Juve, l’anno zero nell’anno cento

Juve, l’anno zero nell’anno cento© Juventus FC via Getty Images

È una specie di Anno Zero per la Juventus, profondamente rinnovata e smaniosa di aprire un nuovo ciclo. Eppure sarà la stagione che porta all’Anno Cento per la proprietà degli Agnelli. In questo paradosso numerico c’è tutta l’essenza della Juventus: un club che ogni stagione azzera tutto, ma non dimentica mai niente, perché c’è un’unica famiglia che ne custodisce la storia e la gloria.

Non è una stagione qualsiasi, insomma. Ammesso che in un club come la Juventus si possa definire “qualsiasi” una stagione che sta per iniziare, quella che prende il via questa sera contro il Sassuolo è un’annata cruciale, nella quale il presente e il passato si intrecceranno. Il rito di Villar Perosa, celebrato il 4 di agosto, ha dato alla squadra e all’ambiente tutto dei segnali precisi e decisi con quella visita, inusuale, alla tomba di famiglia, davanti alla quale John Elkann e Andrea Agnelli hanno spiegato ai giocatori da dove viene la Juventus e dove vuole andare. E non è tanto questione del «vincere è l’unica cosa che conta», quanto dell’altro motto, proprio della famiglia Agnelli e coniato dal senatore Giovanni, fondatore della Fiat: «Una cosa fatta bene può sempre essere fatta meglio». Andrea Agnelli, dodici anni fa, ha dato il via a un ciclo che rimarrà unico nella storia del calcio italiano: nove scudetti di fila, più altri nove trofei.

È bastato un anno senza un titolo per rendere feroce la fame di successo che ha ispirato una campagna acquisti che, per quanto sostenibile nei costi, ha ravvivato i sogni e le ambizioni: Pogba, Di Maria, Bremer, Kostic si sono aggiunti a Vlahovic, che in gennaio aveva anticipato l’estate. Cinque titolari ai quali probabilmente si aggiungeranno altre due pedine (un attaccante e un centrocampista) che completeranno una rosa cucita molto più su misura di Massimiliano Allegri. È lui il centro di gravità permanente fra recente passato e futuro da costruire, è lui nell’occhio del ciclone di attese e ambizioni, è lui che probabilmente gode di questa pressione che gli mette euforia. Lo sa benissimo che si gioca tantissimo e la cosa sembra proprio piacergli. Ma sa che nei cent’anni della Juventus degli Agnelli la costante, nei momenti alti e in quelli bassi, è sempre stato quell’understatement piemontese che ha caratterizzato la famiglia e il club. Lui che non parla inglese la chiama umiltà e spesso, anzi quasi sempre, è stata la chiave dei successi bianconeri.

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