Plusvalenze Juve, pure i revisori danno l’ok. Resta la “manovra stipendi”

Nella severa relazione del collegio sindacale, le “operazioni incrociate” non vengono riconosciute come una violazione

Nel complesso scenario del presunto falso in bilancio della Juventus, accusata da Consob e Procura di Torino, c’è un punto sul quale inizia a concentrarsi il parere di tutti o quasi: le plusvalenze. Ieri, la pubblicazione della severissima relazione del collegio sindacale della Juventus (l’organo di vigilanza a tutela degli investitori di una SpA), prima delle secche bacchettate per la manovra stipendi, dà un sostanziale via libera sul tema plusvalenze. Non che i revisori dei conti le abbiano benedette, rimanendo sospettosi, ma alla fine si giunge alla conclusione alla quale, bene o male, arrivano tutti, cioè che bisogna tenere conto «delle complessità interpretative e valutative connesse al tema del fair value (giusto valore)». Come dire che non esistendo una valutazione oggettiva di un giocatore, diventa complicato configurare con chiarezza un reato e, soprattutto, provarlo con certezza.

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Il problema della “manovra stipendi”

Il Collegio dei Sindaci, dunque, si allinea a quanto già sentenziato due volte dalla giustizia della Figc (che ha assolto due volte la Juventus sul tema) e quanto ha fatto capire il Gip Ludovico Morello, che di fronte alla richiesta di misure cautelari dei pm, ha scritto riguardo alle plusvalenze: «risulterebbe difficile ipotizzare un discostamento consapevole, e quindi in definitiva doloso, dai corretti criteri di contabilizzazione delle poste». Insomma, allo stato attuale delle cose, si può dire che non faranno parte del processo sportivo (la Juve è già stata giudicata, quindi vale il “ne bis in idem”) e saranno terreno scivoloso per l’accusa in sede di processo penale. Resta il grosso problema della cosiddetta “manovra stipendi” sulla quale puntano molto i pm di Torino e sulla quale lo stesso collegio sindacale ha calcato la mano. Anche secondo i revisori, le mensilità a cui avevano rinunciato i giocatori della Juventus nella primavera del 2020, in piena pandemia, sarebbero state comunque da inserire come passività di bilancio, perché gli accordi presi con i giocatori rendevano quella “rinuncia” come una semplice “dilazione”. È questo punto che vedrà la Juventus combattere in tutte le sedi, quella sportiva e quella penale. Ed è anche il fronte sulla quale la società bianconera sembra più debole.

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Cosa si evidenzia

In realtà, la decisione con la quale, anche questa volta, la Juventus ha chiosato il parere dei revisori (la cui pubblicazione integrale è un obbligo di legge), evidenzia come il club si sente forte di altri importanti pareri sulla questione e sulla base di questi andrà a battagliare nelle varie aule. «I rilievi della società di revisione si basano su interpretazioni e applicazioni di regole contabili e giudizi e valutazioni che Juventus non condivide, anche tenuto conto degli ulteriori approfondimenti di natura legale e contabile svolti dalla Società sulla base di pareri rilasciati da esperti indipendenti. Juventus continuerà a collaborare e cooperare con le autorità di vigilanza e di settore, impregiudicata la tutela dei propri diritti in relazione alle contestazioni mosse contro i bilanci e i comunicati della Società dalla Consob e dalla Procura». La questione è estremamente tecnica: non è argomento semplice e sarebbe spericolato, per chi non è esperto, provare ad azzardare un giudizio sul tema.

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Il significato delle dimissioni del CdA

Tutto il destino del processo penale e di quello sportivo si fondano sull’interpretazione di quelle norme che la Juventus (spalleggiata da Exor e dai sui esperti) ritiene di aver applicato correttamente. Una tale sicurezza nel difendere le proprie posizione suggerisce, intanto, che le dimissioni del CdA e del presidente Agnelli sono tutt’altro che un’ammissione di colpa, considerata la veemenza con la quale viene ribadita la sua linea. Non solo, è evidente che se la Juventus insiste, forse il potenziale non è così chiaro come viene descritto dall’accusa. In questo momento conosciamo solo 544 pagine dell’inchiesta, quelle nelle quali i pm hanno concentrato le loro prove più forti e i loro ragionamenti più stringenti contro la Juventus. Le carte dell’inchiesta constano, complessivamente, di 15.000 pagine. Abbiamo quindi una visione parziale della realtà, il punto di vista degli inquirenti: nelle altre 14.500 al vaglio del pool di legali bianconeri potrebbero esserci le chiavi per difendersi.

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Nel complesso scenario del presunto falso in bilancio della Juventus, accusata da Consob e Procura di Torino, c’è un punto sul quale inizia a concentrarsi il parere di tutti o quasi: le plusvalenze. Ieri, la pubblicazione della severissima relazione del collegio sindacale della Juventus (l’organo di vigilanza a tutela degli investitori di una SpA), prima delle secche bacchettate per la manovra stipendi, dà un sostanziale via libera sul tema plusvalenze. Non che i revisori dei conti le abbiano benedette, rimanendo sospettosi, ma alla fine si giunge alla conclusione alla quale, bene o male, arrivano tutti, cioè che bisogna tenere conto «delle complessità interpretative e valutative connesse al tema del fair value (giusto valore)». Come dire che non esistendo una valutazione oggettiva di un giocatore, diventa complicato configurare con chiarezza un reato e, soprattutto, provarlo con certezza.

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