La prima settimana bianconera di Thiago Motta è volata via su una nuvola di soave dolcezza. La narrazione è ovviamente, logicamente, inevitabilmente e giustamente improntata all’esaltazione di un corso che, prima ancora che nuovo, è rivoluzionario nei propositi già sedimentati e negli intenti da attuare. Archiviati gli avverbi, ciò che viene lasciato filtrare dal fortino Continassa racconta di un Thiago Motta che, a prescindere dalla totale dedizione alla causa (e ci mancherebbe, direte voi; appunto, risponderemmo noi), ha approcciato la nuova realtà con un atteggiamento di totale empatia nei confronti del mondo bianconero. Raccontano che abbia chiesto che gli mettessero a disposizione nome e foto di tutti i dipendenti bianconeri affinché possa rivolgersi loro chiamandoli per nome quando li incrocerà allo Juventus Center e garantiscono che già a Bologna fosse molto attento ai rapporti con i dipendenti, non solo con i giocatori.
Il rapporto con i tifosi
Quel che, rispetto agli anni rossoblù, è iniziato in maniera radicalmente differente è certo il rapporto iniziale con i tifosi: a Torino è uscito dal Training Center, a fianco di Cristiano Giuntoli, per rispondere agli applausi e ai cori di acclamazione da parte dei rappresentanti del tifo organizzato bianconero. A Bologna, invece, l’impatto fu decisamente teso, con gli ultras dentro lo spogliatoio di Casteldebole (il 7 ottobre del 2022, lui era diventato allenatore il 12 settembre e in avvio aveva messo in fila 3 sconfitte) e con Motta che si schierò a difesa della squadra sfiorando (spalleggiato, raccontano, da Medel) quasi il contatto fisico. Ecco, a Torino l’atmosfera è decisamente diversa e l’attesa del popolo bianconero è quasi messianica, al punto da spingere qualche sensibile cronista a (grottesche) iperboli narrative.