Pagina 2 | Juventus al Max: le tre mosse di Allegri che hanno dato la svolta

TORINO - Cinque posizioni risalite, 5 punti in più di quelli fatti nelle nove precedenti giornate (18 contro 13), gli stessi 12 gol segnati ma 0 subiti contro 7. Vincendo, tra le altre, due scontri diretti e il derby. La trasformazione della Juventus nelle ultime sei giornate di campionato è degna di quella di Clark Kent in Superman.

Mentalità

L’11 ottobre ad Haifa, però, anche Calrk Kent in giacca, cravatta e occhiali sarebbe sembrato un supereroe rispetto alla Juve. E’ da quel «Dobbiamo vergognarci!» pronunciato davanti alle telecamere da Andrea Agnelli subito dopo la sconfitta con il Maccabi, abbinato alla perentoria conferma della fiducia in Allegri, che è iniziata la metamorfosi bianconera. Sviluppatasi durante i successivi giorni di ritiro: non punitivo, e lo dimostra la decisione di lasciar andare i giocatori a dormire a casa al rientro da Israele convocandoli alla Continassa dalla mattina dopo, ma focalizzato alla ricostruzione di autostima, unità di intenti, concentrazione e di una mentalità che non preveda rese come quella al Maccabi. La scelta ha responsabilizzato i giocatori e la metamorfosi è continuata con il cerchio in cui dal derby titolari e riserve hanno cominciato a stringersi prima e dopo ogni partita, comprese quelle perse con Benfica e Psg. Ma perse in tutt’altro modo che ad Haifa. Metamorfosi completata domenica sera contro la Lazio, quando la Juventus non solo ha lottato senza perdere mai concentrazione, ma ha mostrato per la prima volta personalità da grande squadra.

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Svolta 3-5-2

L’aspetto mentale non è stato però certo la sola causa della trasformazione bianconera. La svolta è stata anche tattica: sia dal punto di vista della maturità dei singoli e dunque della squadra, sempre più capaci di interpretare i momenti delle partite, sia dal punto di vista del modulo. Il passaggio al 3-5-2, utilizzato stabilmente a partire dal derby, ha risolto i problemi in difesa e in attacco senza penalizzare il centrocampo. In difesa, con la linea a quattro adottata inizialmente, la Juventus non è riuscita a colmare i vuoti lasciati da Chiellini e De Ligt, né a mascherare i segni del tempo sul rendimento di Bonucci. Bremer, pur positivo, era abituato a giocare a tre (e con una pressione diversa), Danilo in centrale si sta trasformando, Gatti deve adattarsi alla Serie A e a un top club, Rugani è un’utile alternativa. L’assetto a tre ha messo tutti maggiormente a proprio agio, compreso Alex Sandro da centrale di sinistra. Dal punto di vista offensivo, l’indisponibilità contemporanea di Chiesa e Di Maria aveva reso impraticabile la strada del 4-3-3: Cuadrado ha perso il guizzo per giocare attaccante, Kostic non lo ha mai avuto. Allegri aveva rimediato alla mancanza di incisività schierando due punte e arretrando il colombiano (anche terzino) e lo sloveno in un 4-4-2. Scelta che però lasciava due soli uomini in mezzo al campo, compromettendo la fluidità della manovra senza che i doppi esterni garantissero il dominio delle fasce. Il passaggio al 3-5-2 ha permesso di mantenere le due punte, ma senza rinunciare a un centrocampista, a tutto vantaggio della circolazione di palla (aiutata anche dai tre centrali difensivi). Sulle fasce Cuadrado e Kostic non hanno l’incisività e la varietà di soluzioni negli ultimi 30 metri richieste in un 4-3-3, ma garantiscono comunque ampiezza, cross in quantità e copertura della propria corsia da un’area all’altra.

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La scoperta di Fagioli

La svolta tattica ha funzionato anche perché è stata accompagnata da una svolta tecnica, ovvero l’inserimento di un giocatore di maggiore qualità e visione di gioco in mezzo al campo: Nicolò Fagioli. Già le ottime prove e l’impatto importante di Fabio Miretti all’inizio della stagione avevano mostrato come la Juventus, priva di Pogba e con Paredes in rodaggio, avesse bisogno a centrocampo di un giocatore di qualità, capace di verticalizzare e farsi trovare tra le linee. Tra il numero incredibile di indisponibili e la ricerca dell’assetto migliore da parte di Allegri, l’Italian Golden Boy 2022 è stato un jolly prezioso da mezzala come da trequartista, anche alle spalle di un’unica punta, ma senza trovare una collocazione definitiva. Fagioli invece, grazie anche all’infortunio di McKennie, è entrato in squadra proprio quando il tecnico aveva trovato la soluzione del 3-5-2 e lo ha fatto in uno stato di forma psicofisica splendida, esaltata dal gran gol di Lecce subito bissato contro l’Inter. La sua fantasia, la sua tecnica, la sua visione di gioco e anche le sue capacità balistiche si sono dimostrate perfettamente complementari alle qualità di Rabiot e Locatelli: il salto di qualità del francese, da giocatore fondamentale per l’equilibrio a centrocampista totale, e la crescita dell’azzurro, hanno fatto il resto. E, a proposito di crescita, guai a scordarsi di Kean, quattro gol nelle ultime tre partite giocate, tutte sbloccate da lui.

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Svolta 3-5-2

L’aspetto mentale non è stato però certo la sola causa della trasformazione bianconera. La svolta è stata anche tattica: sia dal punto di vista della maturità dei singoli e dunque della squadra, sempre più capaci di interpretare i momenti delle partite, sia dal punto di vista del modulo. Il passaggio al 3-5-2, utilizzato stabilmente a partire dal derby, ha risolto i problemi in difesa e in attacco senza penalizzare il centrocampo. In difesa, con la linea a quattro adottata inizialmente, la Juventus non è riuscita a colmare i vuoti lasciati da Chiellini e De Ligt, né a mascherare i segni del tempo sul rendimento di Bonucci. Bremer, pur positivo, era abituato a giocare a tre (e con una pressione diversa), Danilo in centrale si sta trasformando, Gatti deve adattarsi alla Serie A e a un top club, Rugani è un’utile alternativa. L’assetto a tre ha messo tutti maggiormente a proprio agio, compreso Alex Sandro da centrale di sinistra. Dal punto di vista offensivo, l’indisponibilità contemporanea di Chiesa e Di Maria aveva reso impraticabile la strada del 4-3-3: Cuadrado ha perso il guizzo per giocare attaccante, Kostic non lo ha mai avuto. Allegri aveva rimediato alla mancanza di incisività schierando due punte e arretrando il colombiano (anche terzino) e lo sloveno in un 4-4-2. Scelta che però lasciava due soli uomini in mezzo al campo, compromettendo la fluidità della manovra senza che i doppi esterni garantissero il dominio delle fasce. Il passaggio al 3-5-2 ha permesso di mantenere le due punte, ma senza rinunciare a un centrocampista, a tutto vantaggio della circolazione di palla (aiutata anche dai tre centrali difensivi). Sulle fasce Cuadrado e Kostic non hanno l’incisività e la varietà di soluzioni negli ultimi 30 metri richieste in un 4-3-3, ma garantiscono comunque ampiezza, cross in quantità e copertura della propria corsia da un’area all’altra.

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