Juve, cosa è successo nell'intervallo del derby e le 5 palle di CR7

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Juve, cosa è successo nell'intervallo del derby e le 5 palle di CR7© Getty Images

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Cosa è successo nello spogliatoio della Juventus fra il primo e secondo tempo del derby potrebbe diventare una parentesi epica nella narrazione dell'annata bianconera, trasformando quell'intervallo nei quindici minuti più importanti della stagione. E' presto per dirlo, ma il confronto fra giocatori fra i primi orrendi quarantacinque minuti della sfida con il Torino e i secondi arrembanti e vincenti ha comunque generato un'altra pagina leggendaria. Perché comunque vadano le cose da qui a maggio, il 3-0 rifilato al Barcellona nel suo stadio rimarrà nei ricordi di milioni di tifosi che una Juventus così brillante, aggressiva e vincente non la vedevano da una pezzo.

Ma, quindi, cosa si sono detti a metà del derby di sabato scorso? Ognuno può immaginare i dialoghi, ma il concetto è stato: «Si può perdere o pareggiare, ma non in questo modo. Siamo la Juventus, la squadra che ha vinto gli ultimi nove campionati, vestire questa maglia non significa automaticamente vincere, ma impone il massimo dell'impegno di ognuno. La Juventus non può scendere in campo così molle, priva del basilare agonismo e della voglia di vincere». Cambiando il motto bonipertiano si potrebbe sintetizzare in «Vincere non è importante, è la voglia di vincere è l'unica cosa che conta». Se lo sono detti o, meglio, qualche senatore lo ha detto agli altri e la squadra ha percepito. A quel punto potevano succedere due cose: la partita poteva continuare sugli scialbi binari del primo tempo e quell'arringa sarebbe sbiadita velocemente, accartocciata nella coscienza collettiva della squadra come un vecchio giornale; oppure la partita poteva cambiare, il risultato essere ribaltato e la vittoria avrebbe ammantato di carisma quel discorso, trasformandolo nelle nuove tavole della legge dello spogliatoio. Così è andata e la Juventus, la giovane Juventus del giovane Pirlo, ha appreso sul campo una lezione fondamentale: bisogna essere uniti, cattivi e concentrati. Tutto il resto, la tattica, la tecnica, gli schemi, vengono dopo. Sono importanti, ma vengono dopo.

Così è nata l'impresa del Camp Nou, la Juventus ringhiante che fin dal primo secondo ha morsicato le caviglie del Barcellona, squadra in crisi, vero, ma intimidita e impaurita dall'approccio tempestoso dei bianconeri. E' infatti un merito saper approfittare delle insicurezze altrui: lasciando prendere campo al Barça, anche solo nei primi 5/10 minuti, la squadra di Pirlo avrebbe offerto a quella di Koeman un tonico rinvigorente lo spirito, mentre la sistematicità con cui è stata portata l'aggressione ha popolato di fantasmi la notte dei blaugrana, inducendoli all'errore. Quante volte la Juventus si è trovata, in Europa, esattamente dall'altra parte?

Ora è davvero presto per dire che tutto finirà in trionfo. I novanta perfetti minuti del Camp Nou sono le fondamenta del grattacielo dell'ingegner Pirlo, serve costruire svariati piani e poi il tetto, tuttavia quelle di ieri sono le fondamenta più solide e imponenti che la Juventus poteva gettare. E la misura sta tutta in un numero: 5 e non si tratta della maglia del pur positivo Arthur, ma dei palloni recuperati da Cristiano Ronaldo nel corso della partita. Per CR7 è un numero esorbitante (praticamente un record), perché Cristiano non ha mai, giustamente, ritenuto suo compito quello di strappare la palla agli avversari. Ma se Ronaldo si sente in dovere di partecipare alla fase difensiva ed effettuare quello spettacolare recupero su Lionel Messi al'81' sul 3-0 per la Juventus, correndo fino alla propria area di rigore e soffiando la palla al rivale con una manovra degna del miglior Barzagli, allora significa che qualcosa si è acceso nella mentalità della squadra. Se non si spegne (e potrebbe succedere già domenica contro il Genoa, prova quanto mai insidiosa sotto il profilo mentale), la Juventus di Pirlo può arrivare dove vuole o quasi.

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