E ora spieghino perché la Juventus è il capro espiatorio

L'editoriale del direttore di Tuttosport sulle ultime vicende della società bianconera

Per cosa gioca la Juventus oggi pomeriggio? Per conquistare un posto in Champions League o per salvarsi? Vale tutto perché il campionato è in ostaggio del procuratore Giuseppe Chinè e delle varie corti di giustizia sportiva. Viviamo tempi strani e strano sarà il rito che si celebrerà alle 15 dalle parti dell’Allianz Stadium, dove tifosi, squadra e club cementeranno la loro alleanza in un momento drammatico per la Juventus. Da giorni i tifosi protestano, fanno sentire la loro voce e un pezzo alla volta si compattano: sono tanti i tifosi bianconeri, se dovessero davvero unirsi tutti formerebbero un numero importante e i loro perché suonerebbero forti. E qualcuno dovrebbe spiegare, in modo convincente, cosa sta succedendo. Domani lo dovrà fare il giudice Mario Luigi Torsello, che ha trasformato la già severa richiesta di 9 punti della Procura Federale nell’abnorme 15 della condanna di venerdì scorso. Sono attese le motivazioni e non solo dal popolo juventino, perché potrebbero segnare un capitolo importante nella giustizia sportiva, visto che per la prima volta verrebbero condannate, e assai pesantemente, le cosiddette “plusvalenze fittizie”.

Il punto più delicato

Ora, il problema è spiegare perché è stata condannata solo la Juventus per una violazione non prevista dal codice e che, se fosse una violazione, si commette e se ne trae vantaggio in due. Speriamo sinceramente che salti fuori il concetto di “sistema”, perché basta chiedere a qualsiasi operatore di calciomercato, sia questo un direttore sportivo, un agente o un mediatore e vi risponderà che non esiste nessun sistema o se esiste si dovrebbe chiamare “sistema Italia”, perché di scambi “a specchio” hanno vissuto negli ultimi trent’anni un foltissimo gruppo di club. Ed è questo il punto più delicato da spiegare a milioni di tifosi: perché una pratica tollerata da un trentennio, sulla quale nessuno ha nemmeno mai provato a scrivere non una vera e propria norma, ma almeno uno straccio di proposta normativa, deve diventare il crimine del secolo? Perché il senso di ingiustizia tecnico e morale che deriva da una tale disparità di giudizio può essere esiziale per il calcio italiano.

Indizi e non prove

E il problema non si chiama disdetta, ma disaffezione, malattia più grave e non è una giustizia da capro espiatorio la medicina. E nemmeno una giustizia sommaria che giudica frettolosamente utilizzando la documentazione di un’indagine della Procura di Torino che ancora non è diventata processo, che, quando e se, lo diventerà vedrà soppesare quelle accuse con l’indispensabile intervento di periti e valuterà quelle intercettazioni con il necessario passaggio in dibattimento. Perché condannare sulla base di indizi e non di prove, purtroppo, è una barbarie giuridica che alimenta la sensazione strisciante che in così poco rispetto del diritto si annidi la politica.

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