Conte, Manna, Sartori e post Motta: lo scudetto meraviglioso e gli antieroi

Al tecnico del Napoli non serve tempo, mentre Italiano al Bologna sta facendo addirittura meglio di Thiago. Ma si rifletta anche su come non si pesino seriamente i meriti di tutti
Conte, Manna, Sartori e post Motta: lo scudetto meraviglioso e gli antieroi
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C’è chi spiega che, in fondo, il Napoli deve essere soddisfatto, perché in questa giornata rischiava molto più dell’Inter che, a Parma, aveva un’avversario più morbido del Bologna. Concetto molto razionale, ma dubitiamo che qualcuno abbia provato anche solo a sussurrarlo in presenza di Antonio Conte ieri sera. Lo scudetto poteva svoltare sulla Via Emilia e invece tira dritto: sempre tre punti di distanza fra l’Inter e il Napoli che, fino al funambolico colpo di tacco di Ndoye, aveva ridotto a uno il distacco, lasciando annusare al tecnico il profumo della paura dell’Inter, svanito in meno di un’ora, lasciando i rimpianti per un altro pareggio rosicante dopo quello di Venezia. Resta, comunque, una lotta scudetto meravigliosa, a sei giornate dalla fine quei tre punti aprono l’orizzonte a qualsiasi finale e concentrano storie e incroci del destino.

Conte, altro che "serve tempo"

Non era previsto, infatti, che il Napoli fosse lì in questo momento. Era una stagione di ricostruzione e rilancio, non di lotta per il titolo, ma Conte non è tipo da anni di transizione e non smette di stupire la sua straordinaria capacità di prendere le squadre e trasformarle in pochissimo tempo. Altro che "serve tempo", in tre, massimo quattro settimane Conte ha impresso idee e mentalità sufficienti per iniziare a galoppare, poi nei mesi successivi spinge i suoi giocatori oltre i loro limiti.

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Manna e Sartori, le fortune di Napoli e Bologna

Ma attenzione anche a Giovanni Manna, il ds che questo Napoli lo ha costruito. Frutto della Next Gen juventina di cui è stato ds per 4 anni, Manna ha 36 anni e il coraggio che ne consegue, ha azzeccato i colpi e avuto l’umiltà di ripartire da quello che era stato costruito prima e non necessariamente andava buttato nonostante la brutta stagione dei tanti allenatori. E se Conte ha dovuto frenare la rincorsa all’Inter, tanti sono i meriti del Bologna, la cui straordinaria stagione è firmata da Vincenzo Italiano, che si consacra grande allenatore: il tecnico aveva la panchina più scomoda della Serie A, succedendo al miracoloso Thiago Motta che aveva conquistato la Champions, con il quinto posto della scorsa stagione. Oggi, senza Motta e senza Zirkzee e Calafiori (i due migliori giocatori, ceduti per 45 e 50 milioni), il Bologna è quarto e forse perfino più convincente. Anche grazie al lavoro di Giovanni Sartori, direttore sportivo tanto geniale quanto sottoesposto. Schivo fino al paradosso, vive sui seggiolini degli stadi di tutto il mondo, da dove prende appunti e scopre giocatori.

La storia di Sartori

E se non ce l’avete presente, perché assai di rado mette il faccione in tv e non concede praticamente mai un’intervista, vale la pena ricordare che nei primi Duemila ha preso il Chievo in B e lo ha portato in Champions con la storica qualificazione del 2006; dal 2014 al 2020 è a Bergamo, dove contribuisce con idee e giocatori alla costruzione dell’EuroDea; da tre anni è a Bologna, portato in Champions. Non esattamente scarso, vero? La narrativa calcistica moderna favorisce gli allenatori e trascura i ds che le squadre non le allenano né le mandano in campo, ma spesso le edificano. Il fatto che il Bologna, da ieri sera, abbia un punto in più della Juventus snellisce un poco l’esaltazione per Thiago Motta e il suo staff nel Bologna dell’anno passato. E fa riflettere su come, a volte, si celebrino frettolosamente degli eroi, senza pesare seriamente i meriti di tutti.

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C’è chi spiega che, in fondo, il Napoli deve essere soddisfatto, perché in questa giornata rischiava molto più dell’Inter che, a Parma, aveva un’avversario più morbido del Bologna. Concetto molto razionale, ma dubitiamo che qualcuno abbia provato anche solo a sussurrarlo in presenza di Antonio Conte ieri sera. Lo scudetto poteva svoltare sulla Via Emilia e invece tira dritto: sempre tre punti di distanza fra l’Inter e il Napoli che, fino al funambolico colpo di tacco di Ndoye, aveva ridotto a uno il distacco, lasciando annusare al tecnico il profumo della paura dell’Inter, svanito in meno di un’ora, lasciando i rimpianti per un altro pareggio rosicante dopo quello di Venezia. Resta, comunque, una lotta scudetto meravigliosa, a sei giornate dalla fine quei tre punti aprono l’orizzonte a qualsiasi finale e concentrano storie e incroci del destino.

Conte, altro che "serve tempo"

Non era previsto, infatti, che il Napoli fosse lì in questo momento. Era una stagione di ricostruzione e rilancio, non di lotta per il titolo, ma Conte non è tipo da anni di transizione e non smette di stupire la sua straordinaria capacità di prendere le squadre e trasformarle in pochissimo tempo. Altro che "serve tempo", in tre, massimo quattro settimane Conte ha impresso idee e mentalità sufficienti per iniziare a galoppare, poi nei mesi successivi spinge i suoi giocatori oltre i loro limiti.

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