Pagina 2 | Juventus, errori gestionali e malgoverno ma c’era già chi invertiva la rotta

TORINO - «In ambito calcistico, con plusvalenza si indica la differenza positiva che intercorre tra il valore di vendita di un calciatore e il suo valore d’acquisto, al netto delle quote di ammortamento (costanti o decrescenti) e dell’eventuale svalutazione», è un passaggio introduttivo del faldone inviato dal Pubblico Ministero, in cui viene spiegato al Gip che cosa si intende per plusvalenza, uno degli argomenti nodali sui quali si poggia l’accusa nei confronti della Juventus e degli altri dodici indagati nell’operazione Prisma. Non l’unico, perché tra “manovre stipendi”, rapporti con gli agenti e operazioni tecniche, il quadro è ancora più ampio e frastagliato. Ma le plusvalenze – di solito pratica più da società che deve autosostenersi, non da top club - sono l’aspetto principale sul quale gli inquirenti hanno dimostrato di voler fare leva, carte alla mano. E questo perché la stessa Juventus, che difenderà la propria posizione in tribunale e in ogni sede competente, deve essersi resa conto che qualcosa non stava andando nella direzione giusta: ciò, peraltro, molto prima del terremoto societario che ha portato alle dimissioni dell’intero Cda e alla successiva decisione di John Elkann, avallata anche da Andrea Agnelli, di affidare a figure tecniche di spicco e di massima fiducia quali Giancarlo Ferrero e Maurizio Scanavino i ruoli rispettivamente di presidente e direttore generale della rivoluzione Juve. Qui non parliamo di reati, sui quali decide la magistratura. Parliamo di gestione, una gestione che non esce benissimo dalle carte dell’inchiesta, ma che in fondo era stata già bocciata dalla pubblica inversione di marcia sull’utilizzo delle plusvalenze per tamponare le perdite, abbandonate da due anni e non per timore della magistratura, ma per scelta aziendale. E le intercettazioni, il cui periodo va dal 14 luglio 2021 al 25 novembre del 2021, inquadrano proprio la cruciale fase di transizione, con l’addio di Fabio Paratici e il nuovo corso Arrivabene-Cherubini.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Una condanna gestionale che non va confusa con l’ammissione di colpa

E nella nuova dirigenza sono pesanti le autocritiche dei dirigenti juventini sulle abitudini del recente passato, così come colorite le descrizioni della situazione economico-finanziaria ereditata. Come quando, riportano le carte, l’attuale ds Cherubini (che non risulta tra gli indagati) si sfoga in questi termini: «In due anni hai buttato tutto alle ortiche: 700 milioni messi dagli azionisti. Hai messo tutto a rischio. Perché un giorno hai deciso mandare via due persone che probabilmente era giusto mantenere […] Siamo stati arroganti sul mercato. E con Ronaldo si è innescato il nostro circolo vizioso, perché i soldi di Pogba li abbiamo spesi per pagare due clausole. Noi alle prime riunioni di marzo si parlava di fare 300 milioni di quelle eh. Ti giuro che tornavo a casa e mi veniva da vomitare». Oppure, sempre il ds: «Come siamo arrivati fin qui? Acquisti senza senso, investimenti fuori portata, utilizzo eccessivo di plusvalenze artificiali. Negli ultimi anni è anche un po’ colpa nostra». Autocritica sulla gestione che si è avvitata sul tentativo di inseguire non tanto la fatidica Champions, ma l’ultimo gradino della scala dei club, quello dei Real e delle big inglesi. Un «fuorigiri» costato caro in termini finanziari e che ora ha un risvolto giudiziario. Non è detto che quelle condotte siano reati (anzi, proprio sulle plusvalenze ci sono già state assoluzioni piene), così come non è detto che portino conseguenze penali o sportive, ma una condanna l’hanno già avuta: dalla Juventus stessa. Una condanna gestionale, che non va confusa con l’ammissione di colpa. Sbagliare strategia non significa commettere un illecito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Una condanna gestionale che non va confusa con l’ammissione di colpa

E nella nuova dirigenza sono pesanti le autocritiche dei dirigenti juventini sulle abitudini del recente passato, così come colorite le descrizioni della situazione economico-finanziaria ereditata. Come quando, riportano le carte, l’attuale ds Cherubini (che non risulta tra gli indagati) si sfoga in questi termini: «In due anni hai buttato tutto alle ortiche: 700 milioni messi dagli azionisti. Hai messo tutto a rischio. Perché un giorno hai deciso mandare via due persone che probabilmente era giusto mantenere […] Siamo stati arroganti sul mercato. E con Ronaldo si è innescato il nostro circolo vizioso, perché i soldi di Pogba li abbiamo spesi per pagare due clausole. Noi alle prime riunioni di marzo si parlava di fare 300 milioni di quelle eh. Ti giuro che tornavo a casa e mi veniva da vomitare». Oppure, sempre il ds: «Come siamo arrivati fin qui? Acquisti senza senso, investimenti fuori portata, utilizzo eccessivo di plusvalenze artificiali. Negli ultimi anni è anche un po’ colpa nostra». Autocritica sulla gestione che si è avvitata sul tentativo di inseguire non tanto la fatidica Champions, ma l’ultimo gradino della scala dei club, quello dei Real e delle big inglesi. Un «fuorigiri» costato caro in termini finanziari e che ora ha un risvolto giudiziario. Non è detto che quelle condotte siano reati (anzi, proprio sulle plusvalenze ci sono già state assoluzioni piene), così come non è detto che portino conseguenze penali o sportive, ma una condanna l’hanno già avuta: dalla Juventus stessa. Una condanna gestionale, che non va confusa con l’ammissione di colpa. Sbagliare strategia non significa commettere un illecito.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...

Juve, i migliori video

1
Juventus, errori gestionali e malgoverno ma c’era già chi invertiva la rotta
2
Una condanna gestionale che non va confusa con l’ammissione di colpa