VINOVO - «Ho iniziato a giocare a pallone nella mia città, Catanduva, all’età di dieci anni. Seguivo mio fratello che ne aveva cinque più di me e quindi mi sono sempre confrontato con giocatori più grandi, grossi ed esperti. Facevo l’attaccante all’epoca e, sì, di botte ne ho prese un bel po’ (ride), ma così ho imparato a essere veloce e abile nel dribbling, doveva essere più difficile prendermi».
E quand’è che Alex Sandro diventa un calciatore vero e proprio?
«Quando avevo quindici anni sono stato selezionato dall’Atlético Paranaense: una fortuna perché ha una delle strutture migliori di tutto il Brasile e cura in modo particolare la crescita dei giovani. E’ lì che sono cresciuto tatticamente, tecnicamente e fisicamente. A 17 anni ci fu il mio esordio in prima squadra e ricordo ancora adesso l’emozione».
Il resto è storia: il brevissimo passaggio in Uruguay, il Santos in una rosa nella quale c’erano pure l’attuale madridista Danilo, Felipe Anderson e un certo Neymar. Come fa il Santos a sfornare tutti questi giocatori?
«E’ un club che ha una solida reputazione e tutti i giovani sognano di giocare lì e poi sanno lavorare bene sui talenti, hanno pazienza. Resterò sempre legato al Santos: sono e rimango un loro grande tifoso».
Ha giocato con Neymar all’inizio della sua carriera, ora con Dybala: si possono paragonare i due?
«Credo di sì. Credo che Dybala abbia i colpi di Neymar e credo che possa diventare come lui. Deve ancora crescere, ma è impressionante quello che riesce a fare: sì, è di quel livello. Anche perché è un ragazzo splendido: simpatico, rilassato, intelligente. Dovreste vederlo alla fine dell’allenamento: si ferma sempre ancora un po’ per migliorare la sua tecnica. Ha una grande testa e la mentalità del campione».