Pagina 2 | Gianni Agnelli e il Dna della Juventus: il supertifoso a cui ispirarsi

Negli ultimi cento anni, tutti gli Agnelli hanno contribuito alla creazione della juventinità, intesa come filosofia di vita sportiva e tifosa. Il peso specifico di Gianni Agnelli, quindi, non può essere considerato superiore agli altri, ma è indubbio che la sua impronta sul DNA del club resta una delle più visibili per il modo in cui l’ha impressa e le circostanze mediatiche che ne hanno accompagnato la vita. Questione di carattere e cifra comunicativa, di tempi e tempismo, fors’anche di un pizzico di vanità, fatto sta che l’Avvocato ha dato alla Juventus una parte del suo carattere e, soprattutto, ha stabilito un modello per amarla che, ancora oggi, è un punto di riferimento per molti tifosi, nonostante il tifoso Gianni Agnelli resti indecifrabile. O magari proprio perché lo è, indecifrabile.  

Agnelli stregato dall’ungherese Hirzer

Gianni Agnelli si è innamorato della Juventus a 5 anni, grazie a Hirzer, fenomenale giocatore ungherese della Juventus del secondo scudetto, datato 1925. Il piccolo Gianni rimane stregato dalla velocità dell’ala che si stava allenando al campo di Corso Marsiglia, dove l’aveva portato il papà Edoardo. E questa, in fondo, è un’epifania del tutto simile a milioni di altri tifosi (juventini e non), che hanno iniziato il loro percorso di appassionati di una squadra grazie a un colpo di fulmine per un campione, non necessariamente il più forte della squadra, ma con un dettaglio magico in grado di colpire la fantasia. Ma l’Avvocato non sarà mai come un qualsiasi altro tifoso. Ed è proprio questa doppia natura a renderlo indecifrabile e affascinante.

Agnelli e i tifosi della Juventus

Il tifoso della Juventus percepisce il riverbero degli stessi sentimenti generati dalla squadra: dal dispiacere per una sconfitta alla gioia incontenibile per una vittoria, dalla stizza per un colpo sbagliato all’euforica eccitazione che induce una giocata geniale. Da una parte, insomma, Gianni Agnelli è chiaramente uno di loro, ma nello stesso tempo Gianni Agnelli è la persona più lontana da loro, per fatti ineluttabilmente concreti ma anche per la percezione che si ha di lui, mediata dalla narrazione epica di ogni sua azione. Agnelli per un lungo periodo è il più grande industriale italiano e l’italiano più famoso del mondo, ma anche quando è ospite alla casa bianca cerca un telefono per sapere cosa ha fatto la Juve, come un operaio in giro con la moglie, ma con la radiolina all’orecchio.  

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quella frase su Platini…

L’Avvocato, dunque, è il supertifoso, quello a cui ispirarsi. E in qualche modo accade proprio così. Per esempio, si può dire che, in qualche modo, sia lui a definire il lato più esigente del tifoso juventino: perché gode delle vittorie, ma vuole divertirsi e, soprattutto, per lui non ci sono intoccabili. La sua ironia non risparmia nessuno, per primi i giocatori e gli allenatori bianconeri. Quando nel 1982 dice: «Non ho preso Platini per vedere il gioco che passa da Furino», finisce per criticare un allenatore come Trapattoni, che aveva già vinto tantissimo e un giocatore icona come Furino, all’epoca capitano. Sempre in quel periodo, taglia in due Zibì Boniek con una definizione che rimane appiccicata al polacco per sempre: «Bello di notte», gli dice, riferendosi alla sua bravura nelle partite di Coppa, le uniche all’epoca a disputarsi in serale.

Baggio ‘coniglio bagnato’

Aldo Serena è «forte dalla cintola in su». A Roberto Baggio, ai tempi del Mondiale americano, viene cucito addosso il più caustico dei soprannomi: «Mi è sembrato un coniglio bagnato». Del Piero, la cui ripresa dall’infortunio del 1998 procedeva a rilento, diventa Godot, come il personaggio della commedia di Samuel Beckett che non arriva mai. Mette in discussione chiunque, non regala pazienza a nessuno. Neppure a Zinedine Zidane, acquistato nel 1996, su consiglio del suo eterno amico Michel Platini (l’Avvocato voleva, invece, Dugarry). Nei suoi primi mesi bianconeri Zizou stenta e Agnelli non esita a stroncarlo, con il sorriso sulle labbra come sempre: «Il mio amico Platini mi ha tirato una fregatura». Poi Zidane esplode, l’Avvocato applaude goduto il suo genio, ma non gli risparmia alla fine una discreta rasoiata: «È più divertente che utile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La critica e l’ironia

Gianni Agnelli, insomma, getta il seme della visione critica, a volte ipercritica, nel tifo bianconero. E come se insegnasse a milioni di juventini che non c’è eresia nel prendersela con uno dei tuoi. Come questo seme sia cresciuto nel corso dei decenni può essere discutibile, anche perché non tutti godono di quel tipo di ironia, tuttavia quel tratto del carattere juventino è senza dubbio frutto di un imprinting avvocatesco.  Ma non c’è solo la critica. La Juventus è anche l’unico amore a cui Agnelli resta fedelissimo e forse uno dei pochi che riesce a fargli compiere autentiche follie per andare da lei. La presenza in tribuna, spesso anche in trasferta, combinando gli impegni derivanti dall’essere il più importante industriale italiano, è un gesto di amore profondo, anche qui esemplare, come dire: la Juve si onora. Così come l’ironia - sempre quella! - con la quale amava sferzare gli avversari, con uno snobismo che voleva quasi marcare la nobiltà calcistica della Juventus, quella nobiltà che scolpisce un altro tratto del tifoso bianconero: ovvero la sensazione, giusta o sbagliata che sia, di avere qualcosa di differente a caratterizzarli, la versione calcistica del sangue blu o, in questo caso, sangue bianconero.

Il codice Agnelli

Gianni Agnelli, o meglio il modo di essere tifoso di Gianni Agnelli è diventato quasi un codice comportamentale che ha influenzato molto il popolo juventino, fino quasi a poter affermare che se uno juventino è come è adesso lo deve anche a lui, quasi ci fosse un legame genetico. D’altronde è indiscutibile che molte sequenze del DNA bianconero siano le sue e si tramandino anche alle generazioni che lo hanno recuperato su Youtube o Wikipedia. Ma, in fondo, non è così per moltissimi club che hanno avuto presidenti o proprietari iconici e leggendari? Sì, ma non del tutto. L’unicità della Juventus e, quindi, della juventinità è di aver avuto la stessa proprietà per cento anni su centoventicinque di storia. Non solo, la proprietà di una famiglia che ha sempre ritenuto il club qualcosa di sacro, con tradizioni così inviolabili da essere diventati riti, riti laici certo, ma sempre riti (basti pensare a Villar Perosa) che nessun altro club al mondo può vantare. E, in fondo, anche l’Avvocato ce l’ha avuto solo la Juventus.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Quella frase su Platini…

L’Avvocato, dunque, è il supertifoso, quello a cui ispirarsi. E in qualche modo accade proprio così. Per esempio, si può dire che, in qualche modo, sia lui a definire il lato più esigente del tifoso juventino: perché gode delle vittorie, ma vuole divertirsi e, soprattutto, per lui non ci sono intoccabili. La sua ironia non risparmia nessuno, per primi i giocatori e gli allenatori bianconeri. Quando nel 1982 dice: «Non ho preso Platini per vedere il gioco che passa da Furino», finisce per criticare un allenatore come Trapattoni, che aveva già vinto tantissimo e un giocatore icona come Furino, all’epoca capitano. Sempre in quel periodo, taglia in due Zibì Boniek con una definizione che rimane appiccicata al polacco per sempre: «Bello di notte», gli dice, riferendosi alla sua bravura nelle partite di Coppa, le uniche all’epoca a disputarsi in serale.

Baggio ‘coniglio bagnato’

Aldo Serena è «forte dalla cintola in su». A Roberto Baggio, ai tempi del Mondiale americano, viene cucito addosso il più caustico dei soprannomi: «Mi è sembrato un coniglio bagnato». Del Piero, la cui ripresa dall’infortunio del 1998 procedeva a rilento, diventa Godot, come il personaggio della commedia di Samuel Beckett che non arriva mai. Mette in discussione chiunque, non regala pazienza a nessuno. Neppure a Zinedine Zidane, acquistato nel 1996, su consiglio del suo eterno amico Michel Platini (l’Avvocato voleva, invece, Dugarry). Nei suoi primi mesi bianconeri Zizou stenta e Agnelli non esita a stroncarlo, con il sorriso sulle labbra come sempre: «Il mio amico Platini mi ha tirato una fregatura». Poi Zidane esplode, l’Avvocato applaude goduto il suo genio, ma non gli risparmia alla fine una discreta rasoiata: «È più divertente che utile».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...