Atalanta-Valencia è davvero la "Partita zero?". Ecco la ricostruzione

Erano in 45.792 a San Siro. Poi c'è stata l'epidemia che ha colpito Bergamo e il cuore della Lombardia
Atalanta-Valencia è davvero la "Partita zero?". Ecco la ricostruzione© Canoniero

I 45.792 spettatori sugli spalti di San Siro, rapiti dalle magie del Papu Gomez, a saltare in piedi a ogni gol di Hateboer, Ilicic e Freuler, inebriati dalla bellezza accecante della Dea di Champions, esaltati dalla grinta del condottiero Gasperini in una notte storica per l’Atalanta e il suo popolo, non avrebbero mai potuto immaginare cosa sarebbe successo nell’arco di qualche settimana. E nemmeno pensare che proprio quella partita, quella serata di festa del calcio e gioia collettiva, da condividere, raccontare a chiunque e consegnare ai posteri, sarebbe diventata un moltiplicatore di contagi, il detonatore di quello che il responsabile del reparto di pneumologia di Bergamo ha definito «una bomba biologica», concetto condiviso anche dal primario del Sacco di Milano, il professor Galli, che aveva evidenziato come quella sfida di Champions League allo stadio Meazza possa essere stata «un importante veicolo di contagio». Qualcuno l’ha ribattezza “la partita zero”, adesso che la provincia di Bergamo è diventata una delle più colpite dal maledetto virus che sta piegando la resistenza dell’Italia e del suo sistema sanitario. In quel 19 febbraio, appena due giorni prima della notizia del “paziente 1” di Codogno, nessuno avrebbe potuto immaginare tutto questo. Nessuno tra chi, come colui che scrive, ha raccontato le gesta di una notte di sport indimenticabile avrebbe mai pensato di fare i conti con un nemico così grande e così infido, che in quelle ore si è nascosto per poi diffondersi nella festa, per colpire nella maniera più vigliacca: nella gioia, nell’abbraccio, nel cantare insieme, nell’esultanza, anche soltanto nell’andare in metropolitana a raggiungere lo stadio oppure a tornare a casa, con il cuore colmo di gioia per il trionfo sportivo. [...]

Un altro dubbio

C’è anche il dubbio che il virus possa essere arrivato da fuori, con 2500 spagnoli arrivati per la partita e mescolatisi inesorabilmente con altre persone, dentro e fuori dallo stadio o anche soltanto nel trasporto per raggiungere le varie zone. Il primo morto accertato per Coronavirus in Spagna è deceduto a Valencia il 13 febbraio, sei giorni prima della notte di San Siro, a causa di una polmonite, con la positività stabilità solo 20 giorni dopo la morte. Potrebbe non essere stato un caso isolato, come è altrettanto possibile che ci fossero dei casi già nella provincia di Bergamo e che quella serata di gloria si sia trasformata in un veicolo inarrestabile di diffusione del contagio: in particolare dal 4 marzo, a distanza di due settimane esatte dalla serata di San Siro e dal trionfo dell’Atalanta di fronte a 45.792 spettatori, la zona bergamasca ha dovuto fare i conti con una crescita esponenziale dei contagiati, e di conseguenza delle vittime, per una tempistica che alimenta la paura che quella festa di calcio abbia effettivamente potuto spargere il virus. Metropolitana, pullman, abbracci, feste, strette di mano, canti, rischiano di avere fatto il resto. Ma Bergamo e la sua gente si rialzeranno, più forti di prima.

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