La corsa di Montero, la linguaccia di Yildiz, le parole di Locatelli: è la Juventus!

A Bologna una serata che spiega sul campo il motto "fino alla fine": oltre il 3-3. E i tifosi bianconeri tornano a entusiasmarsi

TORINO - Quella corsa sfrenata, liberatoria e fanciullesca di Paolo Montero. Quelle parole molto “gobbe” di Manuel Locatelli al culmine di una serata non banale a Bologna, dopo giorni di bagarre bianconera. Quella linguaccia del fenomeno turco Kenan Yildiz che riprende un match stregato facendo piombare i tifosi indietro nel tempo quando c'era un certo Alessandro Del Piero numero dieci. Tre immagini che certificano il senso di appartenenza ed esplicano, in maniera visiva, il significato del motto “fino alla fine”. Juventus dentro, nel dna, nel midollo, nella testa, nel cuore, nel futuro.

Pigna, che soddisfazione

Zero retorica, sono i fatti. Perché guardi il tecnico uruguaiano e vedi la passione in persona. Aveva solo da perderci, a guidare la squadra del dopo Massimiliano Allegri nelle ultime due giornate. Ha accettato l’incarico con entusiasmo, ben sapendo che la sua missione è tra i giovani («Torno a Vinovo al termine del campionato», ha subito chiarito). Ha parlato da “normal one”: «Secondo me il pareggio è giusto, dopo una vittoria importante come quella in Coppa Italia mentalmente un po' si cala e trovarti in questa situazione contro una squadra così in forma come il Bologna poi ti fa faticare. Si è visto, per me l'analisi è molto semplice. Poi è uscito l'orgoglio dei ragazzi che hanno dimostrato l'attaccamento a questa maglia. Per me è una situazione speciale, non so come descriverla. Mi hanno dato una gioia molto importante; sono qui da due giorni e mi hanno trattato con molta umiltà pur non conoscendomi. Per trovare certe vittorie servono grandi uomini e loro per me lo sono. Ho trovato una squadra con un buono spirito: il riflesso è stata l'ultima mezzora. Ho visto bene la squadra e sinceramente prima quando giocavo ero dentro certe dinamiche, ma ora non me la sento di giudicare. Ho fatto i complimenti a Thiago Motta; abbiamo vissuto 45 giorni insieme a Coverciano, andavamo a cena e parlavamo tanto. Gli ho fatto i complimenti per come gioca la sua squadra, è un grande uomo e si merita questo».

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Yildiz, Del Piero, Montero e la Juventus

Montero che ha lanciato Kenan, Montero che lo scopre giocatore del destino: «L'ho trovato più uomo e più maturo rispetto ai tempi della Primavera ed è normale che continuerà a crescere per arrivare ad alto livello. L'unico modo per migliorarsi è il lavoro». E quell'esultare di Yildiz alla Del Piero ha fatto sobbalzare gli appassionati bianconeri: tutti in piedi per quella linguaccia che sa tanto di "Alex un capitano, c'è solo un capitano". Un gesto, una maglia a strisce, un sentimento forte condito da fantasia e immaginazione: il calcio che si ama, tutto inventiva e improvvisazione. Un intercetto e via a tirare in porta. Gol, pareggio, Juve dall'inferno alla gioia, perché un 3-3 raccolto così comunque ha un significato profondo. Sa di voglia infinita di riscatto, di riemergere, di riaffermarsi.

Locatelli fa la Juve per bene

E, per concludere, le parole del più "gobbo" di tutti: Locatelli. Lui che da bimbo aveva la maglia della Juve. Lui che quando era al Sassuolo ha insistito per venire a Torino, a capo di una contrattazione che sembrava interminabile e snervante. Il viaggio e l'approdo. Juve solo Juve. Nel bene e nel male. Gli ultimi mesi pesanti, le liti, il cambio dell'allenatore: roba da sbiellare. «Ogni giorno su di noi ci sono miliardi di voci. Dobbiamo stare tranquilli, avere equilibrio tra di noi e parlare con la società. La Juve o la ami o la odi, gli altri la odiano e chi la ama siamo solo noi juventini». #finoallafine

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TORINO - Quella corsa sfrenata, liberatoria e fanciullesca di Paolo Montero. Quelle parole molto “gobbe” di Manuel Locatelli al culmine di una serata non banale a Bologna, dopo giorni di bagarre bianconera. Quella linguaccia del fenomeno turco Kenan Yildiz che riprende un match stregato facendo piombare i tifosi indietro nel tempo quando c'era un certo Alessandro Del Piero numero dieci. Tre immagini che certificano il senso di appartenenza ed esplicano, in maniera visiva, il significato del motto “fino alla fine”. Juventus dentro, nel dna, nel midollo, nella testa, nel cuore, nel futuro.

Pigna, che soddisfazione

Zero retorica, sono i fatti. Perché guardi il tecnico uruguaiano e vedi la passione in persona. Aveva solo da perderci, a guidare la squadra del dopo Massimiliano Allegri nelle ultime due giornate. Ha accettato l’incarico con entusiasmo, ben sapendo che la sua missione è tra i giovani («Torno a Vinovo al termine del campionato», ha subito chiarito). Ha parlato da “normal one”: «Secondo me il pareggio è giusto, dopo una vittoria importante come quella in Coppa Italia mentalmente un po' si cala e trovarti in questa situazione contro una squadra così in forma come il Bologna poi ti fa faticare. Si è visto, per me l'analisi è molto semplice. Poi è uscito l'orgoglio dei ragazzi che hanno dimostrato l'attaccamento a questa maglia. Per me è una situazione speciale, non so come descriverla. Mi hanno dato una gioia molto importante; sono qui da due giorni e mi hanno trattato con molta umiltà pur non conoscendomi. Per trovare certe vittorie servono grandi uomini e loro per me lo sono. Ho trovato una squadra con un buono spirito: il riflesso è stata l'ultima mezzora. Ho visto bene la squadra e sinceramente prima quando giocavo ero dentro certe dinamiche, ma ora non me la sento di giudicare. Ho fatto i complimenti a Thiago Motta; abbiamo vissuto 45 giorni insieme a Coverciano, andavamo a cena e parlavamo tanto. Gli ho fatto i complimenti per come gioca la sua squadra, è un grande uomo e si merita questo».

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