“L’Inter sapeva tutto, in Nord ingressi falsi a centinaia”: Beretta fa tremare

Il pentito continua ad aggiungere dettagli clamorosi: “Abbonamenti con nomi veri usati per far entrare chi pagava, anche due per volta”

Il super-pentito dell’inchiesta “Doppia Curva” inguaia l’Inter e imbarazza Oaktree: il fondo californiano, quando ha sfilato il club da Suning, tutto si immaginava fuorché di vedere il club accostato a un’inchiesta che tratta di mafia, malaffare, criminalità efferata, non esattamente una buona pubblicità per chi ha preso in gestione la società con l’obiettivo di rivenderla per farci una plusvalenza. Il nuovo filone scoperchiato dalle deposizioni di Beretta, tira in ballo pure il presidente Marotta che lo avrebbe “salvato” da una possibile denuncia. La ricostruzione fatta da Beretta è stata smentita dall’Inter e da Marotta, però sulla vicenda gli inquirenti faranno comunque tutti gli approfondimenti del caso. Certo è che a livello di giustizia sportiva - argomento che si sviluppa in parallelo con l’inchiesta della magistratura - ora il procuratore federale Chinè ha più carte in mano per deferire il club per la violazione dell’articolo 4, quello riguardante la lealtà sportiva. Tra l’altro Beretta, come riportato da Repubblica, ha ampiamente parlato pure dei rapporti tra la Curva e i giocatori.

Beretta inguaia l'Inter

Questi ha detto di avere avuto rapporti nel tempo con “Nainggolan, Sneijder, Handanovic, Vieri e con Javier Zanetti”, definito “un uomo d’altri tempi” e chiamato al telefono quando venne realizzato un murales in suo onore a Pioltello (“È venuto a firmarlo”). Sempre Beretta ha riferito che il direttivo della Nord ha rapporti con “Calhanoglu, Barella, Dimarco”. “Ah io anche Materazzi avevo, dottore - ha aggiunto - Lautaro e Thuram poco. Bastoni? Un po’ più sulle sue, però anche lui sì. Che tipo di rapporti? Magari tu li chiami e gli dici: mi fai un video messaggio per questo bambino? Per questo amico qua? Un compleanno”. Le maglie firmate venivano poi vendute per 2-3000 euro alla “lotteria” e pure su internet”. Di certo nelle valutazioni di Chiné possono avere un peso le rivelazioni sulla gestione degli ingressi allo stadio che evidenzierebbero un certo lassismo da parte del club, come peraltro evidenziato pure dalle domande dei pm, increduli sulla facilità in cui venivano fatti entrare tifosi che non erano intestatari dei biglietti, creando un evidente problema di sicurezza allo stadio.

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Gli abbonamenti

Questo grazie ai 160 abbonamenti che Beretta comprava dall’Inter con regolari documenti di altrettanti tifosi intestatari tramite la sua associazione «We Are Milano». Abbonamenti che però erano la testa di ponte per un sistema di bagarinaggio («con un ricarico che dipende dalla partita, magari 5 euro se c’è il Lecce o 50 la Juve») a persone tutte diverse, che si facevano mettere in una lista di richiedenti compilata dagli ultrà. «In sostanza potrebbe essere chiunque — domanda il pm, come riportato dal Corriere della Sera, —, l’Inter non controlla?». «Siamo sempre là, dottore, quando sei sul campo di battaglia... C’è un cancello adibito dove entrano quelli della curva». Pm: «E vai!». Beretta: «Li fanno passare, basta che hai pagato il biglietto. Ogni tanto facevano passare due in un cancello...». Pm: «La società sa che Paolo non va allo stadio ma (con la tessera di Paolo, ndr) ci va Andrea?». «Sì, se lo immagina, sa che lo facciamo per movimentare tutto il vario folklore, le coreografie...». Beretta ha anche raccontato che Bellocco è entrato nell’ingranaggio quando, dopo l’omicidio Boiocchi, ha sedato una lite con minacce di un gruppo ultrà verso lo stesso Beretta: “Ha fatto valere la sua mafiosità. Meglio se lo teniamo noi - abbiamo detto - così quando si presenta qualcuno di qualche famiglia se ne occupa lui”.

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Le pressioni all'Inter

Le confessioni di Andrea Beretta, capo ultrà pentito, stanno fornendo ai pm Sara Ombra e Paolo Storari, coordinati dall’aggiunto Alessandra Dolci, tutti gli elementi per ricostruire le dinamiche intorno allo stadio (biglietti, merchandising, parcheggi) oltre a fornire importanti retroscena sull’omicidio di Vittorio Boiocchi di cui non sono stati ancora trovati mandanti ed esecutori. Molti gli “omissis” nelle centinaia di pagine compilate grazie alle confessioni di Beretta ma, nelle parti non secretate dai pm, compaiono alcune dichiarazioni che confermano le pressioni fatte dagli ultrà all’Inter - specialmente sulle richieste dei biglietti - ma pure una certa leggerezza da parte del club nella gestione degli ingressi allo stadio. La parte che ha fatto più rumore nelle rivelazioni di Beretta pubblicate ieri dal Corriere della Sera riguardano un episodio che vedrebbe come protagonista il capo ultrà e il presidente dell’Inter Marotta: condizionale è d’obbligo perché Marotta - sempre al Corriere - ha negato con forza l’accaduto. «Marotta mi ha salvato una volta» ha però raccontato Beretta ai pm. Questo dopo una lite con Massimiliano Silva, il dirigente addetto ai rapporti con la tifoseria (chiamato Slo- Supporter liaison officer). Tutto è nato da una lite perché Beretta voleva che, come fatto per Juve-Milan, dopo un accordo tra gli Slo fossero convogliati in una ricevitoria 2.000 biglietti poi acquistati dagli ultrà.

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La ricostruzione del pentito

Lite (al telefono) degenerata nelle minacce di Beretta a Silva. Questi, rivoltosi alla Digos, sempre secondo Beretta - come riportato dal Corriere -, si sarebbe sentito rispondere: “Ok, noi prendiamo la tua denuncia, però deve essere fatta in carta intestata dalla società”. “Allora lui va in società - la ricostruzione del pentito - si mette a scrivere, passa Claudio Sala (all’Inter responsabile della sicurezza della prima squadra, ndr) e gli dice “ma cosa stai facendo? Ma lo sa il direttore (Marotta, ndr)? Avvisiamo prima che metti di mezzo la società”. E dopo è passato Marotta e fa (a Silva, ndr): “Guardi, se lei vuole fare la denuncia la fa a nome suo, non con la società”». I pm: «Questo lei come lo sa?». Beretta: «Me l’ha detto Claudio Sala. E quella volta lì (Marotta, ndr) mi ha salvato dal discorso della denuncia». Altro punto controverso la gestione degli ingressi allo stadio. Beretta, alla richiesta dei pm di motivare il perché questi sostenga che la società immagina che entrino al Meazza persone diverse rispetto a quelle previste, così risponde: «Lo sa il dirigente addetto ai tifosi, lo sa Claudio Sala che faceva parte della curva, sa come funzionano tutti i vari meccanismi».

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Il super-pentito dell’inchiesta “Doppia Curva” inguaia l’Inter e imbarazza Oaktree: il fondo californiano, quando ha sfilato il club da Suning, tutto si immaginava fuorché di vedere il club accostato a un’inchiesta che tratta di mafia, malaffare, criminalità efferata, non esattamente una buona pubblicità per chi ha preso in gestione la società con l’obiettivo di rivenderla per farci una plusvalenza. Il nuovo filone scoperchiato dalle deposizioni di Beretta, tira in ballo pure il presidente Marotta che lo avrebbe “salvato” da una possibile denuncia. La ricostruzione fatta da Beretta è stata smentita dall’Inter e da Marotta, però sulla vicenda gli inquirenti faranno comunque tutti gli approfondimenti del caso. Certo è che a livello di giustizia sportiva - argomento che si sviluppa in parallelo con l’inchiesta della magistratura - ora il procuratore federale Chinè ha più carte in mano per deferire il club per la violazione dell’articolo 4, quello riguardante la lealtà sportiva. Tra l’altro Beretta, come riportato da Repubblica, ha ampiamente parlato pure dei rapporti tra la Curva e i giocatori.

Beretta inguaia l'Inter

Questi ha detto di avere avuto rapporti nel tempo con “Nainggolan, Sneijder, Handanovic, Vieri e con Javier Zanetti”, definito “un uomo d’altri tempi” e chiamato al telefono quando venne realizzato un murales in suo onore a Pioltello (“È venuto a firmarlo”). Sempre Beretta ha riferito che il direttivo della Nord ha rapporti con “Calhanoglu, Barella, Dimarco”. “Ah io anche Materazzi avevo, dottore - ha aggiunto - Lautaro e Thuram poco. Bastoni? Un po’ più sulle sue, però anche lui sì. Che tipo di rapporti? Magari tu li chiami e gli dici: mi fai un video messaggio per questo bambino? Per questo amico qua? Un compleanno”. Le maglie firmate venivano poi vendute per 2-3000 euro alla “lotteria” e pure su internet”. Di certo nelle valutazioni di Chiné possono avere un peso le rivelazioni sulla gestione degli ingressi allo stadio che evidenzierebbero un certo lassismo da parte del club, come peraltro evidenziato pure dalle domande dei pm, increduli sulla facilità in cui venivano fatti entrare tifosi che non erano intestatari dei biglietti, creando un evidente problema di sicurezza allo stadio.

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