Horror Juve, Allegri fuori controllo: tutte le domande senza risposta

La squadra bianconera deve ripartire da molta più disciplina: la ricostruzione sarà difficile

TORINO - La qualificazione in Champions League arriva in regalo, immeritato epilogo di una domenica sconfortante per la Juventus e il suo popolo, protagonisti di un altro capitolo di quel romanzo horror che è diventato il girone di ritorno. L’unica buona notizia, per loro, è che lo strazio sta per finire: tre partite, di cui una finale, e si chiuderà questa spaventosa stagione e il secondo mandato di Massimiliano Allegri. Dopo, sarà tempo di una difficilissima ricostruzione della squadra, senza avere la certezza di vederla subito risorgere, visto il disastro tecnico da cui deve risollevarsi.

E, attenzione, non potrà bastare solo il cambio di allenatore per risolvere tutti i problemi che riguardano la rosa e anche la dirigenza. Ma partire dalla panchina non è né sbagliato né ingiusto, alla luce di quanto accade in modo evidente da quattro mesi a questa parte. Allegri sta battendo i record negativi del girone di ritorno, ha racimolato quindici punti in quindici partite (media da lotta salvezza), e quello di ieri lo ha agguantato nel finale, contro l’ultima in classifica, già retrocessa, senza riuscire a fare più di un gol a una squadra che ha incassato 76 gol in 36 partite, cioè mediamente sempre più di due.

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Allegri ha perso il controllo

L’approccio, terrificante, alla partita contro la Salernitana è il sintomo che Allegri ha perso il controllo dei suoi uomini, non perché gli “giochino contro”, ma perché dopo la sconfitta contro l’Inter di febbraio, i giocatori della Juventus hanno perso la rotta e Allegri non è riuscito più a governare il timone, lasciando andare alla deriva una ciurma che, di per sé, aveva e ha molti limiti, non imputabili all’allenatore.

Ma come è stata preparata la partita contro la Salernitana? Che lavoro è stato svolto alla Continassa nel corso della settimana? Cosa ha spiegato Allegri alla squadra? L’incredulità nel vedere la Juventus soffrire contro la Salernitana (ultima con 16 punti in 36 giornate) genera queste domande (che resteranno senza risposta), ma soprattutto fa prendere corpo l’ipotesi di una catastrofe agonistica nella finale di mercoledì contro l’Atalanta, che è la squadra più in forma del campionato. Certo, le motivazioni dei bianconeri saranno diverse rispetto a ieri e potrebbero anche accendere quegli interruttori che, più che spenti, sembravano proprio fulminati, tuttavia resta la differenza abissale fra la forma fisica e mentale di Juventus e Atalanta.

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Mancano rigore e disciplina

L’unica speranza, per i bianconeri, è il fatto che le finali fanno storia a sé, scompaginatrici di ogni logica calcistica. Non è, però, l’eventuale trofeo di mercoledì, che serve ai vertici juventini per prendere delle decisioni o impostare l’opera di ristrutturazione. E se un successo darebbe una prospettiva meno funesta alla stagione, rischiarando l’umore dell’ambiente, non semplificherebbe di una virgola il compito di chi dovrà rifare la Juventus, cioè Cristiano Giuntoli e il prossimo allenatore, sia questi Thiago Motta o un altro. Andranno, infatti, aiutati e sorretti dal resto della dirigenza, soprattutto nell’opera di rafforzamento della disciplina interna, che è andata sfilacciandosi nel corso degli ultimi sei mesi, accelerando un processo in realtà partito da tempo. Certe disfatte morali del girone di ritorno sono anche figlie di una mancanza di quel rigore, mai mancato nelle “vere” Juventus. Ma non è più il momento di distribuire le colpe e le responsabilità dei tanti problemi che ha la Juventus, è l’ora di iniziare a lavorare alle soluzioni.

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TORINO - La qualificazione in Champions League arriva in regalo, immeritato epilogo di una domenica sconfortante per la Juventus e il suo popolo, protagonisti di un altro capitolo di quel romanzo horror che è diventato il girone di ritorno. L’unica buona notizia, per loro, è che lo strazio sta per finire: tre partite, di cui una finale, e si chiuderà questa spaventosa stagione e il secondo mandato di Massimiliano Allegri. Dopo, sarà tempo di una difficilissima ricostruzione della squadra, senza avere la certezza di vederla subito risorgere, visto il disastro tecnico da cui deve risollevarsi.

E, attenzione, non potrà bastare solo il cambio di allenatore per risolvere tutti i problemi che riguardano la rosa e anche la dirigenza. Ma partire dalla panchina non è né sbagliato né ingiusto, alla luce di quanto accade in modo evidente da quattro mesi a questa parte. Allegri sta battendo i record negativi del girone di ritorno, ha racimolato quindici punti in quindici partite (media da lotta salvezza), e quello di ieri lo ha agguantato nel finale, contro l’ultima in classifica, già retrocessa, senza riuscire a fare più di un gol a una squadra che ha incassato 76 gol in 36 partite, cioè mediamente sempre più di due.

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