Il Talismano Padoin dà l'addio al calcio giocato. La Juve: "In bocca al lupo"

Dopo l'ultima esperienza all'Ascoli l'ex jolly bianconero appende gli scarpini al chiodo e sogna un futuro da allenatore
Il Talismano Padoin dà l'addio al calcio giocato. La Juve: "In bocca al lupo"© LaPresse/Daniele Montigiani

Quando il procuratore Tullio Tinti lo chiamò nel 2012 e gli chiese: "Vuoi andare alla Juventus?", Simone Padoin pensò candidamente ad uno scherzo. Aveva appena rinnovato con l'Atalanta per cinque anni e non poteva neanche lontanamente immaginare che da lì a qualche anno avrebbe vinto in bianconero due volte la Coppa Italia, tre volte la Supercoppa italiana e ben cinque volte lo Scudetto, consecutivamente. Le precedenti esperienza con Vicenza ed Atalanta non lo avevano preparato a questo futuro. Poi, 107 presenze e 3 reti dopo, condite da un affetto mai tributato neanche ai campioni, finì l'avventura alla Juventus e Simone passò prima al Cagliari e poi all'Ascoli. La rescisisone consensuale con quest'ultimo club è arrivata il 2 ottobre scorso, seguita dalla scelta di abbandonare il calcio giocato a 36 anni.

Il messaggio della Juventus 

La Juventus, una volta appresa la notizia, ha scelto di dedicare un tweet al suo Talismano. Questo ciò che si legge dal profilo ufficiale del club: "È stato bello vivere tante grandi emozioni insieme! Grazie di tutto, Simone Padoin e in bocca al lupo per le tue prossime avventure!". Allegato al cinguettìo un video con le immagini più significative dell'avventura zebrata di Simone.

Padoin: "Sogno il settore giovanile dell'Atalanta"

"Ho detto addio al calcio giocato, non c’erano più i presupposti per continuare la mia carriera con serenità. Adesso sono tornato a casa, ho aperto una palestra insieme a mia moglie e cerco di aiutarla - ha raccontato Simone Padoin a gianlucadimarzio.comPer adesso mi concentro sulla famiglia, ho deciso di smettere perché immaginavo che un nuovo lockdown mi avrebbe tenuto lontano dai miei bambini per troppo tempo. Era una scelta alla quale mi ero preparato: quando hai 35 anni e giochi a calcio, cominci a mettere in conto che, da un momento all’altro, potresti ritrovarti costretto a fare un passo indietro. Il mio obiettivo adesso è quello di entrare a far parte di un settore giovanile, credo che sia il contesto ideale per uno come me. Dal Vicenza alla Juventus, se sono arrivato in alto lo devo al carattere, alla passione, alla diligenza e alla professionalità che mi hanno accompagnato nel mio mestiere. Se uno vuole fermamente qualcosa, alla fine riesce a raggiungerla. Ed è questo che devono capire i talenti di oggi. Allenare nel settore giovanile dell’Atalanta sarebbe il top. Già vent’anni fa, quando ci giocavo io, funzionava tutto alla perfezione. Ancora oggi Gasperini raccoglie i frutti di un lavoro strepitoso".

Il soprannome, il coro su CR7 e Pirlo il fenomeno

"Che ce frega de Ronaldo, noi abbiamo Padoin", questo era il coro che accompagnava Simone ad ogni uscita in bianconero. Ha conquistato il cuore dei tifosi dando sempre tutto e di più per la maglia. Il suo soprannome era ed è Talismano, non solo sui social: "Purtroppo o per fortuna, non lo so, se oggi qualcosa va di moda sul web, domani vedrai i suoi effetti nella vita di tutti i giorni. C’era chi mi toccava prima delle partite, dicendo che portavo bene. Era una cosa simpatica. Ancora oggi, quando sento qualche ex compagno, c’è chi mi chiama Talismano. Quando CR7 è arrivato in bianconero - racconta il Pado - mi sono una fatto una risata. Saranno costretti a cambiare il coro, ho pensato: che ce frega di Leo Messi… e il resto lo sapete già! Scherzi a parte, l’affetto dei tifosi è qualcosa che porterò sempre con me. Ricordo ancora la Supercoppa del 2015, in Cina. Appena atterrati a Shanghai, ho sentito i tifosi cinesi che cantavano il mio coro. Era incredibile”. Non poteva mancare un commento sul nuovo allenatore della Juve, sua vecchia consocenza: Pirlo in campo era un fenomeno, lui e Buffon sono i compagni di squadra più forti che ho avuto. Entrambi campioni, ma in modo diverso. Gigi era esuberante, Andrea l’opposto: non era un tipo di molte parole, gli bastava uno sguardo per farti capire cosa si aspettava da te. La differenza tra una partita normale e un big match stava tutta lì: quando bisognava alzare l’asticella, Pirlo non chiedeva palla, la pretendeva. Penso che da allenatore sia un po’ l’Andrea di sempre. Vuole un calcio divertente, prepara bene le partite. Ha tutto per riuscire a fare bene anche in questo nuovo percorso”.

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