La parabola estiva di Weston McKennie è stata in linea con la sua storia alla Juventus: su e giù a velocità folle, come sulle montagne russe, sottosopra e senza punti di riferimenti. Va via Allegri, che lo aveva valorizzato nell’ultima stagione e finisce di nuovo ai margini, anche perché a giugno del rinnovo di contratto non solo non si vede l’ombra, ma c’è una distanza tra domanda e offerta che pare incolmabile. Finisce così al centro di una trattativa cruciale, finora quella più importante (e onerosa) del mercato di Giuntoli: è la contropartita di punta, con Iling Jr, dell’operazione che porterà Douglas Luiz. Lo è, ma solo per qualche giorno perché con il passare del tempo si capisce che Wes non dirà sì al trasferimento all’Aston Villa, rischiando così di far saltare l’affare e costringendo Giuntoli a ripiegare su Barrenechea, con la conseguente riparametrazione di costi e valutazioni.
McKennie-Juve, lo strappo che sembrava insanabile
A quel punto la rottura sembra inevitabile e, dal ritiro degli Stati Uniti per la Coppa America, i segnali di addio sono frequenti: il prolungamento delle vacanze, con conseguente esclusione dal ritiro in Germania, e il successivo rientro alla Continassa da separato in casa che si allena con gli esuberi sembrano il preludio alla separazione definitiva. Invece McKennie passa il mese di agosto a declinare offerte: no al ritorno negli Usa, che il centrocampista avrebbe vissuto come un fallimento professionale, e no all’Arabia o a soluzioni di più basso profilo tra Premier, Bundesliga e Serie A. Ma la posizione della Juventus non cambia. O forse no...