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TORINO - Maurizio Sarri ha commesso un peccato mortale: non ha saputo costruire una grande Juve attorno al più grande giocatore del calcio mondiale, Cristiano Ronaldo. Ha lasciato solo il Re Sole. Ha mandato in campo la squadra sbagliata nella partita più importante della stagione: una squadra bolsa, lenta, molle. Non è stato capace di trasmettere alla Juve la grinta, la determinazione, la carica necessaria per eliminare il Lione di Garcia, protagonista di un’impresa memorabile nella storia del club di Monsieur Aulas. L’OL non si qualificava ai quarti di finale della Champions da dieci anni, quando eliminò il Real di Ronaldo ed è il primo club francese a buttare fuori la Juve dalle coppe internazionali. Al di là delle cervellotiche decisioni di Zwayer, surreale inventore di due rigori inesistenti, rimane, incontrovertibile, la constatazione di una Juve senza capo né coda, arruffona e sconclusionata, in pessime condizioni atletiche. Con la differenza che i francesi erano alla seconda partita ufficiale in una settimana dopo 151 giorni, mentre i bianconeri, di partite ne hanno giocate quindici negli ultimi cinquantacinque giorni e, sulla carta, sarebbero dovuti essere più in palla.
Il problema sta nel manico: nessuno misconosce che Sarri abbia vinto lo scudetto al primo anno sulla panchina bianconera, il nono consecutivo del club, filotto eccezionale consegnato alla storia del calcio internazionale. Ma, due anni fa, la Juve non ha preso il Marziano di Madeira per incrementare la contabilità tricolore. O, quantomeno, non solo per quello scopo.
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Ronaldo è il sovrano assoluto della Champions: ne ha vinte cinque, ha segnato 101 gol nelle ultime 97 partite della competizione, 67 nelle gare a eliminazione diretta, 131 in totale. Indipendentemente dalla durata temporale della sua avventura alla Juve, ogni volta che ripenserà a questa bruciante eliminazione negli ottavi della Champions, Sarri non potrà fare a meno di mordersi le mani. Sapendo di chi sarà stata la colpa.