Trezeguet: "Farò il ds. Magari tornerò alla Juve con Del Piero"

Così il franco-argentino: "Dopo 9 anni di vittorie un anno senza Scudetto è umano. E poi è mancato un certo Dybala..."
Trezeguet: "Farò il ds. Magari tornerò alla Juve con Del Piero"

Alessandro Del Piero per me è stato un punto di riferimento e aver condiviso con lui dieci anni di Juve è stato fantastico. È stato un professionista e un giocatore unico: in campo sapevamo cosa fare per esaltarci e ci bastava poco per capirlo. Ma la nostra intesa nasceva fuori dal campo: momenti di semplice condivisione, come ritrovarsi a guardare una partita. Quando un gruppo di giocatori sta bene umanamente, in campo tutto diventa più semplice e la squadra raggiunge gli obiettivi”. In un'intervista rilasciata ai microfoni di Gianlucadimarzio.com, l'ex attaccante della Juventus David Trezeguet, ed attuale Brand Ambassador bianconero (il cui contratto è però in scadenza nel prossimo giugno), non chiude le porte ad un doppio ritorno nel club torinese: “Perché no! Anzi, lo spero. Alex ha dimostrato le sue capacità e si sta preparando (sta studiando da allenatore, ndr). E il suo legame verso la Juve non lo dimenticherà mai nessuno”.

Trezeguet: "Ho visto la Juve dominare con il suo metodo storico"

È arrivato il momento di un cambiamento. Aspetto una squadra che mi dia fiducia e che creda in me: io non vedo l’ora. Il calcio è cambiato? I primi cambiamenti iniziavano ad avvenire già nella mia generazione. Ma ora è tutto nuovo e i primi ad essere cambiati sono i calciatori, di conseguenza anche un dirigente deve adattarsi e lavorare diversamente. Come? ialogo, gestione, preparazione su tutti i fronti: economico, legale, burocratico. Il direttore sportivo è la figura che sta in mezzo a giocatori, allenatore e club. Gli ex-giocatori partono con un vantaggio, perché tra chi è stato in campo in passato e i giocatori si crea un feeling unico. Ma bisogna trovare l’equilibrio giusto. Negli ultimi anni ho visto la Juventus dominare, applicando il metodo che ne ha fatto la storia. Ma credo nella diversificazione: bisogna aprirsi per capire dove si è, l’ambiente, gli obiettivi. Mi interessa questo e non mi precludo nessuna esperienza: voglio muovermi, imparare. Ci sarebbe posto per il Trezeguet-calciatore nella squadra costruita dal Trezeguet-dirigente? Sì, i giocatori che fanno la differenza sono sempre i benvenuti. Bisogna sempre partire con l’idea di voler lasciare il segno. In altri tempi si poteva fare a meno della preparazione, ora non più: l’occhio del calciatore è più sviluppato, ma non basta. Mi manca il campo? Ho iniziato ad avere voglia di tornare lì”.

Trezeguet: "Juve, un anno senza Scudetto ci può stare. È mancato Dybala"

"Premetto che dopo nove anni di vittorie, sbagliare un campionato è umano. Alla Juve vedo un gruppo molto unito, ma sono mancate continuità e identità: abbiamo visto sprazzi interessanti, ma seguiti da cali fisici, mentali e tecnici. Sono cambiati un po’ di giocatori e l’allenatore, quindi questo è nell’ordine delle cose. Ma il campionato è quasi finito e si vede che qualcosa manca. Dovrà trovarlo Pirlo? o dico di sì. Per dare un senso a questa stagione, per dare un’idea di continuità. Quest’anno la Juve ha trovato nell’Inter una squadra più cattiva, con due attaccanti che segnano sempre. Il solo Ronaldo, invece, non può bastare. E alla Juve è mancato un certo Dybala”.

Trezeguet: "Europei? L'Italia può andare lontano"

Kylian Mbappé sta guidando il calcio verso un’altra dimensione: dinamica, fluida. Avete visto Bayern-Psg? Non si sono fermati un attimo. Nessuna gestione, nessun calcolo: giocare. In Europa va così e Spagna, Germania o Francia l’hanno capito già da un po’. In Italia lo vedo poco nei club, tanto in Nazionale: Mancini è stato all’estero e si vede. Gli azzurri hanno un’identità quando attaccano, giocano con sicurezza e agli Europei possono arrivare lontano. Anche se la favorita resta la Francia, che può iniziare un ciclo come quello della Spagna: continua a sfornare giovani, grazie a un lavoro iniziato tempo fa. Saranno i giovani la mia priorità da dirigente? La pandemia ha avuto un impatto economico negativo sui club e li spingerà a investire per forza sui settori giovanili, per fabbricare in casa i campioni. È anche l’occasione per inculcare quella mentalità di cui parlavo prima già a partire dai settori giovanili, così da permettere subito ai ragazzi di dimostrare il loro valore: se uno è bravo, lo è a 16, 17 e 18 anni e deve giocare. Sì, in prima squadra e se possibile in campionati competitivi, non in categorie inferiori per fare esperienza o diventare più ‘cattivo’”.

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