Pagina 3 | "Rischiamo di schiantarci". La frase di Agnelli: la verità

TORINO - Chissà se i pm che hanno messo in piedi l’operazione Prisma sapevano che, a quella “riunione riservata” Luca Percassi non partecipava come vicepresidente in pectore della Lega di Serie A, oltre che come amministratore delegato dell’Atalanta? O che Beppe Marotta era, nello specifico, nelle vesti di Consigliere Federale più che di amministratore delegato dell’Inter. E che i ruoli di Gabriele Gravina e di Paolo Dal Pino erano quelli istituzionali di presidente federale e di presidente della Lega di Serie A. A questi dirigenti vanno aggiunti l’allora presidente del Genoa Enrico Preziosi (peraltro accompagnati dai rappresentati del fondo che avrebbe poi rilevato il club), il presidente del Milan Paolo Scaroni, il vice-presidente dell’Udinese Stefano Campoccia e l’ad del Bologna Claudio Fenucci. Tutti presenti a una riunione riservata, il 23 settembre del 2021, a casa della mamma di Andrea Agnelli nella tenuta della Mandria alle porte di Torino. Sì, perché tramite l’utenza dell’ex presidente bianconero venivano monitorati anche i movimenti della persone a lui vicine. E, così, quell’episodio è stato diffuso per avvalorare la tesi dei rapporti privilegiati tra alcuni club: una delle tesi accusatorie portate avanti del pm.

Solo che sarebbe bastato leggere i giornali sportivi dell’epoca per saper che in quel periodo erano in corso molte riunioni di quel tipo, e nemmeno tanto carbonare, perché si stava discutendo dell’ingresso dei fondi di investimento (di cui l’allora presidente Paolo Dal Pino era una grande propugnatore) nella Lega di Serie A. E, come sempre accade nelle vicende che guardano la Lega Calcio (ah, se si mettessero le microspie in quelle riunioni...) si confrontavano diversi fronti e svariate scuole di pensiero. Con ogni capofila che cercava di potare dalla propria parte la maggior parte dei club per avere la maggioranza sin sede di assemblea, come da sempre accade in Lega. E’ un peccato, per usare un eufemismo, che anche le intercettazioni tra Agnelli e Percassi successive a quella riunione siano state utilizzate per avvalorare una tesi accusatoria con queste farsi del dirigente bianconero rivolte a quello bergamasco: “Spero solo che da ieri sera (…) la presenza di Gabriele e Paolo era utile (…) spero che nasca qualcosa perché se no non so cosa fare, ne abbiam parlato io e te quando ci siamo visti qua in ufficio da me”, spiega l’ex presidente della Juventus mentre è intercettato dagli uomini della Guardia di Finanza. “Adesso bisogna che quest’elemento qua sia foriero di qualcosa di utile perché se no ci schiantiamo pian pianino (…)”.

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"Lo schianto" non riguarda i bilanci della Juve

Ecco: “lo schianto” - almeno questa volta - non riguarda minimamente i bilanci del club bianconero bensì la salute del calcio italiano che non e la passava bene allora e se possibile, se la passa perfino peggio ora. Perché, ovviamente, nè sui fondi di investimento nè sul resto si è giunti a un accordo in Lega e il distacco agli altri tornei europei ha continuato ad aumentare. Casomai, e di nuovo non c’entra nulla con l’indagine in questione, si potrebbe ricordare che la Juventus si irrigidì circa l’ingresso ai fondi perché non volle che fossero inserite clausole anti Superlega: una posizione che irritò molto il presidente Dal Pino (e che lo spinse a presentare da lì a poco le proprie dimissioni) e che confermava come il dirigente juventino tenesse al progetto europeo. Anche gli interrogatori di coloro che hanno partecipato a quell’incontro hanno confermato come il tema fosse di carattere generale “sui problemi del calcio”, a cominciare da Gravina, e così ci si potrebbe chiedere perché vengano inserite nel calderone se non per creare il famoso “clima”.

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Diverso è il tema del filone delle false fatturazioni agli agenti di calciatori

Diverso è il tema dell’altro filone, quello delle false fatturazioni agli agenti di calciatori (per un totale di 8 milioni secondo i pm per una dozzina di agenti) per cui, peraltro, gli stessi inquirenti spiegano come non si tratti di reati fiscali, ma esprimono il “modus operandi di caricare o sistemare l’agente su operazioni scariche nonché di ulteriori profili di opacità”. C’è, per esempio, ua telefonata di Davide Lippi a Paratici: “Tu lo sai che cosa c’ho pendente ancora in ballo? C’ho ancora 450 mila euro per aria di due anni fa! Devo sistemare quelli e Giorgio lo sa!”. Si sfogava così Davide Lippi con l’ex direttore sportivo Fabio Paratici”. I pm contesteranno fatture inesistenti, trovando conferme anche da dirigenti convocati come testi: «mandati artificiali, fatti ad hoc per sanare esposizioni precedenti con gli agenti? So di questa pratica - aveva ammesso Federico Cherubini - Capita in tutte le società di calcio: agenti non registrati si appoggiano ad altri».

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Diverso è il tema del filone delle false fatturazioni agli agenti di calciatori

Diverso è il tema dell’altro filone, quello delle false fatturazioni agli agenti di calciatori (per un totale di 8 milioni secondo i pm per una dozzina di agenti) per cui, peraltro, gli stessi inquirenti spiegano come non si tratti di reati fiscali, ma esprimono il “modus operandi di caricare o sistemare l’agente su operazioni scariche nonché di ulteriori profili di opacità”. C’è, per esempio, ua telefonata di Davide Lippi a Paratici: “Tu lo sai che cosa c’ho pendente ancora in ballo? C’ho ancora 450 mila euro per aria di due anni fa! Devo sistemare quelli e Giorgio lo sa!”. Si sfogava così Davide Lippi con l’ex direttore sportivo Fabio Paratici”. I pm contesteranno fatture inesistenti, trovando conferme anche da dirigenti convocati come testi: «mandati artificiali, fatti ad hoc per sanare esposizioni precedenti con gli agenti? So di questa pratica - aveva ammesso Federico Cherubini - Capita in tutte le società di calcio: agenti non registrati si appoggiano ad altri».

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