Sarri, Al Pacino e la necessità di tornare a essere squadra

Sia nel triennio di Conte che nel quinquennio di Allegri, i momenti travolgenti della squadra sono coincisi con un coinvolgimento psicologico totalizzante e la disponibilità di tutti a mettersi al servizio del compagno
Sarri, Al Pacino e la necessità di tornare a essere squadra© Getty Images

Chi pensa che sia solo un problema tattico o atletico non ha capito nulla di cosa è stata la Juventus degli ultimi otto anni. La Juventus che ha brutalmente dominato il calcio italiano e si è riassestata stabilmente fra le prime cinque potenze del calcio Europeo, pur sfiorando solamente la vittoria in Champions League con due finali. La Juventus, quella Juventus, ha fondato il mostruoso ciclo di successi su una granitica unità di intenti e un profondo spirito di sacrificio.

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Sia nel triennio di Conte che nel quinquennio di Allegri, i momenti travolgenti della squadra sono coincisi con un coinvolgimento psicologico totalizzante e la disponibilità di tutti a mettersi al servizio del compagno. Dal duello con il Milan di Ibrahimovic, vinto con la forza dei nervi e il contributo eroico dei gregari fino alla cavalcata che portò la Juventus a Cardiff, durante la quale Mandzukic faceva il terzino-attaccante, Higuain il mediano-centravanti e la squadra inspirava ed espirava all'unisono. E non per automatismi tattici, ma rispondendo più a un istinto da branco, in cui tutti aiutano il compagno, mettendolo nelle condizioni di rendere al meglio o coprendo gli errori.

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Il filo conduttore del ciclo, dunque, è stata la compattezza. E, certamente, anche gli straordinari campioni che hanno aggiunto al composto il loro, talvolta immenso, talento. Per riuscirci, tuttavia, hanno sempre dovuto prima sposare la regola della casa che, semplificandola fino quasi a banalizzarla, suona come quella dei moschettieri: tutti per uno, uno per tutti. Sarri e la sua Juventus devono ripartire da lì. I problemi nel difendere alti, pressare per novanta minuti, far girare la palla velocemente possono essere spazzati via se la squadra ritrovasse quella compattezza, quello spirito e quell'unità di intenti. Nel corso degli otto anni di trionfi, la Juventus ha saputo reincarnarsi in vari sistemi di gioco (dal 4-3-3 al 3-5-2 con Conte, dal 3-5-2 al 4-2-3-1 di Allegri passato anche per vari 4-4-2), ha sposato filosofie calcistiche differenti, dando sempre senso e pienezza ai dettami tattici con quell'anima agonistica, di cui è sempre stata dotata. E di cui manca, drammaticamente, ora.

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Chi pensa che sia solo un problema tattico o atletico non ha capito nulla di cosa è stata la Juventus degli ultimi otto anni. La Juventus che ha brutalmente dominato il calcio italiano e si è riassestata stabilmente fra le prime cinque potenze del calcio Europeo, pur sfiorando solamente la vittoria in Champions League con due finali. La Juventus, quella Juventus, ha fondato il mostruoso ciclo di successi su una granitica unità di intenti e un profondo spirito di sacrificio.

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