincenti nella storia del calcio e con Marotta vanta un’amicizia di lunga data, da quando giocava come attaccante nel Varese e l’attuale presidente nerazzurro faceva il raccattapalle.
Sono i due migliori dirigenti sportivi italiani di sempre?
«Senza dubbio, hanno espresso il meglio di questo mondo: competenza, stile, garbo. Poi ognuno ha i suoi modi: non siamo tutti uguali, non siamo tutti perfetti. Qualche difetto ce l’abbiamo tutti, però si parla di due dirigenti di altissimo livello. Ci vorrebbero più persone come loro, merce rara nel calcio di oggi».
Nata come rivalità, la loro è diventata un’amicizia.
«Beh, la rivalità è stata sempre e solo sportiva: parliamo di persone che si vogliono bene e si rispettano, vanno anche spesso a cena insieme. Gente di livello: c’è dietro una grande scuola, di vita e di calcio. Due personaggi incredibili».
Si può dire che Galliani sia stato l’ultimo grande dirigente del calcio dei mecenati e Marotta il primo dell’era dei fondi?
«Il calcio è sempre uguale. Secondo me bisogna rispettare certi valori, che non hanno età: il calcio italiano deve ripartire dalla classe dirigenziale. Il pallone è un sentimento, non può essere solo soldi e business: bisogna trasmetterlo nuovamente. Io non parlerei di due ere diverse: la priorità è sempre stata quella di trovare un equilibrio, sportivo ed economico-finanziario. Ci sono stati grandi presidenti e dirigenti in passato, che il calcio lo vivevano come una passione. Oggi si parla solo di bilanci: se ne parlava anche prima, per carità, ma la verità è che alla fine il tifoso va allo stadio per vedere la propria squadra vincere. La passione smuove tutto».