Una condanna gestionale che non va confusa con l’ammissione di colpa
E nella nuova dirigenza sono pesanti le autocritiche dei dirigenti juventini sulle abitudini del recente passato, così come colorite le descrizioni della situazione economico-finanziaria ereditata. Come quando, riportano le carte, l’attuale ds Cherubini (che non risulta tra gli indagati) si sfoga in questi termini: «In due anni hai buttato tutto alle ortiche: 700 milioni messi dagli azionisti. Hai messo tutto a rischio. Perché un giorno hai deciso mandare via due persone che probabilmente era giusto mantenere […] Siamo stati arroganti sul mercato. E con Ronaldo si è innescato il nostro circolo vizioso, perché i soldi di Pogba li abbiamo spesi per pagare due clausole. Noi alle prime riunioni di marzo si parlava di fare 300 milioni di quelle eh. Ti giuro che tornavo a casa e mi veniva da vomitare». Oppure, sempre il ds: «Come siamo arrivati fin qui? Acquisti senza senso, investimenti fuori portata, utilizzo eccessivo di plusvalenze artificiali. Negli ultimi anni è anche un po’ colpa nostra». Autocritica sulla gestione che si è avvitata sul tentativo di inseguire non tanto la fatidica Champions, ma l’ultimo gradino della scala dei club, quello dei Real e delle big inglesi. Un «fuorigiri» costato caro in termini finanziari e che ora ha un risvolto giudiziario. Non è detto che quelle condotte siano reati (anzi, proprio sulle plusvalenze ci sono già state assoluzioni piene), così come non è detto che portino conseguenze penali o sportive, ma una condanna l’hanno già avuta: dalla Juventus stessa. Una condanna gestionale, che non va confusa con l’ammissione di colpa. Sbagliare strategia non significa commettere un illecito.