"Ci piacerebbe costruire una casa per la Next Gen e per le Women"
E, oltretutto, il fairplay finanziario ragionando in termini percentuali, ovvero fissando al 70% il limite di spesa, non è in realtà un vero “fairplay”, cioè non pone un vero limite di spesa, come accade negli sport americani dove si ragiona in termini di cifra assoluta, non di percentuale.
«Credo che l’Uefa si ponga come obiettivo quello di forzare le squadre ad avere una sostenibilità economica non livellare la competitività economica. Io poi vedo un problema anche nel meccanismo di mercato, per cui se ti gira male un acquisto, rimani inchiodato, perché non hai nessun diritto sul tuo giocatore che ha sempre l’ultima parola».
Esiste ancora il progetto di costruire uno stadio per la Next Gen e le Women?
«Io penso di sì. È un progetto che prenderemo in analisi a breve se non già questa stagione, magari a partire dalla prossima. Sicuramente ci piacerebbe costruire una casa per la Next Gen e per le Women. Poi dove si farà, come si farà, non posso ancora dirlo. Però l’idea rimane nelle nostre volontà».
A proposito di Women: il progetto continua con lo stesso entusiasmo e convinzione di prima?
«Sì. Il calcio femminile ha un potenziale enorme ancora inespresso. Dobbiamo proseguire il percorso di crescita tecnica e aumentare le risorse commerciali, per esempio portando sponsor. In Spagna riempiono il Camp Nou, dobbiamo seguire quell’esempio».
State dando un’importanza enorme ai social: è quella la strada della comunicazione del club nel futuro?
«Non l’unica. È un progetto in cui crediamo molto e che ci sta dando enormi risultati. Tutto nasce da una riflessione: come continuare ad avere successo nel mondo social dopo la partenza di Ronaldo. Ma nello stesso tempo è un modo efficace per comunicare con le nuove generazioni, di vitale importanza per noi. Il “Creator Lab” per noi rappresenta un luogo in cui vengono creati dei contenuti che hanno diverse tipologie, lunghezze e formati, che vanno dalle serie tv ai post quotidiani».
Da uomo dei media (è anche amministratore delegato del gruppo Gedi) crede nella disintermediazione?
«La disintermediazione dell’informazione no! Assolutamente no. L’informazione è una cosa molto seria e va gestita con molta cura ed è proprio la funzione delle redazioni dei giornali, dei media in generale, quello di rappresentare la realtà così com’è, certificando le fonti e facendo dei commenti di retroscena che permettono alle persone sulla base della realtà di farsi un’idea, di avere un’opinione e, senza dubbio, questo non può essere garantito dal citizen journalism o dalle aziende che comunicano in modo diretto al pubblico. Noi con i nostri social vogliamo comunicare cos’è la Juve a un pubblico giovane e attirare la sua attenzione».
Cosa le chiedono i tifosi quando la incontrano per strada e cosa risponde loro?
«All’inizio per 6 mesi era sempre la stessa frase: “Mi raccomando: difendeteci e salvateci! Non fateci tornare in Serie B!” Erano preoccupatissimi di quel rischio. Poi, risolte le questioni giudiziarie, mi chiedono di tornare a vincere in fretta e di vedere un po’ di spettacolo in campo. Ecco, in particolare quelli che vengono allo stadio chiedono soprattutto un spettacolo migliore».
Vincere non è più l’unica cosa che conta?
«Calma, la vittoria resta importante e fondamentale per il tifoso juventino. Ma le nuove generazioni considerano anche altri fattori ed elementi. Nelle Olimpiadi appena concluse abbiamo apprezzato lo sforzo, la sofferenza, l’impegno. È qualcosa di nuovo che si affaccia nella cultura sportiva italiana che magari può diventare meno ossessionata dalla vittoria. Poi la Juventus è sempre la Juventus e la parola chiave deve restare “competitività”. Se vesti quella maglia devi ambire a vincere e dare tutto quello che hai per riuscirci. L’impegno viene sempre premiato dai tifosi juventini».