TORINO - «Vent'anni di Chievo-Juve? Eh sì, vent’anni! Dal 1994: 0-0 in coppa Italia (31 agosto del 1994, sedicesimi d’andata a Torino; ndr). Era la nostra prima stagione di serie B, in panchina c’era Malesani».
Da allora, direttore Giovanni Sartori, sono state giocate 23 sfide tra voi gialloblù e i bianconeri.
«Ne abbiamo viste di tutti i colori».
In che senso?
«Beh, ne son successe di cose in 20 anni! Rigori di fila, il gol-non-gol di Pellissier, rimonte, salvezze... Se ricordo bene c’è stata una serie durata dieci anni di soli successi bianconeri».
Con il senno di poi, al netto di Calciopoli, inchieste, polemiche, ritiene che qualcosa non sia andato per il verso giusto? Che il bilancio sia stato condizionato da “fattori esterni”?
«No, ritengo che il campo abbia sempre dato il risultato più giusto. Certo, compatibilmente con eventuali casualità o errori. Anche se
ovviamente, venendo ai tempi recenti, ho ancora fresco in mente cosa è successo all’andata, in questa stagione: il gol che ci è stato
anato per fuorigioco inesistente. Magari avremmo perso ugualmente, ma sarei curioso di vedere cosa sarebbe successo se ci
fossimo portati sul 2-1. Comunque, ripeto: nel complesso il bilancio è giusto».
La sfida con la Juve che ricorda più volentieri?
«Quando, sotto di due, pareggiammo 2-2 a Torino e conquistammo la salvezza (9 maggio 2011, ndr)».
Questa volta, a Torino, si annuncia più dura del solito.
«Beh, era dura anche prima, ma ora la nostra posizione è più delicata. Dobbiamo anche fronteggiare alcune defezioni. Però sono convinto che chi sarà della partita non farà rimpiangere gli assenti».
Che sensazioni ha per il prosieguo del campionato?
«Dovremo lottare fino alla fine al pari di cinque, sei squadre. Ora il gruppone sembra delineato. Saranno fondamentali gli scontri
diretti, tuttavia proveremo a rosicchiare qualcosina anche alle grandi, come abbiamo fatto con la Roma ad esempio».
Impresa possibile contro la Juve?
«Un po’ di tempo fa era più facile. La Juve degli ultimi due, tre anni è davvero fortissima dal punto di vista fisico, tattico,
qualitativo. Comunque, ci proveremo».
Ci sono diverse scuole di pensiero: limitare i danni, aggredire, marcare Pirlo, lasciarlo libero... Secondo lei qual è il miglior modo
per affrontare i bianconeri?
«Mah, la sostanza è che tutto dipende solo e soltanto dalla Juve: se è in giornata e decide di vincere, a livello Nazionale non c’è modo
di resistere e non c’è atteggiamento che regga. Puoi solo sperare nelle “disgrazie” altrui».
Quella di Conte, è la Juve più forte degli ultimi vent’anni?
«Non so se sia la migliore, ma è quella che ha un maggior divario rispetto alle rivali del momento. Bisognerebbe tenerlo vivo, il
campionato, ma ho davvero l’impressione che per la Roma ci siano pochissime speranze di rimonta».
Torniamo a Juve-Chievo. Che in 20 anni è stata “giocata” anche sul mercato. Ricorda qualche operazione in particolare?
«La più importante e travagliata: l’affare Legrottaglie. Se lo contendevano Roma e Juventus, era un periodo di grandissima rivalità
tra i club. Fu davvero una trattativa difficile, incerta fino all’ultimo e la Juve la spuntò in extremis».
Forse qualcuno in casa Juve si pentì, quando il giorno della presentazione ufficiale vide Legrottaglie presentarsi in infradito...
(ride) «Mi ricordo, sì... Nicola non aveva ancora capito bene cosa fosse lo stile Juventus. Poi però si è calato meglio nella parte».
Il rapporto con Marotta com’è?
«Ottimo, fin dai tempi in cui stava al Venezia. Anche se negli ultimi anni, pur facendo molte trattative, abbiamo concluso pochi affari. Ci
«Ottimo, fin dai tempi in cui stava al Venezia. Anche se negli ultimi anni, pur facendo molte trattative, abbiamo concluso pochi affari. Ci
sarebbe piaciuto avere Immobile e Sorensen però non s’è trovata l’intesa».
Alla Juventus piace il vostro Da Silva, promettentissimo.
«Lo seguono da un po’, se n’è parlato anche in estate ma noi non ci volevamo indebolire».
Curiosità: lei è al Chievo da quasi 30 anni. Voglia di cambiare, niente?
«No, io qui sto bene. Diciamo che mi piace soffrire».
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