La Juve di Allegri, il Real di Ancelotti, il vincere e il bel gioco

Il dibattito sì. Eccome! Anzi, il clangore della battaglia fra allegristi e No-Max si sta già alzando. La bellissima intervista di Andrea Barzagli al suo ex allenatore (da oggi visibile su Dazn) riapre la più antica diatriba di filosofia calcistica. «Conta solo vincere», dice Allegri. «Il bel gioco è un concetto astratto». A tre giorni dal trionfo italianista del Real di Ancelotti, con il portiere migliore in campo, il ragionamento del tecnico fila ancora più del solito, ma non mancherà di trovare fieri oppositori.

Ed è bellissimo così, sarà d’accordo anche Max che, da livornese, ama sicuramente più la discussione del consenso unanime. Ma dovunque ci si schieri nell’eterna lotta fra “pragmatismo risultatista” e “estetismo belgiuochista”, non si può negare che la narrazione del trionfo madridista ha avuto sfumature curiose. Illuminato dai riflessi luccicanti della coppa dalle grandi orecchie, il gioco del Real è diventato geniale e, per alcuni, perfino moderno. Un gioco, soprattutto nella finale, non dissimile a quello della Juventus allegriana, seppure con altri interpreti. Un gioco che, qualora non avesse portato ad alzare la coppa, sarebbe stato esecrato (proprio dagli stessi che l’hanno elogiato) come obsoleto e principale causa della sconfitta contro la modernità del Liverpool kloppiano, definito invece «involuto» e «inconcludente». Tutto questo rende molto fragile il pensiero della critica calcistica nello spericolato tentativo di teorizzare su qualcosa che ha successo da più di cento anni e in qualsiasi angolo del globo proprio perché non c’è niente di teorizzabile.

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