Juventus, retroscena Vlahovic: le tre mosse che lo hanno rigenerato

Decisiva la scelta di far slittare il rientro dell'attaccante serbo: la doppietta di Salerno è il culmine di un percorso studiato con tecnico e società

TORINO - I due gol e l’assist, pur preziosissimi, realizzati martedì sera contro la Salernitana finiscono persino per diventare un dettaglio. Non è (solo) da questi particolari, insomma, che si giudica un giocatore. Foss’anche un attaccante forte e di talento come Dusan Vlahovic. Essì perché quei due gol + assist sono da intendere come una conseguenza di qualcosa di ancor più grande e prezioso e fondamentale: un ritrovato stato di forma fisica e motivazionale. E ancora, meglio: il punto d’arrivo d’un percorso pianificato da tempo e portato avanti giorno dopo giorno che ha tirato in ballo un discreto tot di persone e fattori. Vlahovic in primis, ovviamente. Un percorso di fatto iniziato il 15 dicembre scorso, allorché il serbo è tornato (malconcio, più o meno com’era partito) dai Mondiali in Qatar disputati a spizzichi e bocconi con la sua Nazionale. Pure quell’esperienza è infatti stata condizionata da una serie di fastidi e acciacchi fisici per lo più riconducibili ad una infiammazione pubalgica che DV9 si portava appresso da mesi. Ebbene, in quel 15 dicembre, in casa Juventus, s’è iniziato a fare un certo tipo di riflessioni. Di concerto tra società, staff tecnico e staff atletico, è stato studiato un accurato piano ad hoc con tempistiche ben precise, ma non troppo serrate. Nonostante il giocatore smaniasse dalla voglia di mettersi di nuovo a disposizione della squadra, il direttore generale Federico Cherubini, il tecnico Massimiliano Allegri e i componenti dello staff atletico concordavano: non è importante quando può tornare “in campo” Dusan, focalizziamoci su quando Dusan può tornare “al top”.

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Un piano per Dusan

S’è dunque optato, innanzitutto, per un periodo di riposo. Riposo fisico e più ancora riposo psicologico. “Libera la mente, libera la mente...”. Era fondamentale che Vlahovic non fosse ostaggio di troppi pensieri e responsabilità, roba che si portava appresso sin da quando era sbarcato a Torino. Così come era fondamentale che Vlahovic facesse una volta per tutte riposare il corpo, visto che sino a quel momento era imbrigliato in un circolo vizioso per cui un acciacco ne porta un altro, una infiammazione pubalgica lillì per finire si riacutizza etc. etc. No, basta, stop. Pausa. A seguire, via con una vera e propria preparazione fisica, di quelle che abitualmente si fanno in estate. Vlahovic ha messo benzina nelle gambe e nei muscoli, facendo però attenzione a non insistere più del dovuto sulla massa. Ok la potenza, ma anche lo spunto e la brillantezza hanno la loro bella ragion d’essere. Così è stato. Vlahovic, manco a dirlo, s’è messo di buzzo buono a seguire le indicazioni. Stiamo parlando di una sorta di “Robocop” programmato per giocare a calcio, per allenarsi, per mettere in secondo piano (famiglia a parte, ovviamente) ciò che non è funzionale al diventare uno degli attaccanti più forti d’Europa. Lui lo dice chiaro e tondo: «La carriera di un calciatore dura 10-15 anni ai massimi livelli, dunque in quel breve periodo di tempo è bene concentrarsi sul calcio. Per divertirsi e distrarsi c’è tempo più avanti».

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Il lavoro di Vlahovic

Così è successo in queste settimane. Lavoro mirato da solo, lavoro in gruppo, esercitazioni tattiche. Parte del tempo è stato dedicato a migliorare sempre di più l’intesa con Angel Di Maria, onde perfezionare l’affinità. Pure con Kostic delle gran belle razioni di cross e conclusioni in porta non sono mancate. Più le competizioni su calci piazzati: le sfide con Di Maria, con Danilo, con lo stesso Allegri. Sino ad arrivare al test organizzato il 18 gennaio contro il Fossano. Mmmmm. Fuochino. S’è scelto di aspettare ancora un po’: prudenza. Così s’è arrivati alla manciata di minuti nel finale di Juventus-Monza del 29 gennaio, rompendo un digiuno che in gare ufficiali durava addirittura dal 25 ottobre. A seguire i 63 minuti disputati in Juventus-Lazio: li ha giocati in modo non esattamente entusiasmante, per la verità, ma vien da sé che non si potesse pretendere chissà cosa. L’obiettivo, più che tutto, era quello di permettere all’attaccante di riassaporare l’atmosfera dello Stadium e di riprender confidenza con il ritmo partita. Martedì, contro la Salernitana, la svolta definitiva (si spera). La doppietta, l’assist ma soprattutto una serie di giocate difficili tentate (e riuscite) che hanno dimostrato che “Dusan è in fiducia”, come si suol dire. E in forma. E brillante al punto giusto. «Così bene non era mai stato, finora», s’è spinto a dire Allegri.

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TORINO - I due gol e l’assist, pur preziosissimi, realizzati martedì sera contro la Salernitana finiscono persino per diventare un dettaglio. Non è (solo) da questi particolari, insomma, che si giudica un giocatore. Foss’anche un attaccante forte e di talento come Dusan Vlahovic. Essì perché quei due gol + assist sono da intendere come una conseguenza di qualcosa di ancor più grande e prezioso e fondamentale: un ritrovato stato di forma fisica e motivazionale. E ancora, meglio: il punto d’arrivo d’un percorso pianificato da tempo e portato avanti giorno dopo giorno che ha tirato in ballo un discreto tot di persone e fattori. Vlahovic in primis, ovviamente. Un percorso di fatto iniziato il 15 dicembre scorso, allorché il serbo è tornato (malconcio, più o meno com’era partito) dai Mondiali in Qatar disputati a spizzichi e bocconi con la sua Nazionale. Pure quell’esperienza è infatti stata condizionata da una serie di fastidi e acciacchi fisici per lo più riconducibili ad una infiammazione pubalgica che DV9 si portava appresso da mesi. Ebbene, in quel 15 dicembre, in casa Juventus, s’è iniziato a fare un certo tipo di riflessioni. Di concerto tra società, staff tecnico e staff atletico, è stato studiato un accurato piano ad hoc con tempistiche ben precise, ma non troppo serrate. Nonostante il giocatore smaniasse dalla voglia di mettersi di nuovo a disposizione della squadra, il direttore generale Federico Cherubini, il tecnico Massimiliano Allegri e i componenti dello staff atletico concordavano: non è importante quando può tornare “in campo” Dusan, focalizziamoci su quando Dusan può tornare “al top”.

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