Juve, Sarri no ma il gioco sì

La rivoluzione tattica bianconera continua. Il Pirlo-ball prevede possesso, coralità e dominio
Juve, Sarri no ma il gioco sì© LAPRESSE

La solita premessa: per il momento la scelta di Andrea Pirlo quale nuovo allenatore della Juventus può oscillare tra il magistrale colpo di genio e il pericoloso atto di presunzione. Di certo, però, c’è che l’esperienza calcistica (se non tecnica) dell’ex regista è un fatto concreto, conclamato e incontrovertibile. Più o meno come la rapidità di pensiero e visione di gioco che Pirlo ha dimostrato fin tanto che giostrava in mezzo al campo. Il suo palmarès (Champions League, Coppa del Mondo e chi più ne ha, ne metta) gli conferiscono una autorevolezza fuori dal comune, da tradurre come capacità di avere a che fare con i campioni.

Codesto quadretto, insomma, ha convinto i vertici bianconeri a puntare forte sul bresciano. E la ciliegina sulla torta è stata la concezione - per ora teorica, a breve pratica - di un progetto tattico che ben si sposa con l’evoluzione che i vertici bianconeri speravano di riuscire a portare a compimento affidando la squadra a Maurizio Sarri, la scorsa estate. Non potevano immaginare (o forse sì? Ma non è questo il nocciolo della questione, ormai) che l’ex tecnico di Napoli e Chelsea si sarebbe arenato insieme con tutti i buoni propositi in uno sterile e insipido e infruttuoso compromesso fatto né di carne, né di pesce. Peraltro nemmanco di quel pesceratto (citazione della citazione) che può in un certo senso riportare alla sagacia del predecessore, di Sarri: quell’ Allegri con cui la Juventus è tornata a trovarsi a proprio agio nella tavola imbandita dei fasti dell’Eurocalcio che conta.

Insomma, sintetizzando. Il ben servito a Sarri non necessariamente coinciderà con l’abiura del progetto legato al sarrismo. Cioè ad un calcio (una Juventus) divertente, europea, organizzata. Tutta roba, cioè, che a Pirlo garba parecchio. Garba perché questo calcio qui Pirlo l’ha giocato, da calciatore, e l’ha studiato allorché ha scelto di intraprendere la nuova avventura in panchina. «A parte Guardiola, che seguono tutti, mi piace molto vedere la costruzione di De Zerbi, poi l’Ajax, l’AZ Alkmaar, il Lipsia. E nel passato l’Ajax di Van Gaal, il Barcellona di Cruijff».

Parola di Andrea Pirlo, appunto. Che poi approfondisce il concetto raccontando le sue ambizioni di «4-3-3 e tutti all’attacco», «di squadra che domini il gioco», «di possesso palla fin dietro le panchine». Insomma, ciò che c’è (o ci sarebbe) alla base del Sarri-ball. E ciò che c’è alla base dei sogni di gloria della società bianconera.

Resta il dubbio che senza certe frasi fuori luogo in pubblico, certi modi fin troppo diretti negli spogliatoi... Insomma, con un diverso stile e un po’ più di diplomazia, resta il dubbio che Sarri avrebbe avuto quest’anno - al di là della batosta o meno in Champions League -una seconda occasione per rivoluzionare il calcio della Juventus. Ed eventualmente avrebbe avuto un organico un po’ più adatto a un certo tipo di gioco di quanto non sia quello della stagione 2019-20 (completamente fatto di elementi che amano avere il pallone tra i piedi, prima, e soltanto dopo muoversi: altro che azioni totali). Il compito spetterà dunque a Pirlo.

Compito non facile, anzi maledettamente difficile. Ma stiamo parlando di un campione che le “maledette” (punizioni) ce le ha come marchio di fabbrica, dunque... E a proposito: magari anche in questo senso - punizioni - potrà risultare utile a Ronaldo, che in bianconero le ha tirate per lo più in direzione ostinata, ma contraria alla barriera.

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