INVIATO A GOTEBORG - No. La Juventus non c’è ancora. Manco il fresco della Svezia dà la scossa per la vittoria, anzi, arriva un’altra sconfitta che chiude il cerchio delle amichevoli dopo il ko con il Norimberga in Germania e il pareggio con il Brest a Pescara. Sarà utile dare una bella accelerata in campo e non solo, anche perché lunedì arrivano i primi tre punti in palio, all’Allianz, con il Como. Nel moderno stadio Ullevi di Goteborg, i bianconeri prendono due schiaffi dall’Atletico Madrid che si presenta con un 5-3-2 ordinato fatto di palleggi veloci, massimo due tocchi, in cui l’utilizzo delle fasce risulterà l’arma migliore.
Una Juventus ancora troppo sperimentale dalla cintola in su anche perché i presunti titolari non sono stati ancora tesserati: da Koopmeiners a Gonzalez e Galeno, tanto per citarne tre. Thiago Motta lascia Danilo in panchina per mettere Cambiaso terzino destro, Cabal sull’altra fascia, e Gatti-Bremer centrali. Davanti alla linea difensiva il solito Thuram a regalare quantità e qualità, quindi Weah-Locatelli-Douglas Luiz-Yildiz e di punta Vlahovic.
Juve, le differenze tra Motta e Allegri
La Juve di Motta rispetto a quella di Allegri predilige maggiormente il possesso palla, è chiaramente più verticale nei passaggi, offre un baricentro più alto e aggredisce nettamente di più recuperando numerosi palloni. Il problema semmai è nel farli diventare pericolosi dalla trequarti in su dove Yildiz si accende a intermittenza, Weah risulta pericoloso solo se lanciato nello spazio mentre Vlahovic risulta ancora fuori fuoco in fase di tiro. E allora il mercato dovrà al più presto alzare il tasso tecnico di una squadra che con questa cilindrata non può immaginare tanti sorpassi, meno che meno in curva, ovvero nelle situazioni più difficili, contro avversari tosti in Serie A e in Champions. Del resto se il portiere Moldovan esegue la prima parata al 77’, peraltro facile, un motivo c’è.