Vigorito: “Inzaghi esalta Benevento e tutto iniziò con forchette e coltelli…”

Il presidente del club giallorosso dopo il successo storico contro la Juve all'Allianz Stadium: “Pippo? La nostra fionda contro Golia”
Vigorito: “Inzaghi esalta Benevento e tutto iniziò con forchette e coltelli…”© ANSA

Se possibile, il giorno dopo è stato ancora più bello del giorno prima. Lo intuisci dalla trasparente felicità delle parole di Oreste Vigorito, 73 anni, presidente del Benevento che ha rovesciato il rapporto con la Juve, prendendosi quattro punti sui sei a disposizione nel doppio confronto con i Campioni d’Italia. Parlare con Vigorito permette di apprezzare il vento fresco portato dal calcio che amiamo e trova un interprete appassionato nel grande imprenditore nato a Ercolano, cittadino onorario di Benevento, capace di stregare gli Stregoni del Sannio. D’altra parte, il riferimento alla brezza è freudiano: Vigorito è considerato il padre dell’energia eolica in Italia nella quale mise le sue radici al tempo in cui di transizione ecologica ed energie rinnovabili si parlava nel libro dei sogni: era il ‘93, quando fondò l’IVPC (Italian Vento Power Corporation), società operativa in Italia e all’estero, caposaldo di un gruppo con un patrimonio stimato attorno ai 5 miliardi di euro.

Agnelli e il vento

Al tempo del Covid, l’incontro con Vigorito ha come teatro l’etere della «Politica nel pallone», la trasmissione in onda su Gr Rai Parlamento, condotta da Emilio Mancuso che ha il pregio di cavalcare l’attualità con garbo pari alla competenza. «Mi piace il vento perché non si può comperare», diceva Gianni Agnelli. Così come non ha prezzo la gioia beneventana: «Erano otto anni che la Juve non perdeva in casa contro una neopromossa e questo è il primo motivo di orgogliosa soddisfazione - racconta Vigorito - Non ha idea di quanto ci abbiano fatto tanto piacere i sorrisi che ci hanno accolto al rientro da Torino: è uno dei motivi per cui facciamo calcio». Il plurale del presidente non è un plurale maiestatis, è il plurale che racchiude l’entusiasmo di un popolo intero, maestro di sportività.

Pensando a Ciro

Ricordate ciò che accadde il 13 maggio 2018? Fu il giorno della retrocessione in B: al termine della partita con il Genoa, i tifosi sanniti applaudirono i giocatori, chiamandoli sotto la Curva Sud, cantando a squarciagola insieme con loro, come se avessero vinto lo scudetto. Una festa indimenticabile, nello stadio Ciro Vigorito, il fratello di Oreste, assieme a lui artefice della scalata della società portata dalla C2 alla Serie A. Ciro ha scritto il suo nome nella storia degli Stregoni, è scomparso il 26 ottobre 2010; sette giorni più tardi, il Santa Colomba è diventato Ciro Vigorito. Ed è naturale pensare che Oreste abbia dedicato l’impresa di Torino al fratello. «La nostra vittoria al ritorno e il pareggio dell’andata dovrebbero far riflettere: ogni tanto le piccole squadre vengono un po’ accantonate, come se fossero intrusi alla tavola del re. Ma il pastorello Davide che con una fionda uccide Golia, il gigante dei Filistei, non è solo uno degli episodi più famosi della Bibbia. Qualche soddisfazione, con il pallone al posto della fionda, ce la siamo tolta anche noi. I Golia dovrebbero ricordarlo, i Davide hanno diritto di vivere come loro, da soli si annoierebbero». La fionda del Benevento si chiama Inzaghi. Perché l’ha scelto, presidente?

La cena per conoscerci

«Siamo andati a cena io, lui e Pasquale Foggia, il nostro direttore sportivo. Per la prima volta, un allenatore si è seduto di fronte a me e non mi ha degnato di uno sguardo. Inzaghi ha parlato solo con Foggia e ha parlato solo di calcio, dei calciatori. A un certo punto ha spostato i coltelli, ha trasfornato le forchette in giocatori e, muovendo i bicchieri di qua e di là, per due ore ha disegnato schemi sulla tovaglia, come se fosse già l’allenatore del Benevento. Il che mi ha colpito tantissimo. A un certo punto gli ho chiesto che cosa pensasse di me, anche perché, per anni ho sempre dovuto capire quanto ci fosse di vero e quanto di falso negli apprezzamenti che ricevevo. Inzaghi mi ha spiazzato: “Ah, certo presidente, ma io e Pasquale dobbiamo parlare della squadra, lei è conosciuto... “. Impagabile. In Pippo ho trovato l’amore per il calcio, per la sfera magica che ha fatto di lui un campione del mondo e da due anni sta facendo la fortuna del Benevento. Il nostro allenatore è un ragazzo di 47 anni innamorato del mondo in cui vive sin da ragazzo. Non ho la presunzione di capire quanto uno sia bravo o no, lo lascio fare ai miei dirigenti. Ma l’aspetto umano riesco a capirlo. Inzaghi, prima di essere un campione è un ragazzo vero, autentico e sincero».

«Non solo business»

Vigorito è un signore saggio, incarna i valori autentici dello sport. Per questo, con eleganza può ammonire alcuni colleghi presidenti, in queste settimane protagonisti in Lega della battaglia del grano, fra diritti tv e fondi che entrano e non entrano in gioco. «La litigiosità dei presidenti? Pensavo fosse una conseguenza dell’amore per il pallone, in fondo, se lo guardiamo bene è un gioco. Invece, ho scoperto con amarezza che è un gioco solo per chi lo guarda: chi lo vive, l’ha trasformato in un grande business. Ma il calcio non è e non può essere solo una questione di business. La litigiosità non scatta più per un tiro sbagliato o per un rigore negato, scatta per i miliardi dei diritti tv e questo non mi piace». Il finale è per i giovani ed è una professione di fiducia nel futuro, nonostante i tempi grami della pandemia: «Fra Benevento e Napoli, il nostro settore giovanile conta quasi 400 tesserati. I nostri investimenti non sono finalizzati solo alla scoperta e alla valorizzazione dei talenti del territorio e della Puglia, della Basilicata, della Calabria che guardano al Benevento come una società che insegna a vivere con educazione e rispetto. Il calcio riveste una funzione sociale, non bisogna dimenticarlo mai».

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