Pagina 3 | Juventus condannata ma i 15 punti restano senza perché: trionfa la disparità

TORINO - Aggettivi a effetto come «inquietante», la parola «gravità» ripetuta quaranta volte in trentasei pagine e il colpo di scena delle «fatture corrette a penna» non riescono a rispondere ai perché che pendono ancora dalla sentenza che ha tolto quindici punti alla Juventus per la vicenda delle plusvalenze fittizie.

  • 1. Perché proprio quindici punti? La Corte d’Appello Federale non lo spiega. Ci dice che devono essere di più di quanto richiesto dalla Procura, ma non spiega come arriva a quantificare proprio in quindici la penalizzazione. Sulla base di quale somma o calcolo si arriva lì? Non è proprio un dettaglio, visto che tabellari non esistono.
  • 2. Perché le altre squadre coinvolte nel procedimento non vengono punite in nessun modo? La plusvalenza si fa in due, se la Corte accerta che quelle della Juventus sono fittizie, lo devono essere anche per le controparti che ne traggono ugualmente vantaggio. Eppure non ricevono neppure un’ammenda. La Corte scrive che mancano «evidenze documentali in grado di offrire certezza della sussistenza della violazione effettivamente contestata». In sostanza non ci sono intercettazioni o altri documenti che invece ci sono per la Juventus, intercettata dalla Procura di Torino. Ma non bastano le evidenze della Juventus? Se di «operazione a specchio» si tratta, perché questo specchio non riflette? In un altro passaggio la Corte scrive che è il numero e la sistematicità a incastrare la Juventus, mentre per gli altri club coinvolti ci sono poche operazioni. Ma può avere una logica giuridica che la stessa violazione reiterata più volte costi una pena durissima e commessa solo una volta non comporti nulla, nemmeno un’ammenda?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

  • 3. Perché la Juventus viene punita duramente senza una specifica norma che regoli la questione delle plusvalenze? Sì, è chiaro, la Corte costruisce un impianto basandosi sull’ormai famigerato Articolo 4 facendo riferimenti ai generici principi di lealtà e probità sportiva (e su questo alcuni esperti eccepiscono come potete leggere in queste pagine), ma qui il problema è al di là del diritto è di buon senso. Da trent’anni le cosiddette plusvalenze fittizie sono una pratica assai diffusa (eufemismo) nel calcio italiano, oggetto di decine di inchieste giornalistiche e di qualche inchiesta della magistratura (ordinaria e sportiva), ma non sono mai state punite, nonostante per scovare alcune di queste non ci fosse bisogno di un’intercettazione o un foglietto (trasformato in libro nella narrazione dei magistrati). Se un giocatore di valore internazionale viene scambiato per una somma di denaro più i cartellini di altri giocatori che, valutati svariati milioni, finiscono poi fra i dilettanti e le serie minori di cosa stiamo parlando? Di una brillante operazione di mercato o di una plusvalenza fittizia? Ed è qui che si incaglia la rabbia dei tifosi della Juventus e la perplessità di molti altri: solo la Juventus ha fatto plusvalenze fittizie? Davvero dobbiamo credere a questa favola? Non brucia davanti agli occhi la clamorosa disparità di giudizio? Perché il problema non è tanto sottolineare quanto «sistemico» e quanto «doloso» e quanto «riprovevole» sia stato il comportamento dei dirigenti della Juventus, creando un climax criminoso che tanto esalta i giustizialisti, quanto spiegare al popolo che segue il calcio da anni perché una pratica tollerata diventi un peccato mortale, da perseguire con severità, inseguendolo con il retino dell’Articolo 4 che tutto acchiappa. Va bene, la Corte non doveva rendere conto degli ultimi trent’anni di calcio italiano, ma chi - come molti di noi - ne sono stati testimoni non possono trattenere le risate al pensiero che solo una squadra si è macchiata di questa violazione e altre decine l’hanno fatta franca. E, attenzione, la faranno franca, perché c’è scritto nella sentenza: provare una plusvalenza fittizia non si può (e infatti il giudice non riesce a quantificare con esattezza l’entità di quelle juventine), quindi se non siete intercettati e non dimenticate «inquietanti» appunti sula scrivania potete plusvalenzare serenamente, la giustizia sportiva non vi farà nulla.
  • 4. Perché la Corte non spiega in modo esplicito come la Juventus avrebbe alterato il risultato sportivo attraverso le plusvalenze e di quale competizione o campionato esattamente? E fino a che punto? Non è un’accusa leggera, forse è la più grave, ma resta lì senza essere specificata meglio.
  • © RIPRODUZIONE RISERVATA

    I possibili scenari futuri

    E ora cosa succederà? Se il Collegio di Garanzia del Coni non ribalta la sentenza, per la Juventus si mette male. Dalle motivazioni emerge chiaro il principio con cui la giustizia sportiva ha articolato il suo giudizio quindi viene da pensare che con la cosiddetta “manovra stipendi” picchi ancora più duro. In teoria potrebbe appioppare alla Juventus anche il doppio dei punti dati per le plusvalenze. Vogliono mandare la Juventus in Serie B? Magari no, ma con l’evidente disparità di giudizio, motivazioni magari ineccepibili in diritto (lo deciderà il Collegio di Garanzia del Coni), ma un po’ lacunose nel merito, come si fa a spazzare via da qualsiasi ragionamento, senza lasciare nemmeno un dubbio, che non ci sia una percentuale di politica in questo procedimento? Nel 2006 pagò una sola squadra e poi si scoprì che forse avrebbero potuto pagare anche altre. Quella ferita, il calcio italiano, se la porta ancora dietro, un’altra sarebbe esiziale per la credibilità del sistema.

     

    © RIPRODUZIONE RISERVATA

    I possibili scenari futuri

    E ora cosa succederà? Se il Collegio di Garanzia del Coni non ribalta la sentenza, per la Juventus si mette male. Dalle motivazioni emerge chiaro il principio con cui la giustizia sportiva ha articolato il suo giudizio quindi viene da pensare che con la cosiddetta “manovra stipendi” picchi ancora più duro. In teoria potrebbe appioppare alla Juventus anche il doppio dei punti dati per le plusvalenze. Vogliono mandare la Juventus in Serie B? Magari no, ma con l’evidente disparità di giudizio, motivazioni magari ineccepibili in diritto (lo deciderà il Collegio di Garanzia del Coni), ma un po’ lacunose nel merito, come si fa a spazzare via da qualsiasi ragionamento, senza lasciare nemmeno un dubbio, che non ci sia una percentuale di politica in questo procedimento? Nel 2006 pagò una sola squadra e poi si scoprì che forse avrebbero potuto pagare anche altre. Quella ferita, il calcio italiano, se la porta ancora dietro, un’altra sarebbe esiziale per la credibilità del sistema.

     

    © RIPRODUZIONE RISERVATA
    Loading...