Pagina 2 | Lippi esclusivo: "Juve, attenta: l'Inter ha un'arma in più"

TORINO - Ha allenato sia la Juventus sia l’Inter, sul prato dell’Olimpico di Roma ha sollevato una coppa molto più importante di quella in palio stasera e, quanto a finali, ha trionfato nella più importante del calcio italiano del ventunesimo secolo. È Marcello Lippi e ci ha raccontato come ci si avvicina a una sfida di questa portata, e non solo.  

Lippi, lei ha giocato moltissime grandi sfide. Quella tra Juventus e Inter ha qualcosa di particolare? 

«È una delle grandi partite classiche del calcio italiano, come Juventus-Milan o Milan-Inter. Sfide tra grandi squadre che magari non frequentemente si incontrano in una finale. Ecco, questa è una partita speciale perché è una finale, tipo quella tra Juventus e Milan a Manchester nel 2003: quella era ancora più importante e speciale perché c’era in palio la Champions League, ma anche questa è una partita di livello». 

A proposito di Champions. Una finale, anche se di Coppa Italia, allo stadio Olimpico di Roma immaginiamo le susciti ricordi piacevoli... 

«Certamente. È l’ultima Champions che ha vinto la Juventus, quella del 1996. Fu l’inizio di un cammino fantastico perché giocammo tre finali di Champions League consecutive: 1996, 1997 e 1998. E nel frattempo vincemmo tre scudetti in cinque anni (1995, 1997 e 1998, ndr), una Coppa Italia (1995, ndr) e la Coppa Intercontinentale (1996, ndr). Un ciclo fantastico. È chiaro che una vittoria su tre finali è poco, ma se per tre stagioni arrivi in finale vuol dire che per tre anni hai vinto su tutti i campi d’Europa e questo poco non è». 

Di finali lei ne ha anche vinte tante, quella mondiale a Berlino per citarne solo un’altra. Come si preparano? 

«Non si preparano, non ce n’è bisogno. Si preparano da sole. Perché andare in finale di una competizione, qualunque sia, significa che per tre, quattro mesi, o un anno, tu hai vinto contro tutti. Altrimenti non saresti in finale. E una squadra che ha eliminato tutte le avversarie incontrate ha assunto una convinzione di forza, un’autostima, una consapevolezza dell’importanza delle cose che sa fare, che è già preparata. Deve solo andare in campo e vincere». 

Come arriva la Juventus a questa finale? 

«Arriva alla fine di una stagione in cui è cresciuta e migliorata. Probabilmente la Juventus quest’anno non era una squadra da scudetto, e infatti non lo vince, magari lo starà per diventare. Però è una squadra che è arrivata in Champions League e vincendo la Coppa Italia, se riuscirà a vincerla, avrebbe già realizzato qualcosa di importante». 

L’Inter invece come arriva all’appuntamento di stasera? 

«L’Inter ci arriva in competizione su due fronti. Fino a un mese fa, prima della partita contro il Bologna, quando mi chiedevano chi secondo me avrebbe vinto il campionato, indicavo sempre l’Inter. Perché mi sembrava la squadra più forte, più convinta, più rabbiosa, più determinata, più grintosa in campo, tanto che è andata avanti su tutti i fronti. Persa la partita con il Bologna, invece, ora si trova in una situazione difficile in campionato: due punti dal Milan a due giornate dalla fine sono tanti. A questa finale però si presenta in buone condizioni fisiche, con un potenziale che probabilmente non ha nessun’altra squadra: quattro attaccanti come quelli tra i quali può scegliere Inzaghi non li possiede nessuno. Perciò potenzialmente può ancora fare doppietta. Ripeto, i due punti di vantaggio del Milan sono tanti, ma può succedere di tutto». 

L’Inter può fare doppietta, la Juventus questa sera invece ha l’ultima chance per non chiudere la stagione senza trofei: può sentire l’ansia da ultima spiaggia? 

«Alla Juventus non c’è mai ansia o paura. Nella Juventus nessuno ha l’ansia. Probabilmente c’è il rammarico di non essere stati competitivi in campionato per qualcosa di più importante del quarto posto, però c’è soddisfazione per avere raggiunto la qualificazione alla prossima Champions League, che per la società bianconera è molto importante. E poi c’è questa finale di Coppa Italia, ma la Juventus è abituata a giocare le finali. Perciò non ci sono ansie in casa bianconera». 

Sul campo che partita si aspetta? 

«Sono due squadre di livello tecnico più o meno uguale, di buona personalità e hanno due ottimi allenatori. Sarà una partita equilibrata, può sembrare una banalità ma è quello che penso realmente, e in entrambe le formazioni ci sono giocatori capaci di risolvere la sfida in qualsiasi momento. Vediamo chi avrà l’abilità di sbloccarla». 

Recentemente Andrea Agnelli ha indicato in Vlahovic, De Ligt, Chiesa e Locatelli i quattro giocatori su cui la Juventus ha deciso di investire: sono la base giusta per costruire un ciclo vincente? 

«Andrea Agnelli ha ragione. Sono quattro grandi giovani calciatori. Qualunque società al mondo, dovesse impostare un processo di ricostruzione o di costruzione della propria squadra, partirebbe da questo tipo di giocatori: giovani, di altissimo livello tecnico e di grande personalità». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Che impressione le hanno fatto questi primi mesi juventini di Vlahovic? 

«Ottima. È un giocatore che dà la sensazione in qualsiasi momento di poter trovare la giocata giusta. Cerca di proporsi, cerca la conoscenza con i nuovi compagni di squadra. Ed è un calciatore con delle giocate straordinarie». 

Se Vlahovic, De Ligt, Chiesa e Locatelli sono giovani, Miretti è giovanissimo. Che pensa di lui? 

«Non lo conoscevo e mi è piaciuto molto, non mi ha stupito vederlo di nuovo in campo a Genova dopo la prova contro il Venezia. E non mi stupisce che Allegri ne parli molto bene». 

Cosa le è piaciuto in particolare di lui? 

«L’ordine e la capacità di verticalizzare per gli attaccanti. Sono due cose che mi sono piaciute molto».  

Dai giovani a Chiellini: si avvicina il momento dell’addio, come si sostituiscono un giocatore così in campo e un uomo così nello spogliatoio? 

«Non so cosa farà Giorgio, non ne ho parlato neanche con mio figlio (Davide Lippi è l’agente di Chiellini, ndr). Dico solo che se smette mi dispiace, perché mi piace molto vederlo. Perché ogni volta che entra in campo, che sia all’inizio, a metà o a fine partita, vedo una figura totalmente in sintonia con la psicologia della squadra dove gioca, anzi, delle squadre dove gioca, perché c’è anche la Nazionale. E perciò io tifo perché duri il più a lungo possibile. Figure così fanno la fortuna degli allenatori: io ho avuto la fortuna di averne diversi di questo tipo di giocatori, e infatti abbiamo vinto abbastanza». 

A proposito dei suoi giocatori. Molti sono diventati allenatori di grande successo, l’ultimo che si sta affacciando alla ribalta è il tecnico del Verona, Igor Tudor: che pensa della sua stagione? 

«Lo considero il più bravo degli allenatori emergenti di questo campionato. Ce ne sono stati tanti bravi, a partire da Italiano, Dionisi, anche Zanetti che pure è stato esonerato, ma nelle squadre che lottano per salvarsi ci sta perché a un certo punto la società le prova tutte. E anche altri. Tudor è quello che ha organizzato la squadra con una mentalità, una grinta, una determinazione che non sono soltanto dovute alle caratteristiche dei singoli, ma a un’organizzazione di gioco che li porta ad attaccare, a pressare, ad aggredire. E poi ha giocatori che stanno facendo benissimo come Caprari, Barak, Simeone... È stato molto bravo e gli faccio i miei complimenti».

Se lo aspettava allenatore a questo livello? 

«E come si fa ad aspettarselo? Ho avuto un giocatore campione del mondo come Deschamps che lo è diventato anche da allenatore, o campioni d’Europa come Conte che poi ha vinto tutto da allenatore. Come si fa ad aspettarsi queste cose qua? Però ne ho avuti tanti che sono diventati bravi». 

Tanti tifosi juventini, invece, continuano a criticare Allegri, nonostante gli anni di vittorie: si è fatto un’idea del perché? 

«No. Sono quelli nostalgici delle vittorie, degli scudetti. Però non si può discutere un allenatore come Allegri. Di recente ho detto che Massimiliano è un ottimo gestore di grandi giocatori, davvero bravissimo a gestirli, ma probabilmente adesso nella Juventus mancano proprio un po’ di grandi giocatori». 

Tra Di Maria, Zaniolo e Raspadori, i nomi più caldi tra quelli associati alla Juventus, chi può colmare la lacuna? 

«Non valuto mai possibili accostamenti di mercato e non mi permetto di dare consigli». 

Parliamo solo dell’aspetto tecnico: che ne pensa di due giovani come Zaniolo e Raspadori, a prescindere dal mercato? 

«Sono giovani importanti. Poi non è che una squadra può comprare tutti i giovani importanti del mondo, o avrebbe 45 giocatori. Ogni società prenderà quello che le serve». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Che impressione le hanno fatto questi primi mesi juventini di Vlahovic? 

«Ottima. È un giocatore che dà la sensazione in qualsiasi momento di poter trovare la giocata giusta. Cerca di proporsi, cerca la conoscenza con i nuovi compagni di squadra. Ed è un calciatore con delle giocate straordinarie». 

Se Vlahovic, De Ligt, Chiesa e Locatelli sono giovani, Miretti è giovanissimo. Che pensa di lui? 

«Non lo conoscevo e mi è piaciuto molto, non mi ha stupito vederlo di nuovo in campo a Genova dopo la prova contro il Venezia. E non mi stupisce che Allegri ne parli molto bene». 

Cosa le è piaciuto in particolare di lui? 

«L’ordine e la capacità di verticalizzare per gli attaccanti. Sono due cose che mi sono piaciute molto».  

Dai giovani a Chiellini: si avvicina il momento dell’addio, come si sostituiscono un giocatore così in campo e un uomo così nello spogliatoio? 

«Non so cosa farà Giorgio, non ne ho parlato neanche con mio figlio (Davide Lippi è l’agente di Chiellini, ndr). Dico solo che se smette mi dispiace, perché mi piace molto vederlo. Perché ogni volta che entra in campo, che sia all’inizio, a metà o a fine partita, vedo una figura totalmente in sintonia con la psicologia della squadra dove gioca, anzi, delle squadre dove gioca, perché c’è anche la Nazionale. E perciò io tifo perché duri il più a lungo possibile. Figure così fanno la fortuna degli allenatori: io ho avuto la fortuna di averne diversi di questo tipo di giocatori, e infatti abbiamo vinto abbastanza». 

A proposito dei suoi giocatori. Molti sono diventati allenatori di grande successo, l’ultimo che si sta affacciando alla ribalta è il tecnico del Verona, Igor Tudor: che pensa della sua stagione? 

«Lo considero il più bravo degli allenatori emergenti di questo campionato. Ce ne sono stati tanti bravi, a partire da Italiano, Dionisi, anche Zanetti che pure è stato esonerato, ma nelle squadre che lottano per salvarsi ci sta perché a un certo punto la società le prova tutte. E anche altri. Tudor è quello che ha organizzato la squadra con una mentalità, una grinta, una determinazione che non sono soltanto dovute alle caratteristiche dei singoli, ma a un’organizzazione di gioco che li porta ad attaccare, a pressare, ad aggredire. E poi ha giocatori che stanno facendo benissimo come Caprari, Barak, Simeone... È stato molto bravo e gli faccio i miei complimenti».

Se lo aspettava allenatore a questo livello? 

«E come si fa ad aspettarselo? Ho avuto un giocatore campione del mondo come Deschamps che lo è diventato anche da allenatore, o campioni d’Europa come Conte che poi ha vinto tutto da allenatore. Come si fa ad aspettarsi queste cose qua? Però ne ho avuti tanti che sono diventati bravi». 

Tanti tifosi juventini, invece, continuano a criticare Allegri, nonostante gli anni di vittorie: si è fatto un’idea del perché? 

«No. Sono quelli nostalgici delle vittorie, degli scudetti. Però non si può discutere un allenatore come Allegri. Di recente ho detto che Massimiliano è un ottimo gestore di grandi giocatori, davvero bravissimo a gestirli, ma probabilmente adesso nella Juventus mancano proprio un po’ di grandi giocatori». 

Tra Di Maria, Zaniolo e Raspadori, i nomi più caldi tra quelli associati alla Juventus, chi può colmare la lacuna? 

«Non valuto mai possibili accostamenti di mercato e non mi permetto di dare consigli». 

Parliamo solo dell’aspetto tecnico: che ne pensa di due giovani come Zaniolo e Raspadori, a prescindere dal mercato? 

«Sono giovani importanti. Poi non è che una squadra può comprare tutti i giovani importanti del mondo, o avrebbe 45 giocatori. Ogni società prenderà quello che le serve». 

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