Malumore Juve, qualcosa si è rotto: i giocatori sempre meno Allegri

Una parte dei giocatori non è contenta della gestione tecnica e con qualcuno il rapporto si sta logorando

TORINO - Quando, il mattino dopo, si cammina sui cocci dell’ultimo sogno infranto è ottima norma alzare ancora di più il livello dell’analisi e della freddezza per non lasciarsi coinvolgere dall’emotività, per evitare di rimanere condizionati da mille spifferi e da altrettante verità sempre, ovviamente, assolute e incontestabili. Umoralità ai massimi livelli e una sola tesi: dentro il “gruppo Juve” lo scollamento è totale e oramai anche i giocatori hanno “scaricato” Massimiliano Allegri. Ovviamente la situazione è ben più sfumata rispetto a questa tesi draconiana anche se, certo, gli scricchiolii si avvertono e qualche malumore filtra. Tutto, ovviamente, amplificato dalle dichiarazioni a caldo («Se io sono stato il migliore, allora vuol dire che non abbiamo giocato bene» Szczesny subito dopo l’eliminazione a Siviglia) oppure perfino pre partita («Servirebbe il pressing alto, se il mister ci lascia» Cuadrado che si volta, sorridendo, verso il tecnico: chissà se una battuta o una frecciata).

Un film già visto

O, ancora di più, dai gesti di stizza come quello di Di Maria dopo la sostituzione al Sánchez-Pizjuán. Ecco: ma è lo stesso Di Maria di cui ci si ricorda solo di una tripletta contro il Nantes, club che sta rischiando la retrocessione in Ligue 1 e che in quella gara era addirittura in 10. Poi il nulla. Anzi sì: gli errori. Insomma, l’argentino è l’emblema di coloro che non hanno garantito né la continuità di rendimento né i colpi da campione che avrebbero dovuto portare la squadra fuori dai guai nei momenti topici. Lui, ma anche Chiesa, Paredes, Vlahovic, per non parlare di Pogba. Ma ciò che ha colpito, nella delusione della notte andalusa, è il modo in cui la Juventus ha ceduto dal punto di vista caratteriale senza riuscire a difendere il preziosissimo vantaggio di Vlahovic, come se non avesse più le riserve morali per riuscirci. Un film già visto a San Siro nel ritorno della gara di Coppa Italia, quando la squadra si è opposta all’Inter con una mollezza straniante, come se non credesse più nel progetto tecnico proposto dall’allenatore né, non dimentichiamolo, nell’opportunità di impegnarsi ancora in una stagione ormai compromessa da fattori esterni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Scollamento tra gruppo e Allegri

È soprattutto da questi atteggiamenti che prendono sostanza e si ingrossano le voci di uno scollamento tra il gruppo e l’allenatore che, di suo, ha dovuto gestire una situazione complessa, praticamente da solo e con una inevitabile sovraesposizione, alternando carezze e durezze. Situazione che ha portato a fratture (non sono un mistero lo sfogo dopo l’Inter, la lite con Paredes, una certa “sopportazione” reciproca con Chiesa) e alla difficoltà di tenere compatto un ambiente che, sicuramente anche per l’assenza di leader, si è diviso in “gruppi etnici”, per usare una espressione politicamente di moda e in questo caso adeguata perché connota sottogruppi di nazionalità diverse dentro un gruppo, la squadra appunto. Emblematica, a proposito, l’immagine che ha regalato la passeggiata prepartita a Siviglia: i due argentini insieme, divisi dai brasiliani mentre gli italiani erano tra loro e Milik se ne stava con Szczesny…

La gestione dello spogliatoio

Adesso sembra davvero questo il vero problema con cui deve fare i conti Allegri per chiudere con dignità le tre partite che restano: la gestione del gruppo. Che discende anche, va detto, dalla proposta tecnica e atletica che ha determinato un avvio di stagione devastante soprattutto a livello europeo. E, ora, anche da una linea “alibista” che il tecnico userebbe (secondo molti giocatori) con troppa frequenza per auto assolversi: le occasioni sbagliate, la mancanza di esperienza peraltro difficile da accreditare a gente come Rabiot, Szczesny, Danilo, Chiesa e Locatelli campioni d’Europa in carica, Di Maria e Paredes e lo stesso Kean autore già di gol in Champions. Gli equivoci, insomma, si accumulano e la domanda è sempre la stessa: per spazzarli via è meglio cambiarne uno o cambiarne tanti?

© RIPRODUZIONE RISERVATA

TORINO - Quando, il mattino dopo, si cammina sui cocci dell’ultimo sogno infranto è ottima norma alzare ancora di più il livello dell’analisi e della freddezza per non lasciarsi coinvolgere dall’emotività, per evitare di rimanere condizionati da mille spifferi e da altrettante verità sempre, ovviamente, assolute e incontestabili. Umoralità ai massimi livelli e una sola tesi: dentro il “gruppo Juve” lo scollamento è totale e oramai anche i giocatori hanno “scaricato” Massimiliano Allegri. Ovviamente la situazione è ben più sfumata rispetto a questa tesi draconiana anche se, certo, gli scricchiolii si avvertono e qualche malumore filtra. Tutto, ovviamente, amplificato dalle dichiarazioni a caldo («Se io sono stato il migliore, allora vuol dire che non abbiamo giocato bene» Szczesny subito dopo l’eliminazione a Siviglia) oppure perfino pre partita («Servirebbe il pressing alto, se il mister ci lascia» Cuadrado che si volta, sorridendo, verso il tecnico: chissà se una battuta o una frecciata).

Un film già visto

O, ancora di più, dai gesti di stizza come quello di Di Maria dopo la sostituzione al Sánchez-Pizjuán. Ecco: ma è lo stesso Di Maria di cui ci si ricorda solo di una tripletta contro il Nantes, club che sta rischiando la retrocessione in Ligue 1 e che in quella gara era addirittura in 10. Poi il nulla. Anzi sì: gli errori. Insomma, l’argentino è l’emblema di coloro che non hanno garantito né la continuità di rendimento né i colpi da campione che avrebbero dovuto portare la squadra fuori dai guai nei momenti topici. Lui, ma anche Chiesa, Paredes, Vlahovic, per non parlare di Pogba. Ma ciò che ha colpito, nella delusione della notte andalusa, è il modo in cui la Juventus ha ceduto dal punto di vista caratteriale senza riuscire a difendere il preziosissimo vantaggio di Vlahovic, come se non avesse più le riserve morali per riuscirci. Un film già visto a San Siro nel ritorno della gara di Coppa Italia, quando la squadra si è opposta all’Inter con una mollezza straniante, come se non credesse più nel progetto tecnico proposto dall’allenatore né, non dimentichiamolo, nell’opportunità di impegnarsi ancora in una stagione ormai compromessa da fattori esterni.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
Malumore Juve, qualcosa si è rotto: i giocatori sempre meno Allegri
2
Scollamento tra gruppo e Allegri