Il cronometro segna 93 e 07: la Juventus ha appena preso il gol dell’1.-1 a Monza. Una botta che avrebbe steso un cavallo, ma non Cavallo Pazzo. Adrien Rabiot non si arrende e sa che quella può essere l’ultima occasione per riprendersi quello che è della Juve: la vittoria. Il francese ha la palla tra i piedi, è marcato senza troppa convinzione da Gagliardini, vede sulla destra McKennie. Chiede il triangolo al texano, che esegue: liberatosi del pallone, il centrocampista scatta e brucia Gagliardini che lo perde, nel frattempo McKennie serve il compagno in profondità. Nel cambio di marcatura, è Dany Mota a trovarsi di fronte l’ex Psg: Adrien se lo beve nell’uno contro uno, poi anticipa il rientro di Gagliardini pescando Gatti solo soletto in area. Una lucidità pazzesca, che ti aspetti da chi è entrato da poco, non da chi ha corso avanti e indietro per i precedenti 93 minuti. La Juventus vince e tutti vanno ad abbracciare Gatti, ma quel gol ha la firma in calce di Rabiot, che già aveva timbrato con la rete dell’1-0 al Brianteo.
Rabiot juventino vero
Cavallo Pazzo era stato preso apposta per serate così, perché già nel 2019, quando aveva lasciato Parigi a parametro zero, era arrivato a Torino con un bagaglio pesante. E l’avventura non è stata tutta rose e fiori: come in certi amori, la passione con la Juventus e i suoi tifosi non è scattata subito. Niente colpo di fulmine, ma forse proprio per quello ora il rapporto è più profondo: ci è voluto tempo, ma si sono capiti, apprezzati vicendevolmente. E adesso Rabiot è uno juventino vero. O un gobbo per sempre, a prescindere da quelle che saranno le strade del futuro, ché le vie del calcio sono infinite e spesso sorprendenti. Non stupirebbe nemmeno vedere Adrien a Torino ancora per molto, perché a Torino e nella Juventus sta molto bene. E perché della Juventus è diventato non solo capitano, ma anche scudo, in campo e fuori.