Giletti: “Si indaga solo sulla Juventus. C’è un disegno dietro?”

Intervista al conduttore tv: “Dai rapporti curva-dirigenti alle plusvalenze, sembra che si proceda a senso unico in cerca di un capro espiatorio”
Giletti: “Si indaga solo sulla Juventus. C’è un disegno dietro?”© ANSA

«Sì, ok. Sentiamoci all’ora di pranzo». «Eccomi, ciao. No, però, aspetta. Dammi ancora qualche minuto ché devo risolvere una questione importante per domani». Quando lo abbiamo contattato, ieri, Massimo Giletti era immerso nei preparativi della nuova puntata di Non è l’Arena, in onda questa sera su La7. Dopo il clamoroso scoop con le dichiarazioni di Salvatore Baiardo, e nonostante le pesanti minacce subite in questi giorni, tornerà a parlare di mafia. Immaginiamo: creando il solito clamore. Di solito le sue inchieste non passano inosservate... Nonostante i ritmi frenetici, ha comunque gentilmente accettato di ricavare uno spazio per parlare di Juventus anche perché pochi giorni fa ha postato un video – diventato virale - in cui, con efficacia comunicativa e riflessioni mica da poco, ha di fatto riassunto tutti i dubbi e le perplessità di milioni di tifosi juventini. Era ben lieto di approfondire le questioni trattate in quel video. In quanto giornalista d’inchiesta e in quanto tifoso doc. Ma proprio doc... Basti dire che ha preso la maturità al liceo classico Massimo D’Azeglio, proprio là dove – nel 1897, con i pionieri – ebbe inizio la storia della Juventus.

Giletti, nel suo video è stato molto duro e ha sollevato parecchi dubbi sulle inchieste che riguardano (solo...) la Juventus. Cosa non le torna?

«Temo che la Juventus finisca per essere il capro espiatorio di un calcio malato. Non riesco a spiegarmi come mai le altre Procure italiane non abbiano mai pensato di sviluppare un programma di intercettazioni così complesso, con microspie e cimici, come quello della Procura di Torino per fare chiarezza sull’intero mondo cacio italiano. Se tu vai a operare solo ed esclusivamente su una società, beh... Qualche dubbio mi viene. E i dubbi mi tornano ancora più forti perché questa è una situazione già vissuta: in nessun’altra Procura si è indagato sui rapporti tra la curva e la società dirigente. Forse che le curve di Milano, di Roma, di Napoli siano composte solo da personaggi per bene, che non fanno traffici strani, che non appartengono a criminalità organizzata, che non hanno precedenti penali? Mah.. A me pare invece che tutte le curve italiane operino “ricatti” nei confronti delle dirigenze, solo che nelle altre piazze non si è mai andati avanti. Ora siamo alle solite: il dubbio mi viene. Oggi come allora la Juventus è il capro espiatorio di un calcio malato e deve essere messa sull’altare sacrificale per far vedere che in Italia si fa giustizia. Ma mi sembra una giustizia sommaria».

Perché proprio la Juventus, sull’altare sacrificale?

«Non posso sapere cosa c’è dietro una operazione del genere che però, lo ripeto, è doppia. Prima c’è stata l’inchiesta “Last Banner” sulle curve. Ora la Prisma sui bilanci. Stiamo reiterando una operazione che era già stata fatta. La domanda è: nelle altre società perché non si fanno controlli serrati dello stesso livello? È una domanda che mi pongo non solo da juventino. Qualunque persona dotata di un normale buon senso un interrogativo di questo tipo se lo pone. Si vede che la Juve vinceva troppo? Bisognava cercare in qualche modo di fermarla? Poi, certo, queste domande ovviamente non coprono gli errori evidenti fatti dalla gestione degli ultimi anni, ma mi stupiscono perché l’operazione trasparenza deve essere fatta a 360 gradi. Allora scopri tutto, o non scopri niente. Ma notare che si indaga a macchia di leopardo partendo solo dalla Juventus mi lascia dei dubbi».

Fin qui le Procure cittadine. Quanto all’operato della Giustizia sportiva che idea si è fatta?

«Mi lascia perplesso la tempistica di questi interventi. Non puoi intervenire durante una stagione in corso. Devi avere tutti gli elementi seri che emergeranno dai processi eventuali, no? Intervenire e sanzionare in questo modo e momento è destabilizzante e iniquo. Se mai la Juventus dimostrasse di avere ragione in sede di ricorso, come la mettiamo? Certe cose non si possono fare così! Anche questa dinamica mi lascia molto perplesso. Abbiamo ancora il diritto di porci delle domande o dobbiamo stare in silenzio e accettare le decisioni di una Giustizia Sportiva che non fu neanche in grado di trovare le intercettazioni per esempio dell’Inter e di Calciopoli? Se vogliamo andare a ritroso... Intercettazioni che, a detta del procuratore di allora Palazzi, raccontavano di reati ben più gravi posti in essere dell’Inter rispetto a quelli della Juventus. Però si trovarono solamente quando tutto era andato in prescrizione. Che curiosità... Anche lì non ci poniamo dei dubbi? Quale manina è stata così brava da non fare trovare quelle intercettazioni? Coincidenza?».

Massimiliano Allegri ha recentemente sottolineato che alcuni suoi giocatori hanno commesso errori anche clamorosi proprio perché condizionati a livello mentale.

«Chi va in campo è un uomo e come tutti gli uomini ha dei limiti: può essere anche un grande atleta, un grande professionista, ma la testa pesa. Io sono convinto che almeno dieci giocatori della nostra squadra non vorrebbero giocare con la nostra maglia. È una questione psicologica. E dunque la condizione psicologica la paghi con errori, con risultati, con punti persi. L’errore di Szczesny contro l’Atalanta è stato evidente, ma potranno essercene anche di meno plateali e ugualmente decisivi. E poi, è lecito chiedersi: i giocatori daranno il massimo o cercheranno altri lidi sapendo che magari non ci sarà la Coppa? È tutto surreale ma questa è l’Italia, bellezza, direbbe qualcuno».

Emerge la delusione, l’indignazione non solo di un tifoso, ma di un comune cittadino. Anzi, ancor di più, di un professionista che è abituato ad andare a fondo delle cose, a maneggiare i temi anche più spinosi.

«Faccio una premessa. Io faccio inchieste, quindi sto ai documenti. La domanda che ci dobbiamo porre è se è corretto riaprire il processo sulla base del materiale che è stato trasmesso dalla Procura di Torino. La corte federale forse ha dei documenti che noi non conosciamo. Perché il famoso “ne bis in idem” per cui non si può giudicare due volte per uno stesso fatto, esiste salvo la comparsa di documenti inediti e clamorosi. E questo è importante dirlo. Come è importante dire che gli errori nella dirigenza juventina ci sono stati. Penso ad esempio al filone ingaggi: era giusto spalmare gli stipendi a causa del Covid, tuttavia nasconderlo dal bilancio... Questo è un punto interrogativo che mi lascerebbe perplesso. Se davvero fosse andata così, sarebbe una cosa ridicola, assurda. E io dico che forse oggi ci accorgiamo di come Ronaldo non solo non ci ha portato le Coppe che speravamo, ma ha segnato la fine della squadra. Per sostenere CR7 si sono dovute fare delle manovre complicate, al limite. S’è “ucciso” addirittura Dybala, se vogliamo, che ora tiene a galla la Roma. Forse aveva ragione Marotta. Poi, è chiaro. Con il senno di poi è più facile, lo capisco, ma guardandola a oggi l’operazione Ronaldo ha spinto a rischiare la finanza creativa».

A livello umano? Ha sentito alcuni degli ex dirigenti?

«Io penso che a Nedved e al gruppo dobbiamo sempre dir grazie. Hanno messo in piedi una squadra che ha vinto, che è entrata nella leggenda, nella storia. Con Pavel ho un legame profondo d’affetto, ma in generale questa vicenda mi sta un po’ disgustando. Il calcio di oggi, intendo. Io penso che dovremo ragionare in termini di rinascita. Sono abituato a vedere la Juve vincere molto, ma l’ho seguita anche in B. Staremo male, ma non sono preoccupato. C’è tuttavia una sensazione che ho, ultimamente...».

Prego.

«Questa storia ha un rischio in sé: e cioè che la Juventus possa cambiare proprietario. Al di là del fatto che John Elkann si sia premurato di dire “non la vendo”, beh, un gruppo che investe quasi un miliardo di euro per coprire delle toppe, potrebbe anche decidere che il calcio di oggi implichi spese e rischi troppo alti. Dopo una cosa del genere, non sarebbe da biasimare un grande azionista che perdesse la voglia di spender soldi...». 

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