Juventus, ad Allegri carta bianca. Ma a giugno si discuterà il futuro

Risultati, giovani, progetto: ecco i fattori in gioco per il tecnico bianconero

TORINO - «Massimiliano Allegri rimane il punto di riferimento dell’area sportiva della Juventus». John Elkann, quando il 29 novembre ha fatto sentire la propria voce dopo che la Juventus era stata squassata la sera prima dalle dimissioni dell’intero cda, è stato granitico nella conferma del tecnico, aumentandone anzi centralità e importanza.  Sarà così anche il futuro? Forse. Elkann ha parlato al presente e d’altra parte di presente vive ogni allenatore. «Contiamo su di lui e su tutta la squadra per continuare a vincere come hanno dimostrato di saper fare nelle ultime giornate, mantenendo alti i nostri obiettivi sportivi», proseguiva il suo comunicato. Ecco il primo bivio del futuro di Allegri: quello dei risultati. Chiunque sarà a comporre la nuova area tecnica della Juventus, se Allegri riuscisse nell’impresa di rimontare il Napoli e riconquistare lo Scudetto non potrebbe che confermarlo. Se la squadra dovesse ripiombare in crisi e non piazzarsi tra le prime quattro, l’esonero sarebbe inevitabile e lo sarebbe stato anche con Agnelli presidente. In mezzo a questi scenari estremi ce ne sono molti altri, nei quali il destino dell’allenatore è meno certo. E l’incertezza è aumentata dalla rivoluzione al vertice: ogni nuova gestione cerca di dare la propria impronta e la scelta dell’allenatore è il primo atto con cui farlo.

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Futuro Allegri un po’ meno sicuro

Il fatto stesso di essere l’allenatore ereditato dalla gestione precedente rende il futuro di Allegri un po’ meno sicuro, anche se i due anni di contratto a 7 milioni netti a stagione che gli resteranno a giugno sono un fattore di cui tener conto: se la nuova gestione volesse cambiarlo dovrebbe cercare un accordo. Possibile, non una formalità. D’altra parte si sta parlando di uno degli allenatori più vincenti della storia bianconera e la nuova dirigenza potrebbe anche vedere in lui l’uomo ideale per avviare il proprio corso. Un nuovo corso basato sul rigore in termini di spese, sullo sfruttamento del settore giovanile e sulla ricerca di talenti dai costi non proibitivi, da consacrare. Dipinto spesso come allenatore che non vede i giovani, Allegri potrebbe non essere ritenuto adatto a un progetto simile. Di certo dà grande importanza a doti, lettura della partita e di interpretazione dei suoi momenti, sicuramente più sviluppate nei giocatori più esperti. Però è anche il tecnico che ha lanciato Miretti già nella scorsa stagione, sta lanciando Fagioli (seppur con qualche settimana di ritardo) e Iling, aveva a suo tempo lanciato Kean e alla sua prima stagione bianconera aveva progressivamente preferito il giovane Morata all’esperto Llorente. Potrebbe dunque essere più adatto di quanto appaia a un nuovo corso come quello descritto. Dipenderà dal pensiero dei nuovi vertici e da quanto vorranno tagliare i ponti con il passato. E dai risultati, ovviamente.

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TORINO - «Massimiliano Allegri rimane il punto di riferimento dell’area sportiva della Juventus». John Elkann, quando il 29 novembre ha fatto sentire la propria voce dopo che la Juventus era stata squassata la sera prima dalle dimissioni dell’intero cda, è stato granitico nella conferma del tecnico, aumentandone anzi centralità e importanza.  Sarà così anche il futuro? Forse. Elkann ha parlato al presente e d’altra parte di presente vive ogni allenatore. «Contiamo su di lui e su tutta la squadra per continuare a vincere come hanno dimostrato di saper fare nelle ultime giornate, mantenendo alti i nostri obiettivi sportivi», proseguiva il suo comunicato. Ecco il primo bivio del futuro di Allegri: quello dei risultati. Chiunque sarà a comporre la nuova area tecnica della Juventus, se Allegri riuscisse nell’impresa di rimontare il Napoli e riconquistare lo Scudetto non potrebbe che confermarlo. Se la squadra dovesse ripiombare in crisi e non piazzarsi tra le prime quattro, l’esonero sarebbe inevitabile e lo sarebbe stato anche con Agnelli presidente. In mezzo a questi scenari estremi ce ne sono molti altri, nei quali il destino dell’allenatore è meno certo. E l’incertezza è aumentata dalla rivoluzione al vertice: ogni nuova gestione cerca di dare la propria impronta e la scelta dell’allenatore è il primo atto con cui farlo.

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