Allegri, la notte di rabbia non rovini la festa: la Juve conta di più

La triste fine dell’epopea del tecnico bianconero: dai trionfi al triennio in cui si sono accumulati frustrazione e rancore

TORINO - C’è un’altra coppa che farà il suo trionfale ingresso nella nuova sala trofei dello Juventus Museum. E su questo volevano e vorrebbero concentrarsi milioni di tifosi della Juventus, che da tre anni non assaporavano la gioia dei coriandoli sparati in aria a centrocampo. Se lo meritano più di tutti, perché non sono stati tre anni facili per chi ama i colori bianconeri. E l’ultimo è stato, forse, il più difficile di tutti per molte ragioni, che vanno dalle prestazioni sul campo a un generale sbiadimento identitario del club, sballottato dai problemi giudiziari a quelli dei conti da far quadrare. La notte di rabbia e follie di Massimiliano Allegri, che mi ha anche riguardato in prima persona, ha spostato l’asse sul quale dovrebbe ruotare il mondo bianconero: la Juventus, intesa come club o come maglia, se volete essere poetici. È la storia a insegnarlo: non esistono uomini più importanti della Juventus, che ha avuto molti eroi e alcuni giganti, ma la grandezza del club è sempre stata superiore e lo sanno bene soprattutto quelli che hanno peccato di quella presunzione, pagandone in qualche modo le conseguenze.

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Insomma, oggi dovrebbe essere una giornata di gioia e celebrazione, invece tocca fare cronaca. Per carità la gloria rimane e non verrà inquinata da fatti che dureranno un giorno o due (mentre la Coppa resta in eterno), ma i tifosi bianconeri non meritavano un divorzio così livoroso fra Massimiliano Allegri e la Juventus. Che fosse arrivato il momento di lasciarsi, d’altronde, lo avevano capito tutti, Allegri compreso, da diversi mesi, ci sarebbe stato tempo, insomma, per apparecchiare meglio la separazione, soprattutto con una Coppa da mettere sul tavolo. È andata diversamente e i tifosi bianconeri hanno trascorso il giorno della goduria a cercare notizie sul possibile esonero immediato di Allegri, sulle frasi di fuoco pronunciate contro Giuntoli, sui danni provocati a materiali audiovideo all’interno dell’Olimpico e, anche al diverbio che mi ha coinvolto nella notte di mercoledì, nel corridoio della sala stampa dell’Olimpico. Non volevo parlarne più, ieri ho raccontato i fatti sul sito di Tuttosport, perché erano pubblici e volevo evitare distorsioni. Purtroppo, l’avvocato di Allegri, Paolo Rodella ha rilasciato una dichiarazione diffamatoria nei miei confronti, affermando che la mia ricostruzione era "completamente falsa" e questo è ancora più grave dei fatti di mercoledì notte che, per me, erano già il passato e frutto di una evidente alterazione dell’allenatore juventino.

A fronte di un’accusa così grave, mi tocca ribadire che la scena si è svolta sotto gli occhi di parecchi testimoni, fra cui il dirigente responsabile Broadcast della Lega Serie A, Manuele Tigani, che più di ogni altro si è prodigato per fermare Allegri; Gabriella Ravizzotti dell’Ufficio Stampa Juventus; almeno due steward dell’Olimpico; un rappresentate delle forze dell’Ordine e tre giornalisti. Ribadisco, quindi, che non si è trattato di un alterco reciproco, ma di un monologo di Massimiliano Allegri che mi ha chiamato mentre ero a circa venti metri di distanza da lui, facendo una telefonata privata e senza dedicargli alcuna attenzione. Si è, quindi, rivolto a me con la frase: "Metti giù il telefono, direttore di merda". Ha proseguito con tutte le frasi riportate nella mia ricostruzione, compresa la minaccia di venirmi "a prendere" e di "staccarmi le orecchie". Mi ha preso con forza il polso destro, strattonandolo più volte mentre parlava, lui sì, a voce molto alta. Io non l’ho mai insultato e non ho mai alzato la voce, come potranno confermare i testimoni. Ho semplicemente detto con tono di voce normalissimo: "Stai calmo Max" e per due volte: "Stai attento, che quello che dici è grave". Mi auguro di non dover più tornare sull’accaduto.

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Detto ciò, il comportamento di Allegri nel corso di tutta la serata testimonia una quantità enorme di stress e rancore accumulati durante la stagione. Potrebbe anche non avere tutti i torti, visto quello che ha passato negli ultimi due anni. Per esempio, le recriminazioni nei confronti degli arbitri, se espresse in modi completamente diversi hanno delle basi solide per essere portate avanti. I tifosi hanno, infatti, gradito la sua esplosione di rabbia contro il mondo arbitrale, perché quella rabbia era la loro, ma l’allenatore non è un tifoso e deve comportarsi da allenatore. Così non è detto che possa rivendicare qualcosa nel suo controverso rapporto con la nuova società, ma i panni sporchi non si lavano in pubblico, soprattutto alla Juventus. Altrimenti si rischia di rovinare un momento di gioia in un periodo che ne è molto avaro per il popolo bianconero. Allegri è entrato nella storia della Juventus con meriti immensi (alcuni anche negli ultimi tre anni) e ci rimarrà sempre, come la Coppa conquistata mercoledì. Da quella storia ne esce male, anzi malissimo, ma per sua fortuna non la cancella.

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