«Noi, la Juventus, Ronaldo e il Covid». I medici del Gemelli raccontano la lotta al Virus

I dottori che lottano in prima linea contro il Covid19 al Policlinico Gemelli di Roma: «Non chiamateci eroi, siamo professionisti innamorati del nostro lavoro. E abbiamo fatto squadra come la Juventus»
«Noi, la Juventus, Ronaldo e il Covid». I medici del Gemelli raccontano la lotta al Virus© Luigi Avantaggiato

 

TORINO - «Non chiamateci eroi», semmai juventini. I medici del Policlinico Gemelli di Roma scherzano, ma no troppo. Un po' perché lì c'è un importantissimo Juventus Official Fan Club, nato proprio per iniziativa dei medici bianconeri dell'ospedale (Bruno Romanò ne è presidente e animatore delle tante iniziative benefiche), ma soprattutto perché «durante questa emergenza Coronavirus abbiamo reagito con uno spirito di squadra travolgente», spiega Francesco Franceschi, direttore del Pronto Soccorso. «Si sa, il calcio è spesso fonte di ispirazione. Noi ci siamo ispirati alla Juventus, ma non importa il club che ami. A me piace trarre ispirazione alla Juventus, una squadra nella quale perfino Ronaldo, il più grande del mondo, si mette al servizio del gruppo, perché quello è lo spirito. Ecco, noi in questo periodo così difficile abbiamo reagito allo stesso modo. Ed è stato fantastico vedere l'unità della squadra di medici, infermieri e personale, uniti nell'aiutare i nostri pazienti».


UNA NAZIONALE - Anche Rino Capalbo, direttore dell'Ospedale Covid2, ovvero la struttura all'interno del Gemelli che ospita i malati di Coronavirus, è juventino: «Io non vedo l'ora di tornare a sfottere fiorentini, interisti e romanisti! Ma adesso no, adesso siamo come una Nazionale, quella del servizio sanitario, tutti insieme», come quando c'è un Mondiale e, in fondo, ci sono pure i tricolori alle finestre. Le partite, però, sono davvero dure: «Da noi è stato fondamentale la rapidità di reazione. Dividere immediatamente i percorsi e poi, di fatto, creare un ospedale parallelo, duplicando tutti i reparti, perché poteva arrivare un paziente con un infarto, ma anche positivo al virus e quindi non si poteva mettere in cardiologia con il rischio che infettasse gli altri, quindi è stata creata una cardiologia "pulita" e una Covid. E mi ha rimpiatto il cuore il modo con cui è stata affrontata l'emergenza dallo staff: nessuno ha fatto polemica o si è tirato indietro anche nei momenti di difficoltà, come la mancanza di mascherine, la confusione, la difficoltà di reperimento dei presidi. Tutti hanno dimostrato un senso di responsabilità enorme».


LA NORMALITA' - Adesso c'è la speranza che tutto finisce e torni una parvenza di normalità. «Tornare in uno stadio sarebbe fantastico», dice Franceschi, che spesso è a Torino per la sua Juventus. «Ma bisogna usare grande prudenza», sottolinea Capalbo. «Effettivamente la condizione di uno stadio è molto favorevole alla trasmissione del virus, ma con calma torneremo a gridare gol, noi della Juventus e, sì dai, anche gli altri».

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