Juventus, Brambilla: "Iling così forte ha sorpreso anche me"

L’allenatore della Next Gen: "Samuel ha tecnica e fisico, ma soprattutto è già pronto di testa. Come Soulé: che umiltà!"
Samuel Iling-Junior© www.imagephotoagency.it

VINOVO - La città di Torino l’aveva già vissuta da calciatore, tanto tempo fa, sulla sponda granata del Po. La Juventus, invece, l’ha incontrata per la prima volta quest’estate, dopo aver vinto tutto da tecnico del vivaio dell’Atalanta. Massimo Brambilla, sulla panchina della Next Gen, si è ora caricato sulle spalle il delicato compito di far sbocciare i nuovi talenti bianconeri. I risultati gli stanno strizzando l’occhio, le promozioni tra i grandi – da Iling in poi – anche. «E infatti il primo bilancio di è largamente positivo: mi sono subito trovato a mio agio con il direttore Manna, con lo staff e con i ragazzi», la premessa dell’ex centrocampista, campione d’Europa con l’Italia Under 21 nel 1996.   

Massimo Brambilla, quanto ha impiegato in estate a dire di sì alla Juventus? 

«L’intenzione di intraprendere una nuova esperienza l’avevo maturata già da un po’, l’Atalanta ne era al corrente. Avevo ricevuto diverse proposte da prime squadre, ma quando hanno chiamato i bianconeri non ci ho pensato un solo attimo».

Si parla tanto dell’importanza della Next Gen nel percorso di crescita dei giovani: vale lo stesso anche per la figura del tecnico?

«Dopo cinque anni in Primavera, questa panchina rappresenta una tappa ideale: un campionato giovanile non è paragonabile alla Serie C, passaggio strategico per iniziare a comprendere le dinamiche degli adulti. Vale per i ragazzi, ma anche per me». 

 Ora che sta vivendo la realtà dall’interno: la seconda squadra rappresenta davvero uno step fondamentale? 

 «In Primavera ci sono tanti giovani bravi, che però devono ancora crescere tanto. Quello che avviene in Next Gen, dove impari a confrontarti con veterani che ogni domenica si giocano la vita. Ci si deve adattare, ovviamente, ma qui ci sono il tempo e il modo per farlo»

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Quali vantaggi comporta questo percorso rispetto alla più classica via del prestito?

 «Innanzitutto si resta all’interno del proprio club: questo tipo di continuità incide. La seconda squadra, inoltre, ti fa anticipare di un anno almeno il percorso di crescita: quella stagione che altrove affronti da fuori quota della Primavera, qui la vivi già tra i professionisti».

Un’eventuale promozione in Serie B cambierebbe il senso di questo progetto?

«Sinceramente non mi pongo la domanda: l’obiettivo è disputare un buon campionato, ma la priorità resta quella di far crescere i singoli giocatori, pur in un contesto in cui i risultati e la classifica hanno un peso. Far capire a un giovane l’importanza della vittoria è uno dei passi nel percorso di crescita».

C’è stato un episodio o una frase, in questi mesi, che le ha fatto comprendere di essere davvero approdato alla Juventus? 

«Mi è bastato entrare per la prima volta a Vinovo, in realtà: le strutture e l’organizzazione sono impressionanti. Si tratta di una seconda squadra che, però, è vissuta a tutti gli effetti con il livello di professionalità della prima».

Venendo al campo, avete una striscia aperta di cinque successi di fila: qual è l’ingrediente principale della ricetta?

«L’unico ingrediente che conta davvero è il lavoro in settimana. In avvio non abbiamo avuto risultati eccellenti, ma un periodo di adattamento è fisiologico per i tanti ragazzi appena usciti dalla Primavera».

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Dopo sette giornate arrancavate in zona playout: ha dubitato anche solo per un attimo della scelta compiuta?

«No, mai. Mi trovo in una società di alto livello e sono convinto che questa sia stata la decisione migliore. Anche a fronte di qualche sconfitta, con lo staff ci siamo focalizzati sulle prestazioni e abbiamo visto che i ragazzi stavano comunque crescendo. Mancavano semplicemente quei piccoli passi che stanno compiendo ora, grazie all’esperienza maturata di gara in gara».

Insomma: vi siete meritati il palcoscenico dello Stadium, domenica contro il Mantova, no? 

«Sarà una grande esperienza, per i giocatori dev’essere uno stimolo. Ma, al contempo, la partita andrà approcciata come tutte le altre, con serenità e senza eccessive pressioni».

Può essere un messaggio per i giocatori, come a dire: la prima squadra è lì dietro l’angolo?

«Certo, anche se loro lo sanno già. Le porte sono sempre aperte, lo dimostrano le ultime stagioni e anche il fatto che spesso vengano chiamati alla Continassa per allenarsi in mezzo ai campioni. Ai miei ragazzi chiederò solo di scendere in campo con la gioia nel cuore».   

Questo continuo sali e scendi tra squadre, però, le crea qualche problema nella gestione del gruppo in settimana?

«Ormai è la normalità e, grazie all’organizzazione societaria, non pesa. L’aspetto più importante è che, quando scendono al piano di sotto, i ragazzi lo fanno sempre con la mentalità giusta. Il lavoro, poi, è condiviso alla perfezione tra tutte le componenti».

Ci sveli qualche segreto delle sue interazioni con Allegri: le ha chiesto qualcosa, magari a livello di modulo da utilizzare?

«In estate mi ha subito detto di non aver alcun vincolo in proposito, abbiamo facoltà di disegnare la squadra sulla base degli elementi a disposizione. Ogni tanto lo staff della prima squadra ci chiede un parere, ma in realtà seguono tutte le gare e conoscono alla perfezione ogni giocatore. Noi abbiamo solo il compito di mettere i ragazzi nelle condizioni migliori per cogliere le occasioni».

E lo stesso avviene con Montero per quanto riguarda l’Under 19?

 «Sì, seguiamo dal vivo tutte le partite casalinghe della Primavera e le trasferte in televisione. Non abbiamo ancora avuto la necessità di attingere da loro, ma all’occorrenza siamo preparati». 

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I recenti risultati positivi comprendono anche la cavalcata in Coppa Italia: è un obiettivo concreto?

«Finora abbiamo interpretato la competizione al pari del campionato, con l’obiettivo di vincere per avere più gare a disposizione in cui ruotare e dare minutaggio ai ragazzi. Poi, certo, ora siamo ai quarti di finale: più ti avvicini al traguardo e più fai la bocca buona al risultato».

Meno di un mese fa, Barbieri e Barrenechea hanno sfidato Messi e Mbappé in Champions League: come ha vissuto quel finale di partita contro il Psg? 

 «Gli esordi in prima squadra fanno sempre la felicità di tutto l’ambiente, ma il mio unico aiuto consiste nel far tenere i piedi per terra ai ragazzi coinvolti. Se arrivano fino a lì è perché hanno qualità, devono ringraziare solo loro stessi. Noi cerchiamo di accompagnarli, facendo attenzione soprattutto all’aspetto mentale».

L’ha sorpresa l’impatto di Iling tra Champions League a Lisbona e Serie A a Lecce?

«Samuel lo scorso anno era in Primavera, ma anche nelle prime gare di questa stagione non ha patito il salto tra i professionisti. Ha qualità e fisico, ma soprattutto è già arrivato a livello di testa. Che poi potesse fin da subito incidere così, secondo me, non se lo aspettava nessuno. Ma questo dimostra che ci abbiamo visto giusto e, soprattutto, che ci aveva visto lungo la Juventus quando l’aveva preso».

Nelle ultime due partite ha avuto a disposizione Soulé: che ragazzo si è trovato di fronte?

«La decisione è stata presa da Allegri al fine di concedergli minuti e noi siamo stati ben contenti di accoglierlo: è cresciuto questo gruppo, quindi non ha avuto bisogno di inserirsi. Le sue qualità tecniche sono evidenti, ma parlando con lui è emersa anche tutta l’umiltà del ragazzo».

Dalla Next Gen alla prima squadra: chi sarà il prossimo?

«Tanti hanno il potenziale per compiere il salto, ma bisogna procedere un passo alla volta: anche quelli più avanti nel percorso ora hanno bisogno di fare bene innazitutto in Serie C».

Testa, fisico, tecnica: cosa conta di più nel momento in cui si effettua il passaggio dal vivaio alla seconda squadra?

«Senza dubbio la testa: solo chi è già maturo a livello mentale riesce poi a sfruttare tutto il potenziale di cui dispone». 

 A Natale manca ancora un mesetto, ma quale regalo vorrebbe trovare sotto l’albero?

 «Quello che più mi piace è l’ambiente sereno in cui stiamo lavorando con i ragazzi: chiedo soltanto di mantenere questo clima, il resto verrà da sé». 

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VINOVO - La città di Torino l’aveva già vissuta da calciatore, tanto tempo fa, sulla sponda granata del Po. La Juventus, invece, l’ha incontrata per la prima volta quest’estate, dopo aver vinto tutto da tecnico del vivaio dell’Atalanta. Massimo Brambilla, sulla panchina della Next Gen, si è ora caricato sulle spalle il delicato compito di far sbocciare i nuovi talenti bianconeri. I risultati gli stanno strizzando l’occhio, le promozioni tra i grandi – da Iling in poi – anche. «E infatti il primo bilancio di è largamente positivo: mi sono subito trovato a mio agio con il direttore Manna, con lo staff e con i ragazzi», la premessa dell’ex centrocampista, campione d’Europa con l’Italia Under 21 nel 1996.   

Massimo Brambilla, quanto ha impiegato in estate a dire di sì alla Juventus? 

«L’intenzione di intraprendere una nuova esperienza l’avevo maturata già da un po’, l’Atalanta ne era al corrente. Avevo ricevuto diverse proposte da prime squadre, ma quando hanno chiamato i bianconeri non ci ho pensato un solo attimo».

Si parla tanto dell’importanza della Next Gen nel percorso di crescita dei giovani: vale lo stesso anche per la figura del tecnico?

«Dopo cinque anni in Primavera, questa panchina rappresenta una tappa ideale: un campionato giovanile non è paragonabile alla Serie C, passaggio strategico per iniziare a comprendere le dinamiche degli adulti. Vale per i ragazzi, ma anche per me». 

 Ora che sta vivendo la realtà dall’interno: la seconda squadra rappresenta davvero uno step fondamentale? 

 «In Primavera ci sono tanti giovani bravi, che però devono ancora crescere tanto. Quello che avviene in Next Gen, dove impari a confrontarti con veterani che ogni domenica si giocano la vita. Ci si deve adattare, ovviamente, ma qui ci sono il tempo e il modo per farlo»

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