McKennie gela la Juve dopo il no alla Premier: "Futuro? Ecco quando decido"

Il centrocampista texano, ormai fuori dall'affare Douglas Luiz: "Sono arrivato in bianconero che nessuno mi conosceva, guardatemi ora"

"Futuro? Deciderò dopo la Copa America" - così McKennie in un'intervista concessa a The Athletic. L'americano, ormai fuori dalla trattativa per arrivare a Douglas Luiz, non si è sbilanciato sulla prossima stagione e ha la testa solo sugli USA. Il centrocampista della Juve ha ripercorso anche i momenti difficili del passato, soprattutto i mesi in Premier League con il Leeds: "Mi chiamavano ciccione bast***o". Poi ha svelato anche qualche aneddoto sul suo ritorno in bianconero: "Non avevo neanche l'armadietto, una stanza e il parcheggio. Ho dovuto dimostrare tutto sul campo".

McKennie e il passaggio al Leeds

"Il mio periodo al Leeds è stato probabilmente uno dei punti più bassi, se non il più basso della mia carriera professionale", ha spiegato McKennie. Poi ha proseguito: "Ero alla Juventus, giocavo di settimana in settimana, e forse avevo sviluppato un po' di comodità o compiacimento. Poi in Premier, dove abbiamo cambiato quattro allenatori in cinque mesi, niente è andato secondo i piani o come me lo ero immaginato. Quando sono arrivato in Inghilterra, nella mia testa mi ripetevo: 'Ok, devo fare ottime prestazioni, numeri, aiutare la squadra a rimanere in alto e sperare che una delle prime cinque del campionato arrivi e veda quanto ho giocato bene e mi compri. Con tutto il rispetto per il Leeds e i suoi tifosi, amo il calcio della Champions League. Mi piace giocare ai massimi livelli. Sono andato lì più che altro per provare qualcosa di nuovo".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il problema con i tifosi e le frasi discriminatorie

Poi l'atmosfera tra i tifosi, la dirigenza e i giocatori del Leeds si è fatta pesante e il centrocampista si è trovato in mezzo al fuoco incrociato: "Mi piace pensare di essere una persona che ha la pelle dura. Quando si ricevono piccoli commenti qua e là, è abbastanza facile ignorarli. Ma quando apri il telefono e la prima cosa che vedi sui social è sempre qualcosa di negativo, è difficile non pensarci. Mi piace molto quando le persone riescono a relazionarsi con me e mi sento felice. Il calcio è un mondo che a volte non perdona. La gente ovviamente non sa cosa passano i giocatori e lo stress che mettono su loro stessi per ottenere risultati, perché non vogliamo fare brutte prestazioni e non vogliamo perdere le partite. È solo che a volte ci sono alti e bassi, quindi fa male. Dopo la retrocessione con il Leeds, probabilmente è stata la prima volta, a parte l'uscita dalla Coppa del Mondo, in cui ho pianto.

Odio perdere e mi sono sentito come se avessi deluso le aspettative che la gente aveva nei miei confronti. Ma quando hanno iniziato a dire "ciccione bastardo", "porco", "stronzo" e cose del genere, è stato un po' difficile. Non ci si rende conto dell'effetto che le parole hanno sulle persone. A me piace essere felice e rendere felici gli altri, far ridere. A chi mi sono rivolto per un sostegno? Per fortuna avevo il mio chef personale, Patrick Contorno, che viveva in Inghilterra con me, e anche il mio assistente Charles. Se sei giù di morale in Inghilterra, può essere complicato gestirlo perché c'è anche un tempo molto brutto. È piovoso e cupo e questo crea l'atmosfera per essere già di umore triste. Ho avuto questi ragazzi con me e mi hanno aiutato molto. Se fossi stato lì da solo, sarei sicuramente caduto in uno stato di depressione totale. Sono il più grande critico di me stesso".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Il ritorno alla Juventus, il castigo e la rinascita

McKennie ha poi parlato del suo ritorno alla Juventus, dopo il prestito al Leeds: "Quando devo dimostrare ancora una volta il mio valore ne traggo beneficio, perché questo mi rende ancora più onesto con me stesso in termini di impegno e concentrazione. Qualcosa scatta. È come una ricetta. Conosco gli ingredienti per realizzarla e poi... 'boom'. So che il sapore sarà buono. Dopo il rientro a Torino, sapevo che sarebbe stato impegnativo, non pensavo così tanto però: non avevo il mio armadietto, non avevo una stanza in albergo, non avevo un parcheggio. Mi sono cambiato negli spogliatoi con i ragazzi dell'Accademia, anche quando nello spogliatoio principale c'erano giocatori che non avevano mai giocato una partita con la Juventus perché erano sempre stati in prestito. E pensavo tra me e me: "Wow, sono stato via solo sei mesi. Torno e vengo trattato così. Non potevo nemmeno avere il mio numero di maglia (14), anche se nessun altro lo aveva preso. Mi sono detto: 'Ok, volete trattarmi così? Vi dimostrerò tutto sul campo'.

Non sono una persona problematica. Non mi piace creare problemi. Non mi piacciono le situazioni scomode. Non mi piacciono i drammi. Cerco solo di lasciare che il mio calcio, le mie azioni e la mia etica del lavoro mostrino tutto di me. Dopo la tournée estiva Allegri mi ha ripreso in considerazione. Mi ha messo in castigo... quello che mi riesce meglio e che sono più onesto quando abbasso la testa e lavoro. È in quelle circostanze che ho avuto i miei maggiori successi. Ho lasciato lo Schalke e sono andato alla Juventus e nessuno mi conosceva. Tutti dubitavano di me. 'È un club troppo grande, non giocherai mai' dicevano. Ma guardatemi ora. Ho più di 100 partite con i bianconeri. Mi sento bene quando sono con le spalle al muro e tutti dubitano di me. È così che sono diventato il giocatore che sono".

© RIPRODUZIONE RISERVATA

La Copa America e il futuro

"Gli atleti non giocano per ottenere il secondo posto o il terzo. Vogliamo provare a vincere tutto. Sappiamo che è una sfida. Sappiamo che è difficile. C'è l'Argentina, campione del mondo in carica, nel torneo. Ma allo stesso tempo, conosciamo la nostra qualità. Conosciamo le nostre capacità. Diciamo sempre che forse non siamo il gruppo più talentuoso, ma l'unica cosa che possiamo essere è il tipo di squadra che gioca per tutti. È come una grande famiglia". McKennie ha poi svelato a The Athletic di essere in trattativa con il suo agente, riconoscendo che l'Aston Villa è stato uno dei club presi in considerazione (per poi tagliarsi fuori dalla trattativa per portare Douglas Luiz alla Juve), ma ha ribadito che il suo futuro sarà deciso solo dopo la Copa America.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

"Futuro? Deciderò dopo la Copa America" - così McKennie in un'intervista concessa a The Athletic. L'americano, ormai fuori dalla trattativa per arrivare a Douglas Luiz, non si è sbilanciato sulla prossima stagione e ha la testa solo sugli USA. Il centrocampista della Juve ha ripercorso anche i momenti difficili del passato, soprattutto i mesi in Premier League con il Leeds: "Mi chiamavano ciccione bast***o". Poi ha svelato anche qualche aneddoto sul suo ritorno in bianconero: "Non avevo neanche l'armadietto, una stanza e il parcheggio. Ho dovuto dimostrare tutto sul campo".

McKennie e il passaggio al Leeds

"Il mio periodo al Leeds è stato probabilmente uno dei punti più bassi, se non il più basso della mia carriera professionale", ha spiegato McKennie. Poi ha proseguito: "Ero alla Juventus, giocavo di settimana in settimana, e forse avevo sviluppato un po' di comodità o compiacimento. Poi in Premier, dove abbiamo cambiato quattro allenatori in cinque mesi, niente è andato secondo i piani o come me lo ero immaginato. Quando sono arrivato in Inghilterra, nella mia testa mi ripetevo: 'Ok, devo fare ottime prestazioni, numeri, aiutare la squadra a rimanere in alto e sperare che una delle prime cinque del campionato arrivi e veda quanto ho giocato bene e mi compri. Con tutto il rispetto per il Leeds e i suoi tifosi, amo il calcio della Champions League. Mi piace giocare ai massimi livelli. Sono andato lì più che altro per provare qualcosa di nuovo".

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...