TORINO - La qualificazione in Champions League arriva in regalo, immeritato epilogo di una domenica sconfortante per la Juventus e il suo popolo, protagonisti di un altro capitolo di quel romanzo horror che è diventato il girone di ritorno. L’unica buona notizia, per loro, è che lo strazio sta per finire: tre partite, di cui una finale, e si chiuderà questa spaventosa stagione e il secondo mandato di Massimiliano Allegri. Dopo, sarà tempo di una difficilissima ricostruzione della squadra, senza avere la certezza di vederla subito risorgere, visto il disastro tecnico da cui deve risollevarsi.
E, attenzione, non potrà bastare solo il cambio di allenatore per risolvere tutti i problemi che riguardano la rosa e anche la dirigenza. Ma partire dalla panchina non è né sbagliato né ingiusto, alla luce di quanto accade in modo evidente da quattro mesi a questa parte. Allegri sta battendo i record negativi del girone di ritorno, ha racimolato quindici punti in quindici partite (media da lotta salvezza), e quello di ieri lo ha agguantato nel finale, contro l’ultima in classifica, già retrocessa, senza riuscire a fare più di un gol a una squadra che ha incassato 76 gol in 36 partite, cioè mediamente sempre più di due.
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