Juve, perché Pirlo può fare quello che Sarri non poteva

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Juve, perché Pirlo può fare quello che Sarri non poteva

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Andrea Pirlo tira dritto, decisamente più tenace di Maurizio Sarri nel difendere il suo progetto tattico. Mentre ha quasi sempre cambiato gli uomini, per necessità (infortuni, Covid, squalifiche), non ha mai mutato il sistema di gioco con cui ha schierato la sua Juventus. Non ha cercato aggiustamenti di fronte ai segnali di fragilità difensiva, non ha cercato compromessi per ovviare a certe difficoltà di interpretazione. Serafico, come da personaggio, ha sempre giustificato gli errori con il poco tempo avuto per provare i nuovi sincronismi tattici, ma non arretrato su nulla. La sua Juventus continua ad avere una difesa rotante che passa dalla linea a tre in fase di costruzione a quella a 4 in fase di non possesso, con uno dei due esterni (finora quasi sempre Cuadrado) che si abbassa. Due mediani, due uomini sulle fasce con il compito di dare ampiezza e dai quali passa molto del gioco (il già citato Cuadrado da una parte e il sempre più fondamentale Chiesa dall'altra) e tre attaccanti, di cui due vere e proprio punte (Ronaldo e Morata finora sembrano essere i due titolari) e un terzo uomo che, sia esso Ramsey, McKennie o Kulusevski, non deve far mancare il suo apporto in fase di recupero della palla. Recupero che, nei pensieri di Pirlo, deve avvenire il più in alto possibile.

Il copione, nelle prime otto partite ufficiali (ma anche nell'unica amichevole, contro il Novara) è sempre stati questo, anche se ovviamente gli interpreti possono aver dato sfumature differenti (McKennie schierato trequartista a Cesena contro lo Spezia ha dato l'idea di un centrocampista in più, situazione della quale ha, per esempio, giovato molto Arthur, maggiormente protetto), ma la sostanza è quella. Il che significa due cose. Primo: Pirlo ha le idee molto chiare e la personalità per portarle avanti. Secondo: le rivoluzioni non partono mai dal campo, ma dallo spogliatoio e dagli uffici della dirigenza. Perché il calcio di Pirlo non si discosta molto da quello di Sarri quanto a filosofia generale, soprattutto su alcuni aspetti - vedi l'aggressione portata molto alta - che, un anno fa, avevano riscontrato una certa diffidenza da parte della squadra, con la quale Sarri si era affrettato a trovare un compromesso, anche per non perdere troppo terreno nella prima parte della stagione. Pirlo non incontra le stesse difficoltà perché il carisma del suo personaggio gli ha spianato la strada nello spogliatoio, dove ha trovato certamente più credibilità e amici di quanti ne avesse trovati Sarri. E lo stesso approccio ha avuto, evidentemente, più successo.

E' presto per dire se Pirlo sia meglio di Sarri, certamente è percepito in modo diverso dal gruppo squadra e questo cambia, e di molto, lo scenario in cui si muove. L'investitura che arriva direttamente dal presidente, poi, ha un suo peso specifico nel dare solidità al governo Pirlo. Attenzione, anche Sarri aveva l'appoggio della dirigenza, anzi se ha portato a termine la missione scudetto è proprio per il lavoro di Nedved e Paratici, ma Pirlo ha una sua storia all'interno del club e un rapporto con il presidente che non è certo nato adesso con la nomina ad allenatore: ha, quindi, fondamenta più profonde. E, infine, anche la critica tratta Pirlo con maggiore garbo rispetto a Sarri e senza lo scetticismo che potrebbe suscitare un esordiente assoluto a cui hanno affidato la squadra più titolata d'Italia.

Tutto questo è giusto o ingiusto? E' giusto. Intorno a Pirlo non si respira aria di raccomandazione, Pirlo non sta rubando niente. E' stato uno dei più grandi giocatori della storia del calcio italiano (e non solo) e ha deciso di riscuotere subito una grossa quota della credibilità calcistica accumulata. Gli è dovuto. Non solo per quello che ha compiuto, ma per come lo ha compiuto, unendo garbo al talento, intelligenza alla classe. Se i compagni lo seguono con più convinzione di quanto facessero con Sarri, per esempio, è un merito di Pirlo, non un regalo del destino. Tanto il mondo del pallone, soprattutto dalle nostre parti, è troppo spietato per garantire l'immunità perenne. La strada di Pirlo l'hanno percorsa i Platini e i Cruyff, i Maradona e i Beckenbauer: solo chi era veramente bravo anche in panchina è andato avanti, gli altri si sono scontrati con la realtà piuttosto velocemente. Pirlo lo sa e sta giocandosi le sue carte consapevolmente.


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