© AFPSTremenda è la legge del City che non fa una piega quando la Dea passa in vantaggio con Malinovskiy e la ribalta con il micidiale uno due di Aguero e il maestoso show di Sterling. Il cappotto di Manchester pesa come un macigno sulle spalle della matricola di Champions, presentatasi in casa dei Citizens animata dalle migliori intenzioni, ma, alla fine, costretta a inchinarsi alla squadra più forte, non casualmente indicata tra le grandi favorite per la vittoria finale. Guardiola ha costruito una micidiale macchina da gol, esaltata dalla classe di Aguero e di Sterling, terminali di una manovra offensiva che ha sgretolato la retroguardia di Gasperini, nonostante l’ennesima, grande prova di Gollini. La qualità del City è tanto eccelsa quanto amaro, sinora, è stato il noviziato della Dea nella più importante e più difficile competizione del mondo a livello di club. Ad onta del 5-1 finale, l’Atalanta è uscita a testa alta dall’Etihad poichè, sino alla fine, ha avuto l’orgoglio di cercare la seconda rete, anche quando il City aveva manifestamente chiuso la partita con largo anticipo. L’avrebbe meritata la segnatura la Dea, ma non l’ha trovata, cozzando per due volte su Ederson e chiudendo comunque l’incontro in attacco. L’aritmetica non elimina ancora i bergamaschi dalla Champions, sebbene sia evidente che 3 sconfitte consecutive, 2 gol segnati e 11 subiti costituiscano un bilancio difficile da digerire.
Eppure. Eppure, per la Neofita queste sono esperienze che, per quanto dolorose, ne misurano il livello di crescita in campo internazionale e devono spronarla a rialzare subito la testa in Europa. Ci sono ancora tre partite del girone da giocare, a cominciare dalla prossima a San Siro, proprio con il City. Ieri sera, il confronto fra il miglior attacco della Premier League e il miglior d’attacco della Serie A ha premiato il primo, emettendo un verdetto inequivocabile. Questo, però, non significa che Gasperini e la sua squadra debbano cambiare strada nel prosieguo del cammino in Champions né tantomeno snaturare il proprio gioco e la propria identità. Quel gioco e quell’identità che, dopo otto giornate, vedono la Dea terza in campionato. Forte anche dell’appassionato, ammirevole sostegno dei suoi tifosi, pure a Manchester protagonisti di un atto d’amore che li ha portati a fare un tifo d’inferno dall’inizio alla fine, applaudendo i propri giocatori nonostante il 5-1. «Per sempre nella storia», recitava la scritta su una sciarpa nerazzurra, inquadrata dalla tv quando è calato il sipario. E questo, l’Atalanta e chi la ama, non lo dimenticheranno mai.
