Juve, un diluvio di intercettazioni: a livello penale fanno acqua!

Gli stralci di telefonate emersi nelle ultime ore servono “ad colorandum” per influenzare l’opinione pubblica

TORINO - La locuzione risulterà familiare soltanto a chi mastichi almeno sommariamente il “legalese”, ma è quella che meglio inquadra il diluvio di intercettazioni – o, meglio, di stralci, spezzoni, coriandoli di intercettazioni – che si sta abbattendo sulla Continassa nelle ultime ore. Ed è “ad colorandum”. Letteralmente: si dice di argomentazione che non muta i termini di una controversia, ma che può risultare d’effetto. Per aizzare, ingigantire, infuocare. Ecco: le intercettazioni uscite in questi giorni rientrano nel recinto degli elementi che possono tutt’al più essere utilizzati – dal vecchietto al tavolino del bar, dai media, dalla Procura – “ad colorandum”. E questo risponde a uno dei principali quesiti del momento: che peso può avere la sbobinatura delle telefonate registrate che stanno sbucando a destra e a manca? Molta, se si tratta di indirizzare l’opinione pubblica. Ma, al contrario, nessuna se si parla di risvolti penali. Ecco perché.

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«Non c’è solo il Covid, abbiamo ingolfato la macchina con tutta la merda che sta sotto e che non si può dire». (Andrea Agnelli)

«Dobbiamo sistemare tutta la merda che ci ha lasciato lui (riferito a Paratici, ndr)». (Marco Storari)

Questi estratti lasciano presupporre ci siano delle situazioni che, chi parla, interpreta come torbide e che intende tenere nascoste. Ma, evidentemente, non risulta alcun riferimento diretto che possa aiutare a fare chiarezza sulle suddette entità. In maniera del tutto utopica, dunque, occorrerebbe dimostrare quello che aveva in testa chi parlava nell’esatto momento in cui proferiva le affermazioni per poter dare valore a queste intercettazioni. Un valore, in ogni caso, del tutto relativo. E questo perché, dal falso in bilancio alla falsa comunicazione sociale, gli eventuali reati sarebbero tutti di natura amministrativa. E, dunque, ne potrebbero rispondere unicamente gli amministratori deputati a redigere, per esempio, i bilanci stessi. Questo tipo di “delitto”, per usare un linguaggio giuridico, presuppone un elemento oggettivo, di forma, ma anche uno soggettivo. Ovvero il dolo, l’intenzione nel commetterlo. Di conseguenza, dunque, l’eventuale intenzione di commetterlo da parte di terze persone – che non siano gli amministratori stessi, appunto – non ha peso alcuno.

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«A marzo si parlava di fare 300 milioni di plusvalenze: la sera tornavo a casa e mi veniva voglia di vomitare». (Federico Cherubini)

«Nell’area sportiva si sono allargati, facendo eccessivo ricorso allo strumento delle plusvalenze». (Andrea Agnelli)

Il discorso delle plusvalenze non è certo nuovo nel calcio, con il più recente dei processi che in primavera ha portato al proscioglimento di undici società indagate. E questo, innanzitutto, per l’ovvia impossibilità di decretare il valore oggettivo di un dato calciatore in un dato momento. Qui la questione, dall’ambito penale, scivola tutt’al più a quello morale, nel quale ognuno è libero di giudicare l’operato – quello della pressoché totalità dei club, in tema di plusvalenze – secondo i propri parametri personali.

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«È meglio che non ci fosse quel carteggio. E ancora grazie che Ronaldo non ha fatto dei pizzini pericolosi». (Stefano Cerrato)

«Hanno fatto uno scambio e, te la dico tutta, meglio non ci fosse quel carteggio». (Cesare Gabasio)

Proprio come per la “merda” cui si faceva riferimento in altri estratti, la menzione di eventuali carteggi o il sollievo per il fatto che non ve ne siano è sostanzialmente priva di rilevanza. Le parole non certificano il fatto che esistano documenti, che invece – va da sé – andrebbero trovati per assumere valore. E, allo stesso modo, frasi che accennano a uno scampato pericolo rientrano al più tra quelle che possono essere valutate da un punto di vista meramente morale. Queste intercettazioni, al limite, solleticano l’interesse e la curiosità dell’opinione pubblica: “ad colorandum”, appunto.

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«La Juventus è quotata in Borsa, vuoi che succeda il finimondo per due stipendi?». (Fabio Paratici)

Il filone legato alla “manovra stipendi” apre un altro capitolo delle intercettazioni. Anche in questo frangente, come accennato prima, molto ruota intorno alla consapevolezza della frode da parte degli amministratori deputati a redigere i bilanci, cosa che certo non può essere dimostrata attraverso qualche mezza frase pronunciata da terzi. L’eventuale reato, inoltre, si configura di tipo puramente formale: un conto è inserire le mensilità rinviate in un bilancio successivo, magari per via di un pagamento vincolato al realizzarsi di determinati eventi (la ripresa del campionato o la cessione del calciatore, per esempio), un altro sarebbe – per esempio – pagarle in nero. Dalla forma, in quel caso sì, si passerebbe alla sostanza. Sanzioni severe agli amministratori, in ogni caso, sarebbero comminate soltanto a fronte di una successiva bancarotta con conseguente insolvenza da parte dell’azienda, scenario che evidentemente non si è concretizzato.

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«Tanto la Consob la supercazzoliamo». (Stefano Cerrato)

«La situazione è davvero delicata, in 15 anni faccio un solo paragone: Calciopoli. Lì c’era tutto il mondo che ci tirava contro, questa invece ce la siamo creata noi». (Stefano Bertola)

Come inevitabile, in argomento di intercettazioni, anche il contesto gioca la propria parte. Citare Calciopoli o parlare di “supercazzolare” la Consob concorre a creare sdegno e scalpore, ma sempre “ad colorandum”. Il fatto che le frasi siano estratte da una situazione informale, invece, dovrebbe all’opposto indurre a ridimensionarne il peso. Tra amici al tavolino di un bar, tanto per fare un esempio, non è poi così inconsueto definire magari un conoscente come “peggio di Hitler”, senza che questo lo qualifichi per forza, nella realtà dei fatti, come una delle persone più malvagie sulla faccia della terra.

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«L’operazione la faccio io, tu devi solo darmi le linee e la metto a posto io: se va tutto bene, troppi soldi per tutti». (Fabio Paratici)

A proposito di contesto, non incidono soltanto i luoghi e gli interlocutori. Contano, per esempio, anche i tempi. Nel grande calderone delle intercettazioni apparse nelle ultime ore, infatti, trova per esempio posto anche una frase pronunciata da Paratici a proposito di un’operazione con il Pisa. Paratici in quel momento, però, tesserato del Tottenham e non più della Juventus.

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TORINO - La locuzione risulterà familiare soltanto a chi mastichi almeno sommariamente il “legalese”, ma è quella che meglio inquadra il diluvio di intercettazioni – o, meglio, di stralci, spezzoni, coriandoli di intercettazioni – che si sta abbattendo sulla Continassa nelle ultime ore. Ed è “ad colorandum”. Letteralmente: si dice di argomentazione che non muta i termini di una controversia, ma che può risultare d’effetto. Per aizzare, ingigantire, infuocare. Ecco: le intercettazioni uscite in questi giorni rientrano nel recinto degli elementi che possono tutt’al più essere utilizzati – dal vecchietto al tavolino del bar, dai media, dalla Procura – “ad colorandum”. E questo risponde a uno dei principali quesiti del momento: che peso può avere la sbobinatura delle telefonate registrate che stanno sbucando a destra e a manca? Molta, se si tratta di indirizzare l’opinione pubblica. Ma, al contrario, nessuna se si parla di risvolti penali. Ecco perché.

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