Juve, l'Allegrata, il pressing e le rotazioni del Napoli: cosa non ha funzionato

L'analisi tattica: con i bianconeri schiacciati indietro, Chiesa si è perso in una difesa a 5. E la squadra di Spalletti è riuscita comunque a trovare spazi e profondità

L’Allegrata questa volta si è ritorta contro il suo inventore: anche se in realtà è troppo semplicistico spiegare il tracollo della Juventus al Maradona con la scelta del tecnico di schierare fin dall’inizio un giocatore offensivo come Chiesa come esterno del 3-5-2, posizione in cui si era rivelato decisivo contro Cremonese e Udinese, entrando nella ripresa. In entrambe quelle occasioni, però, al di là del valore molto diverso dell’avversario, Chiesa era entrato quando la Juve iniziava a spingere alla ricerca della vittoria, assecondando ed esaltandosi in quell’atteggiamento. Al Maradona, invece, la partita ha da subito seguito il copione atteso, con il Napoli padrone del pallone e la squadra bianconera ad aspettarlo bassa, per chiudere tutti gli spazi. Nonostante questo, gli uomini di Spalletti sono comunque riusciti a trovare anche la soluzione della profondità, grazie all’abilità di Osimhen nell’attaccarla anche con poco spazio a disposizione e alla serata disastrosa di Bremer, che già al 13’ si è lasciato sfilare alle spalle il nigeriano, che da posizione angolatissima non è riuscito a impegnare Szczesny.

L'altro problema: Chiesa e Kostic schiacciati

L’altro problema per la Juve è nato sulle fasce, dove le mezzali McKennie e Rabiot uscivano sui terzini Di Lorenzo e Mario Rui, mentre gli esterni Chiesa e Kostic si abbassavano su Kvaratskhelia e Politano: con il Napoli sempre in possesso, però, questo ha finito con lo schiacciare troppo dietro i due quinti bianconeri, finiti a fare i terzini in una difesa a cinque. E nessuno dei due lo è, Chiesa meno che mai. Allegri probabilmente lo aveva scelto per sfruttare la velocità palla al piede sua e di Kostic per sfuggire al pressing del Napoli e ribaltare il fronte velocemente, ma la pressione intensa e organizzata degli uomini di Spalletti ha sempre negato loro spazio e tempo per mettersi in moto.

Due conduzioni di palla fatali

Così la Juve non riusciva mai ad allentare la pressione. L’aggressività del Napoli ha pagato al 14’, quando Lobotka si è impossessato di una palla vagante in messo al campo ed è partito in progressione verso sinistra, passando tra McKennie e Locatelli e poi cedendo palla a Kvaratskhelia che si è accentrato palla al piede: le due conduzioni hanno sbilanciato tutta la Juve sulla propria destra e il georgiano ha trovato libero sulla trequarti opposta Zielinski, sul quale è uscito dalla difesa Alex Sandro. Politano ha fintato di smarcarsi dall’esterno verso il centro nello spazio lasciato libero dal brasiliano, uscendo dalla visuale di Kostic, attratto da Di Lorenzo largo servito da Zielinski: Politano è invece poi scattato alle spalle del serbo per andare a ricevere e piazzare il cross vincente. Subìto l’1-0 la Juve ha provato ad alzare il baricentro, soprattutto con Chiesa, ma nel momento migliore il Napoli l’ha colpita proprio con un attacco alla profondità: lancio di prima di Politano per Osimhen che ha approfittato di un’incertezza di Bremer per impossessarsi della palla e servire Kvaratskhelia, libero sulla sinistra con Chiesa troppo avanti e Danilo troppo centrale. Allegri è passato al 3-4-3, con Chiesa a sinistra e Di Maria a destra ai lati di Milik: la Juve ha chiuso bene la prima frazione e Di Maria è ruscito a riaprire la partita.

Il passaggio al 4-4-2

Dopo la rete del Fideo, nel finale di primo tempo il tecnico bianconero ha fatto una nuova variazione passando al 4-4-2, probabilmente nell’intento di evitare la superiorità numerica del Napoli sulle fasce: Danilo e Kostic terzini, McKennie e Chiesa esterni. Dopo 10 minuti della ripresa, però, il Napoli ha ripristinato il doppio vantaggio con il gol di Rrahmani, in un’azione d’angolo in cui le condizioni precarie di Locatelli, che avrebbe voluto uscire, non bastano a giustificare la libertà concessa al difensore del Napoli. Se nel primo tempo la Juve aveva reagito entrambe le volte al vantaggio della squadra di Spalletti, il terzo cazzotto l’ha letteralmente lasciata ko in piedi, pressoché incapace di reagire se non con qualche iniziativa individuale, ma con molti giocatori spaesati e in confusione. Su tutti Bremer, in balìa di Osimhen, ma anche diversi dei suoi compagni. E così il Napoli ha dilagato. Sul campo e anche in classifica.

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