Juve, testa altrove e orgoglio sparito: Allegri, così non si può

Così finisce male per la Juventus, perché se alle smanie punitive della giustizia sportiva si aggiunge l’autolesionismo agonistico, il rischio di una catastrofe sportiva si profila sul già tempestoso orizzonte bianconero. Sì, è vero, è indiscutibilmente complicato scendere in campo dopo una settimana di tempesta mediatica, senza sapere bene per cosa si sta giocando, se il risultato di quella partita verrà cancellato da una penalizzazione, se nessuno obiettivo sarà plausibile dopo i processi. Ma la triste verità è che quell’orrendo primo tempo, la Juventus quest’anno lo ha già giocato e senza uragani legali in corso; contro la Salernitana, contro la Sampdoria, contro il Benfica, contro il Maccabi Haifa, contro lo stesso Monza all’andata, nella prima delle due storiche e umilianti sconfitte contro una squadra al suo primo anno di Serie A. Ieri pomeriggio sarà stata anche colpa delle circostanze, certamente non agevoli, nelle quali la squadra deve trovare la sua concentrazione, ma lo scempio tecnico e tattico che si sono dovuti sorbire i trentanovemila tifosi, stretti a coorte nel momento di difficoltà, non è una novità, non è quello che merita il popolo della Juventus, non è qualcosa sulla quale sorvolare in fase di analisi della stagione sportiva della squadra.

Il meccanismo non funziona

Sono giorni concitati, la cronaca dei processi sportivi e dei loro devastanti risvolti allontana o accantona le riflessioni sulla squadra, sul lavoro dell’allenatore e sull’atteggiamento dei giocatori, ma nell’inevitabile programmazione del futuro sportivo certe umiliazioni subite devono pesare nel giudizio e nelle decisioni. Ieri le scelte dell’allenatore sono state discutibili: la formazione iniziale zoppicava e la tempistica delle sostituzioni con cui Allegri ha cercato di puntellarla hanno ottenuto il duplice e disastroso risultato di lasciare in panchina Pogba, atteso da tutti per il suo grande ritorno (e forse proprio quello di cui la Juventus e lo Stadium avevano bisogno nella ripresa), e di non avere cambi quando Milik si fa male a dieci minuti dalla fine. Certo, sarebbe stato di grande aiuto alla causa se Paredes avesse deciso di correre invece che camminare; se Di Maria si fosse sentito anche solo vagamente dentro la squadra e non un accessorio elegante buttato lì per caso; se De Sciglio non avesse dato ancora ragione ai suoi detrattori; se Kostic avesse giocato almeno al livello del peggior Lichtsteiner; se, se, se... l’elenco, volendo, è lungo quanto la formazione perché se ne salvano pochi. Il che è un indizio che qualcosa non funzioni nel meccanismo, al di là dell’impegno dei singoli non all’altezza dei sontuosi stipendi che percepiscono.

Cosa è successo in questa settimana?

Perché una settimana fa Allegri si era presentato a petto in fuori, rivendicando i 38 punti conquistati sul campo (più i due sottratti dal Var di Juve-Salernitana), e ieri ha sparigliato le carte con un «dobbiamo fare i punti per salvarci». Cosa è successo in questa settimana nella quale, tra l’altro, ha recuperato due dei suoi tre giocatori più forti? E cosa si devono aspettare da qui alla fine della stagione i tifosi della Juventus? Chi dovranno temere di più: Chiné e le sue inchieste o una squadra che periodicamente va allo sbando? Non è un momento facile per essere un tifoso della Juventus, ma nel marasma di queste settimane, il popolo bianconero sta dimostrando di essere l’unico degno di essere della Juventus e, per questo meriterebbe più rispetto, non soltanto dalla giustizia sportiva.

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