Plusvalenze e manovra stipendi: perché la Juventus non ha paura

Il club ha esplicitato il proprio convincimento attraverso vie istituzionali che dal punto di vista mediatico non hanno lo stesso impatto: le contestazioni offrono spunti di difesa in giurisprudenza

Senza dover sposare il convincimento di Sir Winston Churchill per cui “Una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni”, per orientarsi al meglio sull’indagine che riguarda la Juventus e i suoi tre bilanci, dal 19/20 al 21/22, è comunque consigliabile affinare l’orecchio al fine di sentire non solo le presunte verità urlate e provare così ad ascoltare anche i ragionamenti spiegati a tono di voce normale. Fanno meno rumore, quindi attirano meno in assoluto, ma probabilmente consentono di mettere a fuoco in maniera nitida i fatti. Che, si sa, saranno poi oggetto di valutazione e giudizio qualora il Giudice dell’udienza preliminare, nella prima seduta che sarà calendarizzata per fine febbraio inizio marzo, dovesse decidere di accogliere la richiesta di rinvio a giudizio per i 12 dirigenti bianconeri e la società stessa. I reati, tra gli altri, false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza Consob.

Juve, profilo basso e vie istituzionali

Da quando è scoppiata la bomba mediatica, sulla scena hanno dominato i titoli che riprendevano le tesi dell’accusa, infiorati da stralci di intercettazioni decontestualizzate e comunque funzionali ad aumentare il clamore della vicenda, mentre la parte indagata, ovvero il club juventino, ha preferito non esporsi, anche per evitare di anticipare quella che sarà la propria linea e condotta difensiva. Che verrà svelata solo nel momento in cui le parti avverse si confronteranno nella prima udienza, dove peraltro si registrerà una nuova istanza di competenza territoriale per chiedere di vedere spostato il procedimento dal tribunale di Torino a quello di Milano o Roma dove si sarebbe configurato, secondo la difesa, il reato, in quanto le comunicazioni agli azionisti avvengono alla Borsa milanese che ha i data center nella capitale. In realtà la nuova istanza potrebbe non concretizzarsi se nel frattempo la Procura generale della Cassazione dovesse accogliere la prima richiesta dai legali bianconeri. Dunque la Juventus prosegue col profilo basso ma sbaglia chi pensa che possa valere in questo caso il principio per cui “chi tace acconsente”. Anche perché in realtà la Juventus ha esplicitato il proprio pensiero-convincimento solo che ha utilizzato vie istituzionali che dal punto di vista mediatico non hanno lo stesso impatto della montagna di titoli e servizi tv in cui si punta sul virgolettato estrapolato di alcune intercettazioni. La Juve si è dunque espressa nei “nuovi progetti di bilancio d’esercizio” in cui ha recepito solo in parte le eccezioni di congruità rilevate dalla Consob, contabilizzando così in maniera diversa, rispetto alla prima stesura oggetto della contestazione, i debiti relativi alla manovra stipendi. Da aggiungere poi una dichiarazione perentoria di John Elkann, numero uno di Exor, socio di maggioranza della Juventus, sicuro della liceità del lavoro svolto dal cugino Andrea Agnelli.

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Le convinzioni del club

Se nel frattempo comincia lentamente a stemperarsi il clima e la temperatura intorno a questa querelle - ora si cominciano a leggere più previsioni sul fatto che dal punto di vista sportivo il tutto potrà tradursi in ammende e molto difficilmente in punti - (va ricordato che lo stesso procuratore federale Chinè a seguito della sua indagine sulle plusvalenze chiese per 11 società sanzioni e non punti, peraltro perdendo nei due gradi di giudizio), la Juventus non trema per questa inchiesta che ha come pilastri principali la contestazione delle plusvalenze e la manovra stipendi. Sulla prima, alla Continassa domina il convincimento che le plusvalenze debbano essere considerate parte integranti del sistema: la stessa Consob non ne contesterebbe la fraudolenta artificiosità ma la natura giuridica, leggasi permuta. Sulla manovra stipendi, da contestualizzare nella situazione di emergenza nazionale per il Covid in cui si è determinata, l’eventuale errore sarebbe riferibile esclusivamente alla collocazione temporale delle poste. C’è poi da aggiungere che se la Consob avesse riscontrato reati riferibili alla falsità bilancistica avrebbe avuto l’obbligo di trasmissione di notizia di reato, mentre sono emersi profili di non conformità dettati da diverse interpretazioni di alcuni principi contabili tra la Juventus e la Consob stessa.

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Senza dover sposare il convincimento di Sir Winston Churchill per cui “Una bugia fa in tempo a compiere mezzo giro del mondo prima che la verità riesca a mettersi i pantaloni”, per orientarsi al meglio sull’indagine che riguarda la Juventus e i suoi tre bilanci, dal 19/20 al 21/22, è comunque consigliabile affinare l’orecchio al fine di sentire non solo le presunte verità urlate e provare così ad ascoltare anche i ragionamenti spiegati a tono di voce normale. Fanno meno rumore, quindi attirano meno in assoluto, ma probabilmente consentono di mettere a fuoco in maniera nitida i fatti. Che, si sa, saranno poi oggetto di valutazione e giudizio qualora il Giudice dell’udienza preliminare, nella prima seduta che sarà calendarizzata per fine febbraio inizio marzo, dovesse decidere di accogliere la richiesta di rinvio a giudizio per i 12 dirigenti bianconeri e la società stessa. I reati, tra gli altri, false comunicazioni sociali e ostacolo alla vigilanza Consob.

Juve, profilo basso e vie istituzionali

Da quando è scoppiata la bomba mediatica, sulla scena hanno dominato i titoli che riprendevano le tesi dell’accusa, infiorati da stralci di intercettazioni decontestualizzate e comunque funzionali ad aumentare il clamore della vicenda, mentre la parte indagata, ovvero il club juventino, ha preferito non esporsi, anche per evitare di anticipare quella che sarà la propria linea e condotta difensiva. Che verrà svelata solo nel momento in cui le parti avverse si confronteranno nella prima udienza, dove peraltro si registrerà una nuova istanza di competenza territoriale per chiedere di vedere spostato il procedimento dal tribunale di Torino a quello di Milano o Roma dove si sarebbe configurato, secondo la difesa, il reato, in quanto le comunicazioni agli azionisti avvengono alla Borsa milanese che ha i data center nella capitale. In realtà la nuova istanza potrebbe non concretizzarsi se nel frattempo la Procura generale della Cassazione dovesse accogliere la prima richiesta dai legali bianconeri. Dunque la Juventus prosegue col profilo basso ma sbaglia chi pensa che possa valere in questo caso il principio per cui “chi tace acconsente”. Anche perché in realtà la Juventus ha esplicitato il proprio pensiero-convincimento solo che ha utilizzato vie istituzionali che dal punto di vista mediatico non hanno lo stesso impatto della montagna di titoli e servizi tv in cui si punta sul virgolettato estrapolato di alcune intercettazioni. La Juve si è dunque espressa nei “nuovi progetti di bilancio d’esercizio” in cui ha recepito solo in parte le eccezioni di congruità rilevate dalla Consob, contabilizzando così in maniera diversa, rispetto alla prima stesura oggetto della contestazione, i debiti relativi alla manovra stipendi. Da aggiungere poi una dichiarazione perentoria di John Elkann, numero uno di Exor, socio di maggioranza della Juventus, sicuro della liceità del lavoro svolto dal cugino Andrea Agnelli.

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