TORINO - Apperò: trentadue presenze e nemmeno un gol. Timothy Weah ha impiegato decisamente poco a recapitare una pernacchia a chi gli contestava la media realizzativa nell’ultima stagione al Lille, lui che attaccante - sulle orme di papà George - era pure nato. D’accordo: il tap-in vincente per il momentaneo doppio vantaggio sul Real Madrid è arrivato in occasione di un’amichevole di mezza estate, seppur di lustro.
Un’occasione per lucidare il brand Juventus sotto gli occhi della vasta platea americana, missione compiuta (anche) grazie agli alfieri a stelle e strisce di Allegri: assist di McKennie e gol di “Timmo”, nell’occasione. Più di così… Ma l’esterno classe 2000, al di là della capriola tra i marcatori della scorsa nottata italiana, nella tournée “casalinga” ha dimostrato soprattutto di essersi già preso - non soltanto in campo - la Juventus.
Weah, il volto nuovo della Juventus
Unico volto nuovo finora nel pur abbondante organico bianconero, Weah nei primi giorni di lavoro si è calato subito con disinvoltura in un contesto per lui inedito. Allegri l’aveva studiato attraverso i video e di persona, tra Continassa e United States, ha avuto conferma delle tracimanti qualità atletiche, esaltate dal ruolo di esterno a tutta fascia. Qualche lettura difensiva ha ancora bisogno di essere affinata, certo, ma - quando apre il gas - il figlio di New York City sgasa che è un piacere. "Quando corre, in realtà, sembra che voli", l’ammirato stupore di Locatelli al momento di raccontare davanti ai microfoni il suo neo compagno di spogliatoio. "Ed era anche un po’ stanco...", ha sussurrato sornione Allegri dopo il tris alle Merengues, partita in cui ha preferito limitare l’utilizzo dell’americano ai primi 45’. Al suo posto è poi entrato Cambiaso, esterno sinistro naturale, mentre nel precedente test con il Milan a subentrargli era stato Soulé, rifinitore più che pedalatore di corsia: se Weah inizia decisamente a somigliare a una certezza sulla fascia destra, il suo vice per la stagione ventura è ancora tutto da scoprire.