Juve, Pirlo day: deve convincere gli scettici

Agnelli è convinto che Andrea saprà aprire un ciclo come quando arrivò in bianconero da giocatore
Juve, Pirlo day: deve convincere gli scettici© Marco Canoniero

Stessa musica, Maestro. Da Andrea Agnelli all’ultimo tifoso, tutto il mondo bianconero si augura (e la società ne è anche convinta, altrimenti non lo avrebbe scelto) che Andrea Pirlo diriga la Juventus dalla panchina facendole suonare la stessa sinfonia vincente di quando la dirigeva dal centro del campo. Proprio il campo dirà se così sarà. Intanto, mentre da oggi il nuovo tecnico bianconero comincerà a impartire la sue lezioni ai propri musicisti, è lo stesso di allora il brusio in sottofondo, in cui tanto scetticismo si mescola alla curiosità e alla speranza. Scetticismo di buon auspicio, a questo punto.

Troppo vecchio...

E’ uno scetticismo che nasce da ragioni opposte, quello che ha accompagnato e sta accompagnando l’inizio di entrambe le avventure bianconere di Pirlo, ma legate agli stessi argomenti: l’età e l’esperienza. Quando la Juventus il 24 maggio 2011 annunciò l’ingaggio dell’allora trentaduenne Pirlo, svincolato dal Milan che gli aveva offerto solo un rinnovo annuale, cortesemente rifiutato, erano tanti i dubbi che aleggiavano attorno alla scelta. Dubbi sul giocatore, reduce da un annata con appena 25 presenze complessive e da un lungo problema muscolare alla coscia destra, e sulla sua compatibilità con le idee tattiche di Antonio Conte, fino ad allora imperniate su un 4-2-4 con due centrocampisti muscolari dediti sopratutto alla fase difensiva. L’esatto contrario di Pirlo, insomma. Lo scetticismo di allora si dissolse come nebbia al sole. Proprio quello fu il Pirlo giocatore per la Juve: un sole. Il regista bresciano tornò a splendere come nei migliori anni milanisti, giocando 41 partite su 43, e Conte non esitò a metterlo al centro del suo nuovo sistema, quel 3-5-2 (alternato al 4-3-3) che è diventato da allora il suo modulo di riferimento. Una rinascita confermata anche nelle tre stagioni successive, le due con Conte e anche la terza con Massimiliano Allegri, col quale non era riuscito a esprimersi al meglio al Milan, tra infortuni e decentramento a mezzala, ma della cui Juve capace di vincere Scudetto, Coppa Italia e raggiungere la finale di Champions fu ancora un magnifico direttore d’orchestra.

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