Andrea Agnelli: “Il mio Tuttosport”

Gli auguri del presidente della Juve: "Avere un giornale che ci segue così da vicino e in modo così approfondito è un esercizio di trasparenza. Con i media ho un rapporto leale, parlo poco per scelta”
Andrea Agnelli: “Il mio Tuttosport”

Andrea Agnelli nella storia di Tuttosport ha un ruolo da grande protagonista. Anzi, negli ultimi dieci anni, forse è stato “il” protagonista, perché nessun giornale approfondisce maggiormente le vicende della Juventus e la sua Juventus, dal 2010 a oggi, ha compiuto imprese leggendarie. Imprese che si sono potute specchiare sui fogli del nostro giornale, che le ha raccontate giorno per giorno. Anche attraverso le sue parole, rare perché non ama le interviste e dosa gli interventi mediatici, ma significative. C’è una sua intervista a Tuttosport, concessa all’inizio della sua avventura da presidente, che è sempre significativo andare a rileggere per capire come dieci anni fa esisteva il progetto o, quanto meno, una visione dell’attuale Juventus, tornata ai vertici del calcio mondiale dalle ceneri del post Calciopoli. Era un’intervista nella quale si paventava perfino l’ipotesi di portare in bianconero un giocatore di livello globale (un Messi o un Ronaldo per intendersi) e quel passaggio, ovviamente titolato, aveva suscitato perplessità da parte di alcuni. Non era un forzatura, non era sbruffonata e nemmeno una profezia, era un pezzo del progetto, che si è poi realizzato.

Buongiorno presidente Agnelli, se le dico Tuttosport, a cosa pensa?
«Se penso a Tuttosport penso a un quotidiano che mi ha accompagnato per tutta la vita. E questo per la natura del giornale stesso, cioè quella di essere il giornale che segue più di tutti la Juventus, che era ed è la squadra del mio cuore. Quindi era il giornale che rubavo dalla mazzetta di mio padre, quando avevo sette o otto anni, perché trattava in maniera più ampia il tema che a quell’età mi interessava di più. Quindi quando penso a Tuttosport penso al furto della mazzetta di mio padre».

Lui poi se lo riprendeva?

«Credo che all’ora alla quale glielo rubavo, lui l’avesse già letto da tempo, lui si alzava alle cinque e mezzo » (ride) Quali sono le difficoltà e quali i vantaggi di avere una testata che segue così da vicino il club? «Nell’epoca moderna in cui viviamo, nella quale c’è anche molta disintermediazione rispetto ai media tradizionali, il vantaggio è quello di offrire un esercizio di trasparenza, perché ci seguite di più, siete più presenti, quindi ci deve essere trasparenza rispetto alle vicende della società e della parte sportiva, questo perché siete sempre tre o quattro, quotidianamente a seguirci. Questo lo vedo come un vantaggio. A volte può essere uno svantaggio il fatto che le due identità si confondano: cioè, il fatto che voi seguiate le nostre vicende così da vicino fa pensare all’esterno che la vostra posizione, la vostra visione, siano anche inevitabilmente quella del club. Sai quando si sente: “Se lo dice Tuttosport che è lì a Torino, vicino alla società, allora...”. A volte succede anche con la Stampa. Questo non sempre è vero e può essere fuorviante, ma credo rientri nel gioco delle parti».

Quand’è che la fa arrabbiare Tuttosport?

«Non sul mercato perché non lo seguo io, forse fa arrabbiare altri, ma non me. Arrabbiare poi non è la parola giusta. Ripeto: è quando viene confusa la tesi di Tuttosport con quella della Juventus, non sempre è così. Ma voi avete fatto una precisa scelta di mercato seguendo la prima squadra italiana e questa è una scelta legittima».

C’è una prima pagina alla quale è particolarmente affezionato?

«La prossima. Come nei risultati sportivi, quando ne raggiungiamo uno, di solito penso sempre a quello successivo. Così quando raggiungiamo un traguardo, mi godo il giornale, ma penso alla prima pagina che celebrerà il prossimo successo. Certo, non nego che quel giorno lì è piacevole leggere i titoli come i pezzi che sono celebrativi, ma poi inizio a pensare alla prossima vittoria».

E’ un collezionista di prime pagine o giornali significativi per le vicende della Juventus?

«No, non lo sono. Tuttavia conservo un articolo di Tuttosport. E’ la cronaca della partita giocata nell’estate del 2010, in Irlanda contro lo Shamrock Rovers per i preliminari di Europa League e mi ricorda, ogni volta che lo rileggo, da dove siamo partiti e dove siamo arrivati».

Come definirebbe il rapporto della Juventus con i media in generale? E’ un tema che infervora molti tifosi.

«Un rapporto leale. Da parte mia sicuramente leale. Sul calciomercato c’è anche un gioco delle parti, forse perché è un argomento che fa sognare e che appassiona tutti, che possono fantasticare su quello che verrà. Per quanto mi riguarda, cioè Andrea e Juventus intesa come società, è un rapporto leale. Quando mi confronto con i media, quando confronto con chi credo abbia capito che quando dico determinate cose, quelle sono. Insomma, il fatto di avere un rapporto così leale è importante. Mi aspetto, istituzionalmente, dai media in generale altrettanta lealtà in cambio».

Se fosse un giornalista chi le piacerebbe intervistare?

«Nel mondo del calcio faccio un po’ fatica a scegliere. Certo, se fossi un giornalista mi piacerebbe lavorare a grandi temi, inchieste e approfondimenti, magari legate allo sviluppo del business. Se dovessi decidere chi intervistare... beh, mi sarebbe piaciuto intervistare in modo approfondito Nelson Mandela».

Perché Mandela?

«Per la sua vita, la sua posizioni sui diritti in Sud Africa, per la prigionia e per il grande ritorno da politico e, in fondo, anche da uomo di sport con quel successo della nazionale sudafricana di rugby al Mondiale, che fu anche un suo trionfo. Una persona che ha vissuto quella vita mi sarebbe proprio piaciuto intervistarla. Certamente studiando prima molto approfonditamente le sue vicende e le sue storie. Per capire esattamente cosa immaginava nei lunghi anni difficili di prigionia, perché quello che emerge ai miei occhi dalla sua figura è che se si ha una visione e una grande convinzione nel volerla realizzare, le possibilità di riuscirci aumentano. Ecco quindi quali sono i punti interessanti: grande visione, grande coerenza, grande determinazione. Approfondire quei temi con una persona di quel tipo, sì, mi sarebbe piaciuto».

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