Mandzukic: «Juve, vincere la prima è troppo importante»

Il croato: «Non ho paura di nulla e disputerò una grande stagione»
Mandzukic: «Juve, vincere la prima è troppo importante»© www.imagephotoagency.it

SHANGHAI - Se gli avessero detto che con quegli innumerevoli tatuaggi avrebbe acceso i cuori dei cinesi bianconeri, comprese le decine di ragazzine pronte a tutto pur di sfiorarlo, magari si sarebbe fatto un altro paio di “contrassegni” sul corpo. Perché Mario Mandzukic non è un tipo facile ad accontentarsi e, sotto sotto, sarà pure orgoglioso dei disegni che ornano il suo corpo. Fiero, giustamente, come la testa alta con cui gironzola per l'area di rigore durante le partite. L'istinto del killer non gli manca: non può essere un caso se negli ultimi quattro anni ha segnato 90 gol. La Juventus lo cercava già ai tempi di Antonio Conte, che più si va avanti e più sembra preistoria: Beppe Marotta l'ha preso un paio di anni dopo le insistenze del futuro ct per 19 milioni più 2 di bonus. Se saranno soldi ben spesi, per uno che a 29 anni al Bayern ha vinto tutto, lo dirà il destino, a partire da oggi. C'è Juventus-Lazio, Supercoppa a Shanghai: dagli spalti sono già pronte, le tifose di casa, a inondare l'aria inquinata e umida di cuori rossi.

SENTIRSI FORTE - Il Bayern, appunto. Quando Mandzukic incrociò i bianconeri nei quarti di Champions 2012-13 (segnò al ritorno allo Stadium), andò a nozze fra avversari non ancora avvezzi alle pressioni della Coppa: «Mi ricordo bene quelle due partite - dice ora Mario, seduto su un divanetto del Kerry Hotel di Shanghai, con Stephan Lichtsteiner che gli fa da interprete - furono molto belle. E ora non sono sorpreso di essere venuto qui alla Juve, sapevo da tanto tempo del loro interesse». Di più, meglio parlare di contatti, ben prima che l'Atletico lo soffiasse ai bavaresi per 22 milioni. Difficile strappare rivelazioni tutt'altro che inconfessabili al croato, neppure quando gli si chiede che tipo di giocatore sia: un 9 classico o cosa? «Non voglio dire nulla, immaginatelo da soli. Non mi piace parlare di me stesso». Di sicuro l'impatto con le due settimane di grande dispendio fisico in bianconero non hanno spaventato un omone come lui: «Non bisogna mollare mai, perché se si è capaci di vincere la sfida con la fatica fisica e mentale, allora diventi il campione che devi essere. Al Wolfsburg, in fondo, con Magath (e Barzagli) era peggio. Sono sempre stato abituato a lavorare duro. E' stato importante fare questo tipo di preparazione: ti fa sentire forte».

QUESTIONE DI FEELING - Se Mandzukic sarà un osso duro come lo è davanti ai taccuini, per gli avversari sarà difficile contenerlo. A Danzica, seppur in presenza di difensori di categoria non eccelsa, ha saputo danzare sul pallone: controllo e girata di sinistro sotto la traversa. E' l'unico gol di una punta bianconera prima dell'odierna Supercoppa: «La Juve è una grande famiglia - prosegue il croato - non mi importa con quale compagno d'attacco giocherò. Sono tutti calciatori ottimi, fortissimi. E io mi sento già bene dentro e fuori dal campo con chiunque. Quando si ha a che fare con calciatori forti, non è difficile capirsi». Pillole di saggezza da accoppiare a gol da urlo. E quando gli domandi se possa avvertire quasi l'ansia di giocare in quel reparto un tempo dominio di Carlitos Tevez, Mandzukic scrolla le spalle: «Sono abituato. Prima che arrivassi io al Bayern, c'erano mille altri attaccanti fortissimi. La pressione non la sento, anzi: mi sento forte, voglio giocare solo a calcio, un piacere per me. Credo molto in me stesso e sono sicuro di disputare un'ottima stagione». Con Allegri c'è già un feeling sincero: «Mi sento molto bene, parlo tanto con lui. In allenamento si lavora benissimo e in futuro sarà sempre un grande piacere stare con lui».

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