I tifosi Juve e la disdetta pay tv, protesta per la penalizzazione: cosa sta succedendo

Sui social messaggi a valanga dopo la sentenza della Corte Federale d’Appello della Figc: “Non un altro 2006”

Dare un segnale fortissimo a tutto il sistema calcio, proprio nel momento in cui ci si prepara all’asta che assegnerà i diritti del campionato di Serie A per i prossimi tre anni. La protesta dei tifosi della Juve dopo la stangata della Corte d’Appello federale - che ha sanzionato con 15 punti di penalizzazione il club bianconero per il caso plusvalenze - passa anche dalle piattaforme televisive. In tantissimi, sui social, hanno fatto sapere di non voler avere più nulla a che fare con le pay tv perché “uno sport che vale miliardi, che dà lavoro diretto e indiretto a decine di migliaia di persone - scrive su Twitter Giorgio - non può essere in mano a quattro pretori che in ventidue minuti decidono le sorti di una società”. Tradotto in azioni pratiche, fioccano gli stamp delle disdette effettuate in questi giorni.

"Ora basta"

Gli hashtag sono ormai diventati virali e qualcuno inizia già a fare i conti in tasca: “Una media di 35 euro al mese per i 9 mesi del campionato fa circa 315 euro a stagione - il messaggio di John - Con 500 mila disdette (non 2 o 3 milioni), le tv perderebbero oltre 155 milioni di fatturato”. Un’iniziativa che sembra compattare tutto il popolo bianconero, come ricordato da Gianluca (“Li stiamo facendo tremare. Forza fratelli juventini, siamo sulla strada giusta”) o da Nino che scrive il seguente tweet: “Se il calcio italiano si regge sui diritti tv, se i diritti tv li pagano i tifosi e se la maggior parte dei tifosi siamo noi juventini il carrozzone sta in piedi grazie a noi che finora siamo sempre stati zitti e buoni. Ora basta”.

"Non un altro 2006"

Non in mio nome. Non con i miei soldi. Non un altro 2006 - il concetto esposto da Simone - Questa volta NON sarà solo la Juventus e il popolo juventino a pagare. O si puniscono tutti, oppure insieme a noi crollerà il calcio italiano. Continuate con le disdette Dazn e non accettate controfferte”. Uniti, affiatati e solidi contro un processo celebrato in mezza giornata e in 42 minuti di requisitoria: “Mai più un euro a un sistema che ci fa la guerra contro”. Una levata di scudi tutt’altro che banale (come potrebbe pensare qualcuno) perché stando al report della Figc il 47% degli introiti totali arriva proprio dai diritti audiovisivi.

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