Plusvalenze Juventus, tutte le domande senza risposta di una sentenza attaccabile

Gli esperti di diritto non hanno risparmiato critiche: dalla legge che (ancora) non c’è all’assenza di prove

TORINO - Si chiude oggi una settimana particolarmente... motivazionale. Lunedì scorso, infatti, la Corte federale d’Appello ha emesso il documento che spiega (o quantomeno dovrebbe spiegare) il perché dei 15 punti di penalizzazione inflitti alla Juventus e il perché dell’inasprimento delle sanzioni per i tesserati bianconeri (30 mesi di inibizione per Fabio Paratici, 24 per Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene, 16 per Federico Cherubini etc.). A seguire esperti di diritto, avvocati (sia che operano nell’ambito della giustizia sportiva sia nell’ambito del penale), ex membri della Procura federale, docenti universitari hanno commentato le motivazioni, per lo più esprimendo perplessità e dubbi in merito a determinati punti e questioni. A seguire, una summa di tutte le criticità emerse.

La legge che non c’è

Molti esperti di diritto non si capacitano del fatto che la Juventus sia stata condannata nell’ambito di una inchiesta sulle plusvalenze dal momento che una legge che vieta le plusvalenze, ancora, non c’è. Trattasi di aspetto paradossale e per certi versi inquietante, sostengono in molti, rilevando che uno dei cardine dell’ordinamento italiano è infatti il “principio di legalità” (articolo 25 della Costituzione e articoli 1 e 199 del codice penale) in virtù del quale nessuno può essere punito se un fatto non è considerato reato da un’apposita legge. Lo stesso Procuratore Federale e poi la Corte d’appello hanno loro stessi invocato che venisse fatta una legge in tal senso...

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Articolo 4 e articolo 31

Anche posto, comunque, di voler seguire il ragionamento di Procura e Corte - ammettendo cioè che la Juventus abbia commesso degli illeciti ricorrendo a plusvalenze artificiali e dunque “taroccato” i bilanci - si pone un’altra questione: una norma che sancisce questo tipo di illecito, nel codice di Giustizia Sportiva, c’è. E’ l’articolo 31 e per i club coinvolti prevede ammende, non punti di penalizzazione che sono invece previsti in caso di violazione dell’articolo 4, quello sulla lealtà sportiva. Ma c’è un altro principio fondante del diritto italiano in virtù del quale se c’è una norma specifica in relazione ad uno specifico illecito, a quella ci si deve attenere per definire sanzioni, e non si può invece ricorrere a una norma generale (come appunto è quella sulla lealtà sportiva).

Per i 15 punti?

Altro nodo rimasto tutt’altro che risolto dopo la pubblicazione delle motivazioni: come è stata calcolata la penalizzazione di 15 punti? Perché non 10 o 20 o 7,5? Non è dato sapere. La quantificazione continua ad essere un mistero.

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E le prove?

Altro tema nodale: prove vere e proprie del fatto che la Juventus sia ricorsa a plusvalenze fasulle non ne sono state trovate. Solo alcune intercettazioni che però possono essere interpretate in un modo piuttosto che in un altro a fronte peraltro di altre in cui invece i tesserati bianconeri dicono chiaramente che «se cercano il dolo, allora non troveranno nulla. In 14mila pagine di atti, la cosa più clamorosa trovata dagli inquirenti è ciò che è stato definito quale “il libro nero di Paratici” che in realtà è un foglio A4 con degli appunti di Cherubini. E anche in merito a quella che è stata definita una fattura corretta a penna (tra Juventus e Marsiglia, nell’ambito dell’affare Akè/Tongya) occorre fare alcune precisazioni: la fattura era stata riemessa, con l’indirizzo giusto e la dicitura richiesta dalla Juventus, quindi regolarmente registrata e non “corretta a penna”.

Il domandone

Infine, la domanda delle domande. Con chi le faceva, queste fantomatiche plusvalenze la Juventus, visto che è stata condannata solo lei?

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TORINO - Si chiude oggi una settimana particolarmente... motivazionale. Lunedì scorso, infatti, la Corte federale d’Appello ha emesso il documento che spiega (o quantomeno dovrebbe spiegare) il perché dei 15 punti di penalizzazione inflitti alla Juventus e il perché dell’inasprimento delle sanzioni per i tesserati bianconeri (30 mesi di inibizione per Fabio Paratici, 24 per Andrea Agnelli e Maurizio Arrivabene, 16 per Federico Cherubini etc.). A seguire esperti di diritto, avvocati (sia che operano nell’ambito della giustizia sportiva sia nell’ambito del penale), ex membri della Procura federale, docenti universitari hanno commentato le motivazioni, per lo più esprimendo perplessità e dubbi in merito a determinati punti e questioni. A seguire, una summa di tutte le criticità emerse.

La legge che non c’è

Molti esperti di diritto non si capacitano del fatto che la Juventus sia stata condannata nell’ambito di una inchiesta sulle plusvalenze dal momento che una legge che vieta le plusvalenze, ancora, non c’è. Trattasi di aspetto paradossale e per certi versi inquietante, sostengono in molti, rilevando che uno dei cardine dell’ordinamento italiano è infatti il “principio di legalità” (articolo 25 della Costituzione e articoli 1 e 199 del codice penale) in virtù del quale nessuno può essere punito se un fatto non è considerato reato da un’apposita legge. Lo stesso Procuratore Federale e poi la Corte d’appello hanno loro stessi invocato che venisse fatta una legge in tal senso...

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E le prove?